Eventi e cultura
18 Luglio 2015
Il cantautore scozzese rapisce 5mila persone in piazza Castello per un concerto autentico e genuino

Paolo Nutini, un rapimento consenziente

di Elisa Fornasini | 3 min

(foto di Alessandro Castaldi)

Nonostante i 30 gradi, è un concerto da pelle d’oca quello di Ferrara Sotto le Stelle. A rinfrescare il fisico con il vento della Scozia e a scaldare l’anima con una raffica di emozioni è Paolo Nutini. Il cantautore scozzese di origini italiane rapisce tutti con la sua voce roca e si tratta di un rapimento decisamente consenziente, almeno per le 5mila persone che venerdì sera hanno riempito piazza Castello. Il 17 è un numero che porta fortuna al cantante: era sempre il 17 luglio quando Nutini registrò il tutto esaurito in città nel 2010. Cinque anni dopo la storia si ripete: stessa data, identica cornice, nuove sensazioni, ancora sold out.

Il terzo disco, Caustic Love, arriva a cinque anni dall’ultimo Sunny Side Up che l’ha consacrato sulla scena internazionale, dopo l’ottimo esordio con These Streets del 2006, appena diciottenne. In questi anni il ragazzo di Glasgow è maturato e la sua musica è maturata con lui. Una crescita musicale di cui Nutini va sicuramente fiero, avendo deciso di presentare all’accaldato pubblico estense ben 9 dei 13 brani contenuti nell’ultimo cd. Il resto della scaletta, per poco più di un’ora e mezza di esibizione, spazia tra i suoi maggiori successi dei due precedenti album, da Jenny don’t be hasty a New Shoes e Candy.

Il concerto, aperto da Levante che si era già fatta apprezzare l’anno scorso all’ombra del Castello per la serata-evento de Le Luci della Centrale Elettrica, si apre con Scream (Funk my life up). Mai titolo fu più azzeccato; Nutini grida con la sua inconfondibile voce bassa ma piena di grinta, dando ‘funk’ alla vita di 5mila persone. La musicalità carica di blues che richiama il soul con influenze funky, che ha caratterizzato la sua carriera sempre in salita, si rincorre in Let me down easy, Looking for something, Better man, Diana, One day, Cherry Blossom, Iron sky e Numpty. Un tuffo nel passato con Alloway grove, Coming up easy , Pencil full of lead, No other way e Tricks of the trade, che si conclude sulle note di Last Request, singolo di debutto che aveva riscosso un meritato successo in Europa. L’ultima richiesta? Che Paolo Nutini, accompagnato dalla sua affiata band, torni sul palco per l’ultima canzone.

E il raffinato cantautore non delude i suoi fan. Le luci si riaccendono, Nutini torna sul palco e intona Guarda che luna di Fred Buscaglione, una canzone a cui è molto legato perché è stato suo padre, originario di Barga in provincia di Lucca, a fargli scoprire la musica italiana. Mentre dal palco canta “guarda che luna, guarda che mare”, il pubblico sui ciottoli guarda Ferrara e le sue Stelle. Nonostante le origini toscane, il cantautore non sa l’italiano. Si cimenta solo in un “buonasera Ferrara” e “grazie”, tra le poche parole non in musica che pronuncia dal microfono durante tutta l’esibizione. Una cosa tipicamente italiana, però, ce l’ha: la gestualità. È come se il movimento delle mani accompagnasse ogni nota verso il pubblico, a cui tende la mano come il grande Gatsby, di cui condivide la classe, la tendeva alla luce verde, al futuro orgiastico, alla speranza. Un gesto semplice ma intenso, a cui il pubblico risponde con fragorosi applausi.

Un concerto semplice ma intenso, quindi, che spiazza l’ascoltatore per il fatto di essere un concerto in senso stretto, ben lontano dall’idea di spettacolo. E non è una cosa scontata: in un’epoca in cui le luci stroboscopiche, i maxi schermi e i balli scatenati prendono il sopravvento sulla musica, Nutini ritorna alle origini proponendo uno spettacolo in cui è solo la sua voce protagonista. Nessuna scenografia, nessun discorso, nessun eccesso: basta la sua voce a parlare e a riempire la scena. Certo, parla poco e si muove ancor meno ma non essere un animale da palcoscenico lo riporta a una dimensione più autentica della musica. E, come tutte le cose semplici e autentiche, suona bella, vera, genuina.

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