Portomaggiore
8 Gennaio 2015
Ultime udienze nel processo per disastro colposo. A far collassare il tetto fu il cattivo aggancio delle viti

Crollo palestra, si cerca il responsabile delle viti difettose

di Ruggero Veronese | 2 min

palestra-portomaggiorePortomaggiore. Siamo ormai alle battute conclusive del processo sul crollo della palestra di Potomaggiore, il cui tetto collassò la notte del 10 novembre 2010 durante sotto il peso di una copiosa nevicata. Un crollo fortunatamente avvenuto quando nessuno era presente nella struttura, ma sul quale la procura di Ferrara ha voluto vederci chiaro aprendo un’inchiesta sulle possibili responsabilità in capo ai costruttori e ai tecnici incaricati nel progetto e nell’esecuzione dell’opera. Portando ai rinvii a giudizio per ben sei persone: Gianni Donato, presidente del cda della Cooperativa Edile di Berra,  il presidente della Ceb Pietro Giori, l’amministratore di Sole Engineering Stefano Tommasi, l’ingegnere comunale Luisa Cesari (direttrice dei lavori), l’ingegnere Giuliano Mezzadri (che eseguì il collaudo della struttura) e Giovanni e Pasquale Canalicchio, dell’omonima azienda di Terni che realizzò i materiali per la copertura.

A dettare la linea del processo è ora lo studio consegnato dal perito del tribunale, l’ingegnere Tommaso Trombetti, che aveva rilevato alcune anomalie nelle viti utilizzate per bloccare la struttura. In particolare in un’area della palestra, dove il loro diametro era inferiore a quello delle madreviti in cui erano state inserite. Un fatto che secondo il perito aveva ripercussioni sulla tenuta della struttura in situazioni di stress o di sollecitazioni, generando un ‘effetto domino’ che dopo il cedimento della prima vite ha portato al crollo dell’intera struttura.

Da cosa dipende questo difetto di costruzione? In questo caso le linee difensive si separano le une dalle altre per individuare le cause originarie del problema. Che secondo la difesa di Tommasi (amministratore di Sole Engineering) potrebbero risalire addirittura all’assemblaggio dei materiali prefabbricati usati per la costruzione, acquistati dalla ditta di Giovanni e Pasquale Canalicchio. Di diverso avviso la difesa dei due fratelli ternani, che nel corso delle udienze ha chiamato a testimoniare anche alcuni dipendenti secondo cui gli addetti della Sole, durante i lavori in cantiere, avrebbero chiesto anche un macchinario aggiuntivo per riuscire a fissare le viti in filettature intaccate dalla ruggine. Segno, secondo i rappresentanti dell’impresa Canalicchio, che i problemi si verificarono nel cantiere di Portomaggiore e non nelle fasi precedenti.

Ciò che sembra ormai sempre più certo è che il crollo della palestra avvenne a causa di un problema di materiali, o per quanto riguarda la loro scelta o in relazione al successivo montaggio. Sarà però al termine della discussione, prevista entro primavera, che il giudice Attinà pronuncerà una sentenza molto attesa soprattutto dalla Provincia e dal Comune di Portomaggiore, entrambi all’interno del processo come parti civili e che si potrebbero veder riconoscere un sostanzioso risarcimento in caso di eventuali condanne.

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