La responsabilità del decesso per legionella avvenuto al vecchio ospedale Sant’Anna nell’ottobre 2011 fu dell’azienda ospedaliera, che non aveva applicato al proprio interno un piano di prevenzione per il rischio di contagio dal batterio. È questa la decisione del giudice civile che ha condannato l’azienda sanitaria a pesanti risarcimenti – ma le cifre esatte sono coperte dal riserbo – nei confronti del coniuge e del figlio della 71enne deceduta nell’anello di corso Giovecca che ospitava l’ospedale.
Una sentenza determinata con ogni probabilità dallo studio del consulente del tribunale, che ha accertato il nesso di causalità tra l’infezione avvenuta nella struttura ospedaliera e la morte della donna, escludendo quindi gli altri fattori invocati dai legali del Sant’Anna, che durante il processo hanno sesso più volte in dubbio le condizioni della donna, che a loro avviso non si sarebbe comunque potuta salvare senza il ricovero. Un punto escluso categoricamente dal consulente, che ha dimostrato al tribunale che lo stato di salute della 71enne era migliorato molto durante i 40 giorni in cui era rimasta ricoverata. E che, se solo negli ultimissimi giorni le sue condizioni erano precipitate, fu a causa di un’infezione contratta all’interno dell’ospedale, dove in quel periodo non vigeva alcun protocollo di prevenzione da legionella.
“Al termine di tanti anni finalmente è emersa la verità ed è stata fatta giustizia. Esprimo grande soddisfazione da parte dei parenti della vittima”, commenta l’avvocato della famiglia, Angelo Ressa. E dopo il verdetto in sede civile, ora la famiglia attende l’esito del processo penale, che vede alla sbarra due medici del Sant’Anna che secondo la procura avrebbero responsabilità riguardo al rispetto degli standard minimi di igiene e salubrità per la donna ricoverata.