Ci sono quelli che frequentano medium, cartomanti e santoni di ogni tipo per poter ritornare alle proprie vite precedenti. A me basta tornare a Ferrara, in Piazzetta Combattenti. Appena diplomato, ho messo su un’azienda di informatica assieme ad altri giovani amici. Anzi, in verità sono stato reclutato da un amico che già era fautore di quell’idea e la mia passione per i computer ha fatto il resto. Si chiamava Sigma Controlli, una cooperativa con tante speranze in comune e belle idee. Di sicuro non era una società di capitali: abbiamo lavorato gratis quasi tutti per almeno 3-4 anni, il tempo sufficiente a fiaccare anche il più indomabile ottimismo misto ad incoscienza dei diciotteni. Un nome che non mi è mai suonato bene e anche l’oggetto sociale era un po’ ondivago. Sapevo bene il francese, allora, ed è per quel motivo che mi trovai a corrispondere con l’ufficio esteri della più grande società olandese specializzata nella climatizzazione delle serre, la Priva. Di serre non sapevo nulla. Come oggi. Fu un rapporto improduttivo che mi lasciò un solo, inutile, ricordo: “konijn” significa “coniglio” in olandese, simile al “kunìn” ferrarese, dallo stesso significato. Come segno indelebile della mia dedizione alla cooperativa, durante una tinteggiatura degli infissi feci un danno e rovesciai un barattolo di smalto sul davanzale di una finestra: si può rimirare ancora la goccia mummificata provenire dall’ultimo piano. Numero civico 1/a, ultimo piano, seconda finestra da destra. S’intravede anche su Google Street View!
Mi piacevano i computer, come ora. La prima tastiera che ho frequentato era quella di un Commodore Vic 20, nella Biblioteca del Barco, non ancora “Bassani”, molto attiva per merito dei bibliotecari Marco Chiarini e Carlo Lanzoni, i miei veri educatori dell’adolescenza. Ricordo tante risate, giochi, tornei di scacchi ma anche canzoni e il piacere della lettura, così come fumetti colti di Linus e attività a ciclo continuo, senza contare l’apertura della prima ludoteca della provincia!
Dopo aver mollato la società di Ferrara, per un po’ ho fatto il venditore per un’azienda di Bologna. Stesso settore. Contemporaneamente, assieme a due altri squinternati abbiamo aperto un pub a Pontegradella, sopra il mitico Bar Cirul, a 40 metri dalla Bruna al chiaro di Luna. Nulla sapevamo dello Zelig “vero”, quello di Milano: lo battezzammo così perché ci suonava bene il titolo del film di Woody Allen, esattamente lo stesso pensiero che ebbero i milanesi gestori di quello di Milano, ancora lungi dal diventare famosi per aver portato il cabaret in tv. Non avevamo soldi, solo entusiasmo ed un certo talento nel compiere il passo più lungo della gamba (poi ripetuto negli anni). Un locale arredato secondo il gusto dei pensionati che ce l’avevano affittato: una serie infinita di tavoli rettangolari di truciolare ricoperto in finto marmo rosa di Francia stampato e sedie orribili in plastica marrone, quelle delle Feste de l’Unità. Al sabato mi ci esibivo con un certo seguito, e lì collaudai la prima serie delle mie imitazioni degli oggeti che mi portarono fortuna al Costanzo Show e poi altrove.
E facevo pure l’università! Economia e commercio, a Bologna. Durante la frequentazione di “Analisi I” (matematica) capii che sarei riuscito a superare quell’esame solo ricorrendo ad un’operazione di innesto al cervello.
Ricordo una mattina, mentre andavo a Bologna a lavorare, che mi feci questo discorso: «Ma cosa sto combinando nella vita? Che possibilità ho di crescita in quello in cui mi sto impegnando?» E le risposte ce le avevo pronte: l’università la facevo solo per far contenti i miei genitori, a me non piaceva e non ci vedevo un futuro. Il locale a Pontegradella non rendeva un tubo, a parte qualche piccola soddisfazione, e il vendere i computer non mi avrebbe portato ad essere azionista dell’azienda, con un null’altro che solido futuro da venditore. Che cosa mi piaceva fare? Il comico! Arrivai in ufficio e mi licenziai, con una scusa. Per farmi retrocedere del mio pensiero mi offrirono il raddoppio dello stipendio per continuare ancora per qualche mese. Un bella cifra, che però si scontrava col mio profondo intendimento. Dissi di sì! Resistetti ulteriori tre mesi e poi me ne andai definitivamente verso una vita nuova, quella attuale.
Ma la passione per i computer m’è rimasta, intatta. Non si sa mai!