Cronaca
22 Luglio 2014
Duro editoriale dell'arcivescovo contro i sunniti dell'Isil: "Questo mondo islamico ha la responsabilità storica di questi eventi"

Negri: “Persecuzione dei cristiani come la Shoah”

di Ruggero Veronese | 4 min

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negriluigi“Non si capisce perché alcune cose vengano chiamate Shoah e per queste non venga usato lo stesso termine, che dice di una spaventosa e dissennata ideologica violenza contro l’altro, semplicemente perché ha una posizione religiosa diversa dalla propria”. Non usa mezzi termini l’arcivescovo di Ferrara e Comacchio, Luigi Negri, nel condannare l’espulsione dei cristiani dalla città di Mossul e dalla regione settentrionale dell’Iraq, sede di quello che dal 29 giugno si è autoproclamato nuovo califfato dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante (Isis). Nell’editoriale odierno del giornale cattolico La Nuova Bussola Quotidiana, dal titolo “In odio alla fede. E i responsabili vanno indicati chiaramente”, Negri chiede ai governi occidentali di prendere le distanze interrompendo il dialogo con il governo del califfo Abū Bakr al-Baghdādī e con “questo mondo islamico che, ci piaccia o no, ha la responsabilità storica di questi eventi oggi come lungo i secoli che hanno preceduto questo ultimo”.

La condanna di Negri nei confronti della situazione dell’Iraq settentrionale si somma a quelle già espresse negli ultimi giorni da numerose autorità internazionali, tra le quali il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, che ha definito “crimini contro l’umanità” le conversioni forzate imposte ai cristiani dagli estremisti sunniti dell’Isil dietro la minaccia dell’espulsione. E anche lo stesso premier iracheno Nuri al-Maliki ha parlato di “atto criminale” chiedendo ai paesi occidentali di prendere una posizione decisa dal momento che “quello che le bande dell’Isis stanno facendo ai cristiani rivela senza ombra di dubbio la loro natura e i loro intenti terroristi e criminali”.

La condanna del vescovo di Ferrara si spinge addirittura oltre, arrivando a tracciare un paragone tra il neonato califfato islamico e la Germania nazista alla vigilia del secondo conflitto mondiale. “Ci nascondiamo o rischiamo di nasconderci di fronte a questa terribile minaccia che incombe sull’Occidente, e non solo sull’Occidente – scrive Negri -, facendo un po’ quello che hanno fatto le cosiddette democrazie liberali borghesi nei confronti della terribile vicenda hitleriana, nei tempi immediatamente precedenti la Seconda guerra mondiale. Si era tutti protesi a dialogare con Hitler, a concedere sul piano immediatamente politico la spartizione di alcuni territori sacrificando qualche volta diritti di popoli che sarebbe stato giusto potessero continuare a vivere la propria esperienza di popolo, di nazione e di stato. Fra tutte la cosa più tragicomica fu quella famosa conferenza di Monaco fatta nell’anno 1938 in cui si andò ancora una volta con il cappello in mano convincendosi che Hitler non era poi così tanto cattivo e che con lui ci potevano essere possibilità di intesa”.

Il senso del ragionamento di Negri è netto: impossibile instaurare un dialogo con i responsabili di quanto sta accadendo in Iraq, che vanno denunciati esplicitamente. “Il cardinale Koch – scrive l’arcivescovo – ha insistito su un aspetto che non è sempre in primo piano negli interventi del mondo cattolico. Il problema è che c’è una grande difficoltà a una denuncia esplicita. I responsabili di questi spaventosi avvenimenti hanno nomi e cognomi espliciti, e non soltanto quelli degli ultimi, degli epigoni di questa vicenda di criminalità ideologica. Queste responsabilità dunque devono essere dette e proclamate, altrimenti anche le denunce e la volontà di condividere la situazione tremenda di tanti nostri fratelli rischiano di essere parziali”.

L’appello di Negