Attualità
13 Agosto 2016
I rappresentanti del Centro culturale islamico di via Traversagno incontrano la stampa

I capi della moschea: “Se vediamo fanatismo lo denunciamo”

di Ruggero Veronese | 4 min

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Da sinistra: Aissa Ali, Mohammed Barahmeh e Osama Morshid

Sajmir Hidri non ricopriva alcun ruolo all’interno della comunità islamica di via Traversagno e non ha mai fatto attività di proselitismo in pubblico, ma quello che faceva una volta uscito dalla moschea apparteneva alla sua vita privata e non è dato sapere. Questa, in estrema sintesi, la posizione dei rappresentanti ufficiali del centro (dove era solito recarsi a pregare il 34enne albanese espulso dall’Italia), che hanno incontrato la stampa per ribadire la propria estraneità e contrarietà a ogni possibile deriva estremista. “Mai sentito alcun discorso del genere nella nostra comunità – afferma il presidente del centro Osama Morshid -, nemmeno a livello di chiacchiera. Se ne venissimo a conoscenza diremmo a chi li fa di non venire più in questo centro e lo segnaleremmo alle autorità: è una nostra responsabilità verso questa comunità e verso la città”.

L’appuntamento con la stampa è poco dopo le 14, appena terminato il sermone del venerdì, quando i fedeli (sono circa 200 i frequentatori complessivi) hanno appena abbandonato la moschea. Nonostante il clamore della notizia, la comunità deve ancora affrontare collettivamente la questione: “sinceramente il tempo è stato poco per riuscire a capire quello che è successo. Abbiamo letto dai giornali e abbiamo le stesse informazioni che avete voi”. Morshid non si sbilancia in un giudizio personale su Hidri, descrivendolo come “una persona silenziosa”, “molto rispettosa del prossimo” e ancora relativamente sconosciuta nella comunità: “non ho avuto modo di notare cambiamenti nel suo modo di vivere la religione: per notare un cambiamento avrei dovuto conoscerlo da prima, ma frequentava il nostro centro solo da un paio di anni. Non possiamo negare che veniva qui regolarmente, ma lo faceva solo per pregare”.

Eppure dalle dichiarazioni del ministro Alfano – che ha addirittura indicato Hidri come presidente del centro -, il ruolo dell’albanese sembrava assai più rilevante: “non era né il rappresentante legale né l’imam – chiarisce Morshid -, ma solo un frequentatore che a volte faceva volontariato, come quando ci ha aiutato gratuitamente per alcuni lavori di ristrutturazione. Il nostro direttivo è composto da quattro persone: oltre a me anche Mohammed Barahmeh e Aissa Alì (con lui nelle foto, ndr) e Hassan Samid, che ora è in Marocco. Forse Hidri si sarebbe voluto candidare in futuro, ma adesso non ricopriva nessun ruolo”. Il direttivo in questione resta in carica per tre anni e dovrà essere rinnovato nel giro dei prossimi mesi.

unnamed (2)Insomma: nessun amico, nessun ruolo e nessun discorso pubblico da parte di Hidri, secondo quanto sostengono i rappresentanti ufficiali del centro islamico. Ma non è escluso che i comportamenti sospetti che ne hanno determinato l’espulsione possano essere stati commessi fuori dal perimetro della moschea: “noi siamo responsabili di quello che succede in questo centro, ma fuori non entriamo nel merito della vita privata dei fedeli – afferma Morshid -. Una volta finita la preghiera del venerdì la comunità esce dalla moschea e ognuno torna al proprio lavoro”.

Ci si addentra in questo caso in un tema spinoso, dove il rispetto della privacy individuale si scontra con le pressioni sulle comunità islamiche europee affinché prevengano le possibili derive estremiste. L’asticella insomma si sta alzando e ad imam e figure di spicco delle comunità si chiede sempre più spesso non solo di condannare gli eclatanti episodi di violenza, ma anche di attivarsi in prima persona per prevenire la diffusione delle interpretazioni estremiste e per una ‘laicizzazione’ degli aspetti più tradizionali dell’Islam.

Sotto questo aspetto i responsabili della comunità di via Traversagno ci tengono a tenere distinti i ruoli: “noi ci occupiamo della nostra moschea ed è difficile venire a conoscenza di certi fatti, non abbiamo più informazioni rispetto ad altri. Se qualcuno simpatizza per le dottrine estremiste si prenderà le responsabilità di ciò che dice. Ma non possiamo metterci al posto della legge, solo segnalare quello che è successo alle autorità. Se siamo veri praticanti dobbiamo sempre rispettare le leggi”. E se un fedele intraprendesse autonomamente – come pare essere il caso in questione – un percorso di radicalizzazione sui siti web del Califfato? “Tutti sappiamo che il web è un mondo immenso – commenta Morshid -, si possono trovare cose utili e cose dannose e sta alla singola persona scegliere quale strada intraprendere. Noi consigliamo di stare alla larga da quei siti perché ci sono scene violente e di sangue ed è meglio cercare cose più utili. Ma oltre al consiglio non ci possiamo spingere”.

GUARDA IL VIDEO DELL’INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL CENTRO DI CULTURA ISLAMICA DI FERRARA

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