Cronaca
12 Agosto 2016
Per il ministero aveva relazioni con soggetti che avevano assunto posizioni vicine alla jihad e per questo già allontanati dall'Italia

Perché il ministero ha espulso Sajmir Hidri

di Daniele Oppo | 3 min

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Il ministro Angelino Alfano By Not Shown (EPP Group Study Days in Palermo) [CC BY 2.5 (http://creativecommons.org/licenses/by/2.5)], via Wikimedia Commons

Il ministro Angelino Alfano By Not Shown (EPP Group Study Days in Palermo) [CC BY 2.5 (http://creativecommons.org/licenses/by/2.5)], via Wikimedia Commons

Nella giornata di mercoledì il ministro dell’Interno Angelino Alfano ha annunciato pubblicamente l’espulsione di un cittadino albanese, residente a Vigarano Mainarda, per la sua sospetta vicinanza all’estremismo islamico. La decisione è stata presa a seguito di un corposo lavoro investigativo effettuato dalla Digos della Polizia di Stato di Ferrara, che nel corso del tempo ha raccolto molto materiale (che fonti di polizia definiscono “grave e probante”) che hanno poi portato al provvedimento di espulsione.

Alfano non ha fatto il nome – si è scoperto più avanti che si trattava di Sajmir Hidri, imprenditore edile di 34 anni – ma ha solo detto che era presidente del centro culturale islamico di Ferrara, affermazione che non trova per ora riscontri (anzi, secche smentite), anche se si sa che frequentava il centro di via Traversagno, il cui rappresentante legale è Osama Murshed, referente della comunità estense.

Hidri è stato portato in questura la notte dell’8 agosto scorso, dove gli è stato notificato l’ordine di espulsione dall’Italia in quanto ritenuto “persona pericolosa per la sicurezza dello Stato”. Il ministero ritiene che la sua presenza in Italia “costituisca una minaccia per la sicurezza dello Stato e che possa agevolare, in vario modo, organizzazioni o attività terroristiche, anche internazionali“.

L’uomo era da tempo sorvegliato dalle forze dell’ordine che hanno notato un cambiamento a partire almeno dal 2014, anno in cui Hidri “ha mutato drasticamente il proprio stile di vita, iniziando a rispettare rigorosamente i precetti coranici”. Gli inquirenti – e il Ministero – hanno scoperto anche altro: il suo inserimento in “un circuito relazionale con soggetti, noti per aver assunto posizioni religiose radicali in favore del jihad, alcuni dei quali già espulsi dall’Italia per motivi di sicurezza dello Stato”. Ci sarebbe un corposo fascicolo raccolto dalla Digos che lo vedrebbe molto attivo con esponenti dell’estremismo islamico – sia tramite canali telematici che non -, presso i quali si sarebbe accreditato come referente della comunità islamica di Ferrara. Da qui l’idea che abbia iniziato a scalare i vertici del centro culturale islamico di Ferrara, “assumendone la presidenza con la finalità di favorire la diffusione di una pratica religiosa più rigorosa, a volte connotata da tratti di ‘fanatismo’“. È da questi risultati di indagine che probabilmente viene l’affermazione del ministro Alfano.

In sostanza Hidri si sarebbe radicalizzato nel corso nel tempo e avrebbe iniziato una “frenetica e continua frequentazione on line” e poi a condividere contenuti riferibili all’Isis, manifestando “insofferenza nei confronti di tutto ciò che contraddistingue il mondo e la cultura occidentale”.

Un percorso di radicalizzazione – quello rilevato dal Ministero – iniziato negli ultimi anni, dopo che Hidri ha tenuto una vita normale dal 2002, anno in cui è giunto in Italia, titolare di un permesso di soggiorno di lungo periodo per motivi di lavoro autonomo (revocato con l’espulsione), rilasciato dalla questura di Ferrara, ma senza risultare inserito nel contesto sociale di riferimento.

Hidri – che può ancora ricorrere al Tar del Lazio contro il provvedimento – è stato accompagnato alla frontiera e avvertito che non potrà fare ritorno in Italia per un periodo di 15 anni “in considerazione del particolare profilo di pericolosità sociale evidenziato”.

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