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23 Febbraio 2015

Gli impresari

di Gianni Fantoni | 3 min

Ogni comico ha bisogno di essere “venduto”: soprattutto all’inizio della carriera deve per forza appoggiarsi a qualcuno che convinca vari gestori di locali e ristoranti, qualche sezione del PD o sagra, a scritturarlo benché sconosciuto. Negli anni questi piccoli commerci si trasformano in giacimenti di aneddoti. Sono questi a far la parte del leone nelle serate dei racconti tra colleghi, con protagonisti quegli agenti-di-zona-impresari-maneggioni che organizzano-la-qualsiasi; episodi tramandati nel tempo come piccoli tesori inestimabili, spesso raccontati in prima persona da chi li ha vissuti sul serio. Sono racconti al limite del verosimile ma alla resa dei fatti risultano essere anche inferiori agli effettivi accadimenti perché capita spesso di verificare quanto la realtà superi la fantasia.

I componenti della categoria degli impresari si assomiglia anche geneticamente, indipendentemente dalla terra di origine. Vanno ancora in giro con dei completi comprati trent’anni prima, hanno capelli cotonati e colorati con vernice vietata dalle norme vigenti in Europa, quando non indossano parrucchini caduti in disgrazia… S’imbevono di profumi acidi e dolciastri di bassa qualità e guidano automobili di grossa cilindrata con addosso più di 200.000 chilometri comprate nuove, come minimo, nel 1992: quasi tutte diesel, euro -5, in grado di formare nuvole nere che al confronto quelli di Chernobyl erano dilettanti.

Uno dei più prolifici è un Tale, emiliano, depositario di tecniche commerciali impensabili. Estate 1998. Una sera vado all’inaugurazione di un nuovo ristorante vicino a Bologna. Entro e mi trovo un mio manifesto pubblicitario con scritto sotto “PROSSIMAMENTE QUI.” Interessante che io non ne sapessi assolutamente nulla… Mi avvicino alla cassa e chiedo quando avrei dovuto esibirmi in quel ristorante. Mi dicono che è stata un’idea di quel Tale di Bologna. Lo chiamo al telefono e mi dice: «Il gestore ancora non ha confermato niente, ma funziona così: io gli metto lì il tuo manifesto con scritto PROSSIMAMENTE, la gente vede, chiede al gestore quando ci sarai, lui si ingolosisce e la serata è fatta! Ah, già che ci siamo ho anche le 5 sosia delle Spice Girls, se senti qualcuno che le vuole…» «Ma come, una se n’è appena andata! (Geri Halliwell lasciò il gruppo a fine maggio 1998, NdA)» «Sì, ma io te ne do lo stesso 5, allo stesso prezzo…» Il manifesto era allettante e furbissimo, in foto sembravano proprio loro, tranne in un particolare: la scritta SPICE GIRLS era grandissima a discapito della frase rivelatrice sopra riportata, mooolto più in piccolo, “sosia delle”…

Questo stesso Tizio, negli stessi anni, riusciva a vendere due spettacoli ai California Dream Men in contemporanea in due posti diversi con un’astuzia degna di Arsenio Lupin. La formazione tipo era composta da 12 elementi? Bene: lui ne mandava 6 da una parte e 6 dall’altra! Ma erano quelli veri da entrambe le parti! Un genio.

Una volta mi pagò un lavoro in anticipo con un assegno, vantandosene: «Guarda qui! Solo io ti pago prima dello spettacolo!» Era un assegno posdatato, a 1 settimana dopo lo spettacolo. Glielo dissi. E lui: «Embè? Intanto ce l’hai già!» Cosa si può rispondere ad un tipo così?

Del resto, di questa gente bisogna farsene una ragione, anche loro fanno parte dell’ingranaggio del magico mondo dello spettacolo. Cosa ci si potrà mai aspettare da uno che, pur avendo una macchina a benzina, una notte, al self service, senza pensare alle conseguenze, fece gasolio “per risparmiare”?

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