Attualità
1 Ottobre 2017
I problemi della Corea del Sud? Stagnazione, disoccupazione, senso di fallimento. E la riunificazione? "Costerebbe troppo"

I missili di Kim fanno più paura all’occidente che a Seoul

di Ruggero Veronese | 3 min

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Chi ha paura dei missili di Kim-Jong-Un? Strano a dirsi, ma non la Corea del Sud, protagonista al festival di Internazionale dove due sudocreani di origine (il sociologo Chang Kyung-Sup e lo scrittore Kim Young-ha) e una ‘di adozione’ (la corrispondente del Washington Post Anna Fifield) hanno parlato dei problemi e ansie del proprio paese.

Ansie non da poco, se consideriamo che la Corea del Sud ha il più alto tasso di suicidi tra le nazioni industrializzate e il minor tasso di natalità in Asia: dati che già danno un’idea dell’enorme sfiducia che le nuove generazioni nutrono verso il futuro.

Ma la colpa, dicevamo, non è dei loro bellicosi vicini, percepiti come un rischio a dir poco improbabile. “I sudcoreani che vivono adesso hanno sempre avuto a che fare con le loro minacce – spiega Young-ha -. Vi chiederete come facciano le persone a vivere con questo rischio così vicino, ma la verità è che è da 70 anni che lo fanno. È come la grande barriera di Game of Thrones: cosa c’è dall’altra parte, su al nord? Non c’è nulla. Finché non provano ad attraversarlo, no problem”.

Un modo di vivere che non è stato scalfito nemmeno dalla recente escalation nucleare lanciata da Kim Jong Un: secondo Fifield infatti i sudcoreani sanno bene che “il regime nordcoreano non vuole suicidarsi, e qualunque attacco sarebbe un attacco suicida”.

La percezione di Seoul è insomma quella di un grande bluff inscenato dal regime vicino per raggiungere il proprio vero scopo. Ma quale? Le spiegazione sarebbe, come sempre, economica: “La Corea del Nord ha un’economia molto povera e nessuna risorsa naturale – continua la giornalista -. Con la loro economia, avere un’arma atomica è l’unico modo per poter essere visti agli occhi del mondo come una potenza e trattati come tale”.

Una serie di motivi che rendono l’alleanza con l’America piuttosto problematica per la Corea del Sud: “Se andate a Seoul vedrete la vita andare avanti normalmente. Anche se nell’ultimo anno in effetti alcuni stanno sviluppando un po’ di paura verso quel presidente imprevedibile, con le armi nucleari e la capigliatura strana. Ovviamente mi sto riferendo a Donald Trump”.

Eppure la Corea del Sud non è certo il ritratto della serenità, come testimoniano i dati iniziali. E anche in questo caso il problema ha radici economiche: dopo la fine di un irripetibile boom economico – che nel trentennio 1960-80 la portò da paese arretratissimo a grande potenza industriale -, dagli anni ’90 la Corea del Sud è in costante stagnazione economica.

La stessa cultura dell’impegno e del sacrificio che aveva reso la vecchia generazione padrona del proprio destino, oggi si ritorce contro i più giovani, frustrati dalla disoccupazione, dalle scarse retribuzioni, da una disciplina quasi marziale e da massacranti orari di studio e lavoro, i più alti tra le nazioni sviluppate. Le finanze pubbliche fanno fatica a sostenere il peso del welfare e delle pensioni per la popolazione più anziana del continente. Mentre il rancore e la disillusione verso lo stato e le istituzioni sono state rafforzate dai recenti casi di corruzione che hanno coinvolto l’ex presidentessa Park Guen-hye.

La Corea del Sud, insomma, deve risolvere i propri problemi con se stessa prima di potersi preoccupare dei suoi famigerati vicini di casa. Perchè, a dirla tutta, nell’unificazione delle due Coree ormai non ci sperano più neanche loro: “I sudcoreani guardano i loro vicini con quei buffi accenti e quelle buffe pettinature – afferma Kyung-Sup -, vedono i loro ingegneri che non sanno nemmeno usare un computer, e li giudicano dei completi estranei.

Neanche la vorrebbero la riunificazione: costerebbe troppo”. Alla fine della conferenza si vede qualche faccia spaesata uscire dal Teatro Nuovo: chi temeva potenti e misteriose minacce nucleari si è ritrovato a fare i conti con problemi decisamente più familiari: stagnazione economica, disoccupazione giovanile, sostenibilità delle pensioni e del welfare. “Quando tornerò a casa – è la battuta di Young-ha – racconterò che l’Italia è molto simile alla Corea del Sud”.

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