Cronaca
14 Luglio 2016
Capo procuratore e comandante delle fiamme gialle fanno chiarezza sull'inchiesta, che ora conta 21 indagati

Carife: aumento di capitale ‘gonfiato’ di 23 milioni grazie alle banche complici

di Ruggero Veronese | 4 min

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Il comandante della guardia di finanza Sergio Giovanni Lancerin e il procuratore capo Bruno Cherchi

Il comandante della guardia di finanza Sergio Giovanni Lancerin e il procuratore capo Bruno Cherchi

“È possibile che ci sia stato uno scambio reciproco di azioni tra banche, che ha fatto in modo che nei bilanci risultasse un patrimonio che in realtà non era presente”. Il capo procuratore Bruno Cherchi e il comandante della guardia di finanza Sergio Giovanni Lancerin sintetizzano così l’ipotesi investigativa che nei giorni scorsi, nell’ambito dell’inchiesta sull’aumento di capitale del 2011, ha portato le fiamme gialle a perquisire le sedi di Carife e di altre quattro banche: la Cassa di Risparmio di Cesena e le Banche Popolari di Bari, Cividale e Valsabbina.

Quattro banche che nel 2011 si sarebbero prestate, se lo scenario ipotizzato dagli inquirenti dovesse essere confermato, a operazioni vietate dal codice civile e dalla legge fallimentare per ‘gonfiare’ il proprio patrimonio netto e quello di Carife, per una somma complessiva di 22,8 milioni di euro. In che modo? Sottoscrivendo le azioni Carife (attraverso una società di mediazione) durante l’aumento di capitale, mentre la banca ferrarese effettuava la stessa operazione, per gli stessi importi, con le azioni degli altri quattro istituti. In questo modo Carife e le altre banche riuscivano a far figurare nel proprio patrimonio netto sia il valore delle azioni esterne che la liquidità ottenuta dalla vendita dei propri titoli.

Un’operazione di questo tipo è assolutamente vietata dalla legge (articolo 2632 del codice civile) e le ragioni non sono difficili da intuire: acquistare l’azione di una società equivale a disporre di una sorta di credito nei confronti di questa. Ma se due persone o società si ‘prestano’ lo stesso ammontare di denaro a vicenda, è evidente che il risultato dell’operazione sarà un pareggio perfetto e che i loro patrimoni complessivi non potranno risultare maggiorati, come è invece successo nel caso dell’aumento di capitale di Carife.

L’ipotesi della procura comincia quindi a prendere a forma: i vertici di Carife potrebbero aver deciso di utilizzare questo stratagemma per raggiungere la soglia dei 150 milioni di euro durante l’aumento di capitale, e poter quindi mostrare i conti in regola a Bankitalia. Durante il percorso di risanamento, che doveva essere garantito dai 150 milioni di euro dei nuovi soci, si forma quindi un ‘buco’ da 22,8 milioni di euro, che ufficialmente figuravano nei bilanci e nel patrimonio netto di Carife.

Compaiono quindi nel registro degli indagati anche i quattro rappresentanti legali in carica nel 2011 delle banche coinvolte, che si aggiungono alle altre 17 persone coinvolte nell’inchiesta: gli ex vertici di Carife Sergio Lenzi e Giovanni Forin (ex presidente del cda ed ex amministratore delegato), i componenti del consiglio e del collegio dei revisori (Marco Berti, Antonio Bondesani, Riccardo Fava, Paolo Govoni, Mario Guidi, Stefano Leardini, Andrea Malfaccini, Ennio Manuzzi, Massimo Marchetti, Marco Massellani, Teodorico Nanni, Simonetta Talmelli e Giuseppe Vancini) e i rappresentanti legali della società di revisione dei conti Deloitte & Touche e della società di mediazione che ha seguito lo scambio reciproco di azioni bancarie.

“Molti di loro sono già stati ascoltati nei giorni scorsi – conferma il capo procuratore Bruno Cherchi – e gli altri verranno sentiti nei prossimi giorni, anche per dar loro la possibilità di fornire una spiegazione e una valutazione di quanto accaduto, di rendere le dichiarazioni che riterranno opportune alla loro difesa”. Da notare il fatto che, secondo le ipotesi investigative appena descritte, verrebbero a cadere alcune delle critiche (da parte di politici, risparmiatori e associazioni) a enti di controllo come Bankitalia e Consob, che avrebbero ottenuto informazioni ingannevoli sullo stato patrimoniale di Carife e non avrebbero quindi potuto accorgersi in tempo del crollo ormai alle porte. Ma queste valutazioni al momento sono ancora premature e lo stesso Cherchi lascia intendere di non escludere ancora alcuna ipoteso: “In questo scenario – conferma il procuratore – risulta ostacolata la possibilità di Bankitalia di accertare correttamente la situazione. Detto questo, siamo sempre disponibili a cambiare idea: dipenderà anche da quello che i singoli ci diranno”.

Cherchi e Lancerin puntano ora a chiudere nel minor tempo possibile la fase degli interrogatori, dai quali potrebbero emergere necessità di ulteriori approfondimenti. Quel che è certo è che le indagini sul crollo di Carife non si concentreranno semplicemente sull’aumento di capitale, che pure è uno dei principali filoni di indagine e che da circa un anno tiene impegnati quasi a tempo pieno i due pm Barbara Cavallo e Stefano Longhi. Su quali altre operazioni si concentrerà il lavoro della procura? Cherchi afferma di voler valutare attentamente il fascicolo dei commissari straordinari di Bankitalia, per vedere “se emergeranno altre ipotesi di reato”, ma oltre alla gestione Lenzi – Forin c’è anche tutta la gestione Murolo – Santini che potrebbe portare a nuove inchieste. Un esempio è la vicenda Vegagest, che ha visto assolvere a Milano Murolo e soci: “Ci sono sentenze che dovremo esaminare molto attentamente – afferma Cherchi -: dopo aver fatto chiarezza sull’aumento di capitale potremo procedere con i nuovi filoni di indagine”.

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