Questa è la parte finale delle pillole grammatica che vi ho proposto. Chi ha voglia di ripassarsi un po’ di regole grammaticali di ultima generazione, ( e studio), lo ha potuto fare. Penso si possa anche scaricare il tutto e tenerselo a portata di mano, darà la possibilità di capire un po’ meglio la nostra meravigliosa “Lingua Ferrarese”.
Oggi vi propongo una poesia ironica, sintetica nei significati, come le altre che vi ho offerto; ma anche “molto” autobiografica. Disegna il tifoso Spal. Poche rime dicono quasi tutto. Io lo rappresento in questo scritto: brontolone, spesso ipercritico, polemico, un po’ incompetente! Sicuramente tanto, ma tanto, innamorato di quella “Creatura” chiamata Spal !
FORZA ŚPAL
(Zzirudela… par faragh curag)
Córi,dàj,córi źugadòr
dlà gràη Śpal, śquadra dal mié cuór,
córi fòrt in źima al prà
chišà maj ch’aη ś’torna iη “A”!
Cùša dòrmat, dàt béη da fàr,
mò smìšciat, briśa tuƞtunàr:
boja dl’oca st’j’é indulént,
dai tarmàra e bóƞ da nient !
Mò vót sgagiàrat ši o no?
at fà pròpria scaréź iηquó!
Èla pò na’ štracavàda,
córar fòrt iη śtà giurnada?
Cùśa gh’at t’am par fìη scunì,
sàt? at pàr propria n’imbambì!
mì ścumét ch’at gh’à ill bugaηź,
mo śt’jé triśt: t’am pàr fiη rànź!
Dai śù bén, mòvat, barbagiàη,
am pàr ch’at vàgh sémpar più piàη!
Mama mié, cum tié bóη da niént,
mèź iηdévaś e mèź demént!
At tìr iη porta da luntaη ?
ché pàr śgnàr agh vré uη… marziaη ?
Goooooòl!… Mo st’à śgnà pròpria dabóη:
a l’éva dit ch’at t’jé… ƞ’campioƞ!
FORZA SPAL
(Filastrocca… d’incoraggiamento)
Corri corri, giocatore
della Spal, squadra del mio cuore,
corri forte sopra il prato
chissà mai che non si torni in“A”?
Cosa dormi, datti ben da fare,
ma svegliati, non indugiare:
boia dell’oca come sei indolente
dai fifone e buono a nulla,
Ma vuoi scaltrirti si o no?
fai proprio ribrezzo oggi !
Sarà poi una sfacchinata,
correre forte in questa giornata?
Che cos’hai mi sembri perfino avvilito
ma si … sei proprio un rimbambito ;
scommetto che hai i geloni
come sei inetto, sembri perfino rancido!
Dai dunque, muoviti barbagianni,
mi sembra che tu vada sempre più adagio!
Mamma come sei buono a nulla,
metà insulso e metà demente!
Tiri in porta da lontano ?
che per segnare ci vorrebbe un marziano!
Gooool! Ma se hai segnato davvero:
l’avevo detto che sei… un campione!
3) Le sillabe
Identità sillabica
La grammatica italiana è chiara: una parola ha tante sillabe quante sono le vocali o i dittonghi che la compongono, in quanto una vocale o un dittongo può fare sillaba a sé, ma non una consonante sola. Questo principio come i casi che ne conseguono si possono accettare e verificare anche per il dialetto, avuto riguardo dei seguenti chiarimenti:
a- il ferrarese ha prodotto in diverse fasi e seguendo, sia le proprie tendenze, che lo sviluppo neolatino, vocaboli di forma quanto mai varia ma da prendersi così come sono e cioè da analizzare nella forma attuale, valutando, se è possibile, pure quella di partenza soltanto per avere utili chiarimenti sui passaggi;
b-di conseguenza il conteggio delle sillabe non tiene conto delle forme di partenza (modificatesi per: aferesi, sincope, apocope, metafonia, metatesi, discrezione, concrezione, ecc.) ma dell’assetto morfologico assunto dal vocabolo derivato o finale.
Così, fundàr lat. adfundare affondare, ròśla lat. rosula rosola, màgar lat. macru magro, magrìh lat. *macrinu magrino, paltò fr. paletot paletò, mźéta lat. megetta mezzetta, mrénda lat. merenda merenda, canzóh lat. cantione canzone, puśizióh lat. positione posizione, ecc., andranno sillabati fun-dàr, rò-śla, mà-gar, ma-grìh, pal-tò, mźé-ta, mrén-da, cah-zóh, pu-śi-zióh, li-bar, cà-vra pl. cà-var, diéś, zént, zihch.
Quindi in ztèndar, śgnóś sdegnoso e dl’òm, si possono suddividere e contare le sillabe individuando le vocali.
