Cronaca
18 Settembre 2015
L'ordine professionale condanna le "accuse pretestuose" rivolte ai principi di educazione alla parità tra i sessi

Teorie gender a scuola? Gli psicologi difendono la riforma

di Ruggero Veronese | 4 min

SCUOLE FENon esiste alcuna ‘teoria o ideologia gender’ negli studi scientifici, né tantomeno nei programmi di insegnamento delle scuole italiane. A dichiararlo è l’Ordine degli Psicologi dell’Emilia Romagna, che scende in campo in difesa della riforma della scuola del governo Renzi – o almeno di uno dei suoi punti più dibattuti -, senza nascondere le proprie perplessità di fronte alle critiche ai principi di “educazione alla parità tra i sessi” messi nero su bianco nel 16° comma del primo articolo della nuova legge.

Secondo l’ordine professionale, “tali indicazioni normative sono state pretestuosamente accusate di voler diffondere la cosiddetta ‘teoria del gender’, che affermerebbe la natura sociale dei ruoli sessuali senza considerare la natura umana. Sono state attaccate altresì le linee guida dell’Oms in materia di educazione sessuale a scuola, accusate anch’esse di voler promuovere ‘l’ideologia del gender’, mentre esse indicano tra le tematiche da trattare lo sviluppo del corpo umano e la sua salute, la riproduzione, il rispetto dell’intimità propria e altrui, la genitorialità consapevole, l’orientamento sessuale e l’identità di genere”.

Concetti ben diversi da quelli impugnati dai principali critici al 1° articolo della riforma, basti pensare al titolo comparso in prima pagina sul quotidiano Libero del 10 marzo, quando a caratteri cubitali veniva lanciato l’allarme su fantomatiche “lezioni porno all’asilo”. Mentre anche lo stesso Papa Francesco nel gennaio scorso parlava di “colonizzazione ideologica” paragonando addirittura la presunta ‘ideologia gender’ agli strumenti di propaganda dei regimi totalitari: “Con i bambini e i giovani non si può sperimentare – sono le parole di Bergoglio -. Non sono cavie da laboratorio! Gli orrori della manipolazione educativa che abbiamo vissuto nelle grandi dittature genocide del secolo XX non sono spariti; conservano la loro attualità sotto vesti diverse e proposte che, con pretesa di modernità, spingono i bambini e i giovani a camminare sulla strada dittatoriale del “pensiero unico”.

In questo contesto, secondo l’Ordine degli Psicologi, è davvero il caso di fornire qualche chiarimento, sia dal punto di vista tecnico che da quello normativo. “Sottolineiamo che a livello scientifico – è la posizione ufficiale dell’ordine – il concetto di ‘teoria del gender’ o ‘ideologia del gender’ è inesistente. Al contrario, esistono da anni ‘studi di genere’ che possiedono invece rilevanza scientifica e che hanno dimostrato che omofobia, sessismo e pregiudizi di genere sono culturalmente appresi sin dalla prima infanzia e trasmessi tramite l’educazione, i media, le regole sociali, la comunicazione, le relazioni ecc. I risultati di tali studi portano quindi a ritenere che sia fondamentale favorire una corretta e informata educazione alle diversità nelle scuole, capace di affrontare la complessità della persona nelle sue diverse sfaccettature. Favorire l’educazione sessuale nelle scuole con progetti specifici significa promuovere e fare chiarezza sull’affettività umana in tutti i suoi aspetti, mettendo in grado la persona di manifestarsi nel rispetto della propria unicità e di quella altrui”.

Per chiarire ulteriormente la questione, vale la pena leggere anche il punto della riforma che ha originato tante polemiche, il cui testo passa fin troppo spesso in secondo piano durante le schermaglie politiche. “Il piano triennale dell’offerta formativa – recita il comma 16, art. 1 – assicura l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni, al fine di informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dal’articolo 5, comma 2, del decreto legge 14 agosto 2013, n.93, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, nel rispetto dei limiti di spesa dicui all’articolo 5-bis, comma 1, primo periodo, del predetto decreto-legge n.93 del 2013 (sulle misure di contrasto alla violenza di genere, ndr)”.

Nessuna omologazione tra maschi e femmine, quindi, ma tuttalpiù una “educazione mirata al rispetto della persona” che secondo l’ordine professionale “è fondamentale per contrastare fenomeni di bullismo, violenza, omofobia, superando ogni possibile discriminazione, favorendo la parità di genere e la visione della diversità come indispensabile risorsa sociale. Desideriamo chiarire che la posizione dell’Ordine dell’Emilia-Romagna è assolutamente in linea con quanto più volte sostenuto dal Cnop e in particolare con il comunicato del 9 settembre 2015 che riprende la nota dell’Associazione Italiana di Psicologia sulla rilevanza scientifica degli studi di genere e orientamento sessuale e sulla loro diffusione nei contesti scolastici italiani”.

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