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25 Maggio 2015

Genitori o sindacalisti dei figli?

di Francesca Boari | 4 min

“Non insegnate ai bambini la vostra morale, è così stanca e malata, potrebbe far male” cantava Giorgio Gaber…

Dove è finito quello spirito vocazionale che il mestiere dell’educatore richiede? Debiti, crediti, programmazione, punteggi, promozioni, autovalutazioni, certificazioni, p.o.f., p.e.i….Mi fermo.

Alunni che quando va bene ti chiamano prof e dormono fino alla seconda ora sui banchi, docenti deresponsabilizzati dinnanzi alla missione educatrice che hanno intrapreso più o meno consapevolmente e poi… Ecco il nocciolo della questione che oggi mi piace affrontare… i genitori in un abito nuovo, sindacalisti inguaribili e con mille ragioni (a raccoglierle se ne potrebbe scrivere un libro di successo) di questi figli senza tempo.

Il disagio esiste, è davanti ai nostri occhi adulti, inutile negarlo. Le responsabilità, cause, chiamiamole come più ci piace, anche. Quelle però amano travestirsi. I miei maestri mi hanno insegnato a dare un nome alle cose, solo in questo modo conteniamo il caos, attraverso il potere di definire consentito da un uso coraggioso del linguaggio.

Il tempo di cui ogni figlio ha bisogno per crescere e passare dall’impulso all’emozione è un tempo di quantità, non di qualità.

I figli crescono e diventano adulti consapevoli quando hanno di fronte a loro modelli di coerenza. Il passaggio difficile per tutte le generazioni dall’infanzia all’adolescenza va supportato da una scuola “sana” e da una famiglia che si mette da parte, affidando questo momento a professionisti. Professionisti? Sì, educatori in grado di emozionare, scaldare il cuore, scioglierlo e trasmettere passione attraverso la letteratura, lo studio delle lingue, la matematica, la storia, la filosofia.

Se il giovane adolescente avverte un disagio forse è il momento in cui sta avvenendo la conoscenza autentica di sé. Amarsi, accettarsi non è cosa semplice. Non è solo. I suoi maestri lo sapranno condurre. Lo scontro con altre individualità, di altro vissuto, determina un momento altrettanto necessario. Non vanno protetti ad ogni costo, in questa fase. Agostino scrive che è molto più semplice conoscere il numero dei capelli che si hanno sulla testa piuttosto che il numero dei moti del cuore che vivono in ciascuno di noi. Anche Eschilo non ci nasconde che una vera conoscenza è destinata a nascere solo dalla sofferenza. Non voglio annoiare. Aiutare i nostri figli significa avere il coraggio di lasciarli fare, sbagliare, soffrire. Essere acuti osservatori ci viene richiesto dai loro comportamenti ambigui ed allarmanti ogni singolo giorno. Non significa però difenderli dalla vita. Questo rischia di essere un dannoso soffocamento di quanto sta cercando di maturare in loro.

Lasciamo che si apra anche davanti ai loro sguardi quell’orizzonte che sa di futuro e quindi speranza, seppure, questo è una nostra responsabilità, oggi così vago e vicino a quel niente che minacciava il filosofo F. Nietzsche. Riempiamo con la fatica e il lavoro quotidiano questo domani di cui necessitano. Questo il nostro dovere di adulti. Lasciamoli inciampare nelle loro paure e godiamo di lacrime che esprimono emozione.

Se dovessimo vederli sempre assenti, senza gioia e dolore, apatici e silenziosi, dovrebbe essere motivo di allarme. Se, invece, per qualunque ragione li vediamo agitati, arrabbiati, sconfitti o vincitori delle loro piccole battaglie quotidiane, forse siamo sulla buona strada. Non esiste una scuola per genitori anche se qualcuno si ostina a crederci. Esiste la nostra esperienza, quello che abbiamo avuto e non, la nostra capacità, oggi, di valutare quanto sia giusto e meno giusto, l’umiltà di sottrarsi e lasciare crescere anche nell’errore. L’onestà di rivedersi senza troppa enfasi e “io non mi sarei mai permesso”.

“Qui si esprime il fondamentale dato di fatto dell’umano volere, il suo horror vacui. Quel volere ha bisogno di una meta. E preferisce volere il nulla, piuttosto che non volere” (F. Nietzsche, Genealogia della morale)

Chiudo condividendo con voi una lettera di “Ragazzi cari vi odio, vi amo”di Francesca Boari e Andrea Bonvicin (Cicoricolta 2015)

“Il buio dentro il quale ti agiti alla ricerca di un senso ti disorienta. Non trovi confini di senso. Il mondo degli adulti ti terrorizza. Vorresti essere un adulto migliore. Trovi solo porte e finestre chiuse dentro la tua mente. Stai soffrendo alla ricerca disperata e folle di orizzonti di luce.(…) Quello che invece possiamo e dobbiamo scegliere, cercando di uscire dal rischio dell’anonimo, è la direzione di questa esistenza. La vita, in effetti, ha molti spunti della meraviglia, saperli cogliere e raccogliere è arte e ci rende vivi in modo autentico. (…)Sarebbe meglio non in-segnare, sarebbe meglio adottare un metodo scettico in cui la sospensione del giudizio fa bene a noi adulti e a loro che lo saranno con il nostro aiuto(…)” E aggiungo una buona dose di umiltà.

“E se proprio volete, insegnate soltanto la magia della vita. Giro giro tondo cambia il mondo”

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