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30 Marzo 2015

La mia vita hard

di Gianni Fantoni | 4 min

Pare sempre più normale avviare una carriera nello spettacolo partendo dal mondo dell’hard e arrivare dopo qualche anno ad un pubblico di famiglie, come se ad un certo punto tutto fosse perdonato e dimenticato. Gli esempi aumentano; cominciò Moana Pozzi a suo tempo e la seguirono Selen, Franco Trentalance, Eva Henger e infine Rocco Siffredi. Onestamente, quanto a capacità molto spesso hanno fatto rimpiangere il fatto di essersi rivestiti ma la commistione dei generi nutre il raggio televisivo come un mantice instancabile: più l’alto e il basso si mescolano e più si rinfocola l’audience. Con un paio di queste star ho lavorato. Nella loro parte di carriera “redenta” naturalmente…
Con Moana fui protagonista di un programma che si chiamava Magico David per Italia 1, nel 1992. Una serie di filmati del mago americano David Copperfield erano presentati e intervallati da gag con me e Moana, vestita e coloratissima. Una lavorazione sprint, durata solamente tre giorni, nei quali la velocità della produzione impedì una conoscenza diversa da quella che il copione obbligava. L’unico vero dialogo ci fu durante la conferenza stampa, qualche tempo dopo, per il lancio della messa in onda. La ricordo molto bella, con solo un filo di trucco in un abito verde che la fasciava molto e ne esaltava le forme. La platea era composta da quasi tutte giornaliste che la incalzavano con domande che mascheravano malamente il loro giudizio morale sulla maggior parte della sua carriera. Cercò complicità con me, sotto il fuoco incrociato, bisbigliandomi all’orecchio: «Quante persone perbene sono pronte a salvarmi…» Ma era vero; in un certo qual modo a Moana volevi bene subito e l’avresti volentieri salvata. Da se stessa, credo. Cercava a tutti i costi di diventare famosa, mi disse uno che l’aveva frequentata bene, e sfruttò il suo corpo per farlo. Alla fine di sicuro la sua redenzione avrebbe fatto scalpore quanto i suoi eccessi, ma il triste epilogo impedì che il percorso si completasse. Forse, vedendo quello che è successo a Eva Henger, sarebbe poi finita a presentare anche lei programmi per bambini, chissà.
Con Selen abbiamo fatto Ciro nel 1999, sempre per Italia 1. Aveva quasi finito del tutto la carriera hard e la nostra trasmissione la usava ancora per attirare furbescamente il pubblico verso la fine del programma facendola intravedere mezza nuda. Anzi, mezza vestita. Per dovere di cronaca, le tv di Berlusconi hanno sicuramente usato il corpo della donna più di altri ma mi sento di ricordare che cominciò per prima la tv di Stato: Stryx, Odeon e il Cappello sulle ventitrè offrivano capezzoli ad orari abbordabili prima che Fininvest cominciasse a trasmettere.

Anch’io ho un passato hard, lo confesso, e mi è capitato anche senza volere di tornarci sopra facendo uno spogliarello integrale durante il musical The Full Monty a teatro nel 2013!
Dopo la mia prima apparizione televisiva come concorrente imitatore per Stasera mi butto del 1990, un mio amico e poco prima collega informatico (sì, prima di fare il comico facevo l’informatico e presto lo tornerò a fare…) si mise con la padrona di un noto night dell’hinterland ferrarese e passò dal programmare computer a programmare le esibizioni sexy delle più o meno famose pornostar. Era un tipo molto “avanti”: sotto la sua gestione il locale si arricchì di un lussuoso videoproiettore, aprì la cucina per i clienti, insomma: dotò il ritrovo di motivi in più per passare lì una serata in compagnia. Mi offrì 50.000 lire per un quarto d’ora di imitazioni, prima dei numeri delle ragazze, tanto per rompere il ghiaccio. Considerando però il motivo per cui veniva il pubblico mi resi conto prestissimo che non era proprio il ghiaccio che avrei rotto ma qualcosa di molto più maschile. La gente voleva vedere subito, prima possibile, qualcosa di decisamente diverso. Ma quel primo quarto d’ora lo dovevo riempire io e non me la cavai neanche tanto male. Mi avevano dato un microfono a gelato, col filo. Inavvertitamente, visto l’impianto di amplificazione poco potente, mi venne d’istinto avvicinarlo alla bocca il più possibile, toccandolo con le labbra più volte e lì per lì non m’ero accorto di aver commesso un errore gravissimo… Dopo il mio numero veniva il momento clou, e quella sera fu il momento di tale Manya, come ogni settimana da un mese. Ignaro di cosa facesse, rimasi per la curiosità e anche per qualche giovanile fermento. La ragazza aveva l’abitudine di presentarsi già competamente nuda e usare tutto ciò che le capitava a tiro come accessorio d’intrattenimento. Compreso un microfono. Quel microfono.
Sono passati venticinque anni da quella sera, eppure, ogni tanto, sputacchio ancora adesso.

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