The scriblerus club
14 Maggio 2007
Ovvero i pericoli in agguato per l’incauto turista

Non calpestate quel tombino

di Giacomo di cristallo | 5 min

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Nelle segrete stanze già si preparano altri tranelli...

Nelle segrete stanze già si preparano altri tranelli...

Camminava incantato per le strade di Ferrara, cullandosi con lo sguardo i monumenti attorno, quando all’improvviso un improvvido altolà lo fece sobbalzare. “Che diamine sta facendo?” diceva da dietro un atroce cipiglio un vigile urbano. “Non può essere vero!” esclamò il turista che non credeva ai propri occhi: “Rowan Atkinson? Anche lei in vacanza come me in questa bellissima città”. Il vigile non capiva la lingua d’Albione ma riuscì ad abbozzare “manhole! manhole!”. I tombini. Lo sprovveduto visitatore inglese non sapeva che stava camminando su un tombino. Per forza. Guarda in alto lui. Non sa che da noi i chiusini finiscono in museo. Capito il doppio equivoco (del gioiello calpestato e della bizzarra somiglianza della guardia con un attore dei paesi suoi) proseguì. “Guarderò anche in basso” si diceva.

“Fermo là!”. Non era giornata evidentemente e alzando il naso si trova piantato a pochi centimetri dal volto l’indice dietro il quale non ci si può nascondere di Francesco Rendine. Sfortuna volle che il consigliere comunale di Alleanza nazionale stesse pensando all’ultima delle sue geniali interrogazioni, irripetibili come la verginità: “Ti denuncio per comedone in luogo pubblico!”.

Anche qui difficile capirsi. Rendine leggeva il punto interrogativo stampato sulla fronte dell’inglese e, non sapendo come spiegarsi, si guardò attorno. Vide, nella posa del pensatore di Rodin, Federico Saini, immerso nell’acedia, triste ma col sorriso, a rimpiangere il tempo passato a non essere qualcosa. Disturbato nella contemplazione, il forzitaliota spiegò a gesti che non poteva aiutarlo. Perché non parlava l’italiano. Arriva Romeo Savini, detto dagli amici “Eudemonia”, per quel suo far della felicità lo scopo di vita: “du iu spic inglisc, Romeo?” abbozza Rendine. “Peace Mercuzio, peace! You talk of nothing” rispose Savini senza voltarsi e allungandogli una monetina.

Come fare? Quel comedone non si lasciava sanzionare. E chissà quanti altri ne aveva nascosti! Ma ecco che scorge Massimo Masotti, un “passante intento a passare”, per dirla con René Char, che, appunto, passa. Gli chiedono aiuto. Lui apre la valigetta, stende un lenzuolo, se lo mette a tracolla, alza indice e medio della mano destra a mo’ di oratore intento a orare e intona “pulvus et umbra sumus” per proseguire come uno intento a proseguire.

Stavolta a non capire sono in due ma quel “pulvus” ha riecheggiato nella piazza e subito un vociar di chiarine e un rullar di tamburi scuotono la calma. In lontananza già si scorgono schiere compatte marciare nella direzione dei due. “That’s Palio!” sorride l’inglese che sfoglia la guida pubblicata dall’Ascom: “se a Ferrara vedi più di diecimila persone in centro, non sono turisti. Solo figuranti”.

Ma non erano nemmeno figuranti e non erano nemmeno diecimila. Di più: sono 11539. “Siamo i cittadini che hanno deciso di votare no contro turbogas e inceneritore”, dicono tutti – proprio tutti – assieme: “unisciti a noi, sarai felice”. Lusingato dalla profferta, il sorpreso turista seguì il mucchio selvaggio.

Mentre camminano verso la valle senza micro polveri si avvicendano gli scenari attorno a loro. “Who is that?” chiede l’inglese indicando la nave di via Pomposa sulla cui punta, a mo’ di polena, era stata applicata l’effige di Soffritti. “Uno scherzo di Nando Rossi”.

“And this?”, leggendo in un cartello “Calcio nei maroni? No, grazie”, con ritratto un signore di mezza età che si copre a proteggere le pudenda. “Vende tende, lascia stare”.

“And what are they doing?” accennando a un pastore abbruciacchiato dal sole che, appoggiandosi al vincastro conduce un discreto numero di ovini verso il parco urbano. “Si chiama Mauro Cavallini – rispondono 11539 voci -, porta il suo giovane gregge – affetto da abasia, denuncia l’Asl – verso i pascoli del Partito democratico. Intanto per strada i virgulti lanciano la campagna delle preadesioni con un opuscolo in dialetto per le nuove leve, dal titolo “A pòl capitar a tuti”. Uno finisce anche tra le mani dell’amico d’oltremanica.

Finalmente arrivano a destinazione. Davanti a loro – adesso sono 11540, non dimentichiamolo – un uomo vestito di bianco. Lo sguardo al cielo, le braccia spalancata ad accalappiare l’avvenire. “È il nostro profeta”. E il profeta, scimmiottando Paul Celan: “già tu frughi in silenzio nella polvere astrale, meravigliato dal cinguettio dei microbi attorno, certi in eterno”.

Non servì a metterlo a suo agio. Si guardò attorno. “Piazzale Donegani” lesse. Gli spiegarono che era l’entrata del petrolchimico. Sui muri di recinzione il profeta, nome mortale Valentino Tavolazzi, aveva scritto l’anatema di Daniele “mane tekel fares” auspicando la caduta della novella Babilonia.

“Niente Palio quindi?” stupisce il visitatore. “Tanto non è più come una volta – cercano di dissuaderlo -, mezzisangue, blitz animalisti, i cinesi che hanno aperto market di carne equina tutt’attorno a piazza Ariostea… non ti piacerebbe”. “Non è vero!”, tuona Vainer Merighi da dietro un comignolo. Ma nessuno lo ascolta. È tempo di preparare armi e bagagli. Per dove? Ma per Roma: in marcia fino in via Cristoforo Colombo, davanti al ministero dell’Ambiente. “Lì sapremo far valere le nostre ragioni”, gli assicurano. L’inglese guarda il profeta. “Ma siete sicuri?” gli scappa in italiano. Forse le forze non sono sufficienti. “Non siamo soli, abbiamo invitato anche il sindaco”.

“No, il sindaco non può – avverte uno degli 11539 – è impegnato al centro servizi alla persona di via Ripagrande. Dopo l’inaugurazione c’ha preso gusto e si sta spanciando dalle risate a fare scherzi telefonici agli anziani con la teleassistenza”.

Scosse le spalle e si mise in marcia, verso Roma. Con gli occhi fissi al suolo. Per non incrociare micro polveri e non pestare tombini.

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