Dubbio è il caso di cuósa coscia: in Coco par. 33 il bol. cósa è visto dal lat. cŏ-xa, ove cŏ- è definita ‘sillaba chiusa’ al pari di tŏ- del lat. tŏ-xĭcu bol. tóśgh, df tósagh. Vi è da chiedersi perché ŏ di cŏ-xa abbia dittongato nel df cuósa e non in tŏ-xicu.
Ciò significa che se cŏ-xa e tŏ-xicu sono da leggere come coc-sa e toc-sicu per vedervi la sillaba chiusa, il dittongo in cŏxa deve avere un motivo: Rohlfs a par. 225 ricorda che in REW cŏxa è inteso come un volgare *cŏxea, e avvalora la tesi che si tratti invece dell’evoluzione x=cs›ss›s. Questo spiega il dittongo nella sillaba libera di co-sa ma non il mancato dittongo in tŏ-xicu, df tósagh e la tesi del REW resta al pari di quella di Rohlfs, che però giustifica texere›tiésar.
Nelle parole composte con i prefissi del tipo: di-, dis-, coh-, ih-, re-, ri-, scar-, stra-, tra-, tra(h)s, ecc., detti prefissi dovrebbero essere considerati sillabe a sé. La scomposizione può tuttavia attuarsi con le regole fonetiche dell’italiano.
Tutto ciò spiega come, per segnare s e z sorde o c e g alveopalatali, non possano accettarsi le consonanti doppie, che varrebbero sillaba chiusa, entro cui, per il dialetto ferrarese, non si ha il dittongo: fae-cea feccia dà fiéza perché fae-›fié- è sillaba aperta, ma fiézza, così come molti scrivono, non può esistere dato che fiéz- è sillaba chiusa. Così è per spe-ra›spié-ra, pe-cora›pié-gura, le-pore›lié-var, *co-xia›cuó-sa, co-quere›cuó-śar, ecc.
Invece in fiévra il dittongo ié è possibile perché la v è seguita dalla liquida r.
Ne discende che neppure la metrica df viene rispettata nei canoni correnti perché è ovvio che le doppie, praticamente non esistenti in ferrarese a livello fonetico, falsificano i reali suoni sillabici e la successione estetica e comprensibile delle parole, pur riconoscendo che il nostro dialetto non ha le armonie che in altri sono evidenti.
Nello stesso tempo, è inopportuno e ingiustificato il modo di scrivere di diversi ferraresi quando inseriscono l’apostrofo al posto della vocale caduta (aferesi o sincope). In e mi ‘n putrò, ‘ndàda, ‘na, mié pad’r al dis, mi a són un ‘d quéi, coi fatt e ‘l paròl, ‘n ucià, ‘na parulìna, la ‘gh da mil franc, Frara la ‘v scólta, sposa a ‘n zóvan sgnor, dvantà ‘l prim Sgnór, prima ‘ch rivass amór, st’al brut ris’c, co’ ‘l donn ad cort, la ‘s inzzìpria, p’r al murbìll, i ‘t tién ardut, so’nca mi, al ‘ss voia dar tant ann, i ‘m fa da paravént, ecc., non si ha modo di comprendere come gli autori intendessero sillabare le espressioni che più si impongono, ad esempio con ‘d, ‘l, ‘m, ris’c, p’r, pad’r, dato che una consonante sola non può fare sillaba e lo stesso dicasi per p’r. In ‘na e pad’r si contano due sillabe come fossero (u)-na e pa-d(a)r oppure una sola come fossero na e padr?
Per questo argomento si è espresso più sopra il parere che le parole del ferrarese vadano viste nelle forme in cui si trovano e non a confronto colle forme della lingua: ‘n e p’r saranno le proclitiche n’ e pr’ da unirsi alla sillaba che segue (n’an-tar, pr’an-dàr), ‘na e p(a)r saranno le indipendenti na e par che fanno sillaba a sé (na car-ti-na, par rì-dar).
Infine, è chiaro che simili imprecisioni rendono difficile lo studio e la rappresentazione dei vocaboli e addirittura impossibile l’accesso al contesto grammaticale, le cui forme, segmenti e nessi, esigono che la trascrizione delle lettere e delle sillabe sia in stretta aderenza con i suoni con i suoni propri e tipici del Dialetto Ferrarese.
Bibliografia
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Centro Stampa Comune di Ferrara – 2006
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DevotoOli Il Dizionario della Lingua Italiana – Ed. Le Monnier Firenze 1990
Sanfilippo C.M. Lingua e Dialetti in Italia – Ed – Ed. Tecomproject. Ferrara 2000.
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Baiolini, Guidetti Saggio di Grammatica Comparata del Dialetto Ferrarese.
Ed. Cartografica Ferrara 2005.
Baiolini R. Lessico Ferrarese – Dizionario Etimologico. Ed. Cartografica. Ferrara 2001.
Nel link sottostante del sito del Trèb dal Tridèl, rubrica “Domande e Risposte”, troverete qualcuno altamente qualificato un materia. Risponderà a tutti, con grande cognizione di causa: senza neppure farvi attendere molto!
http://www.dialettoferrarese.it/index.php/domande-e-risposte
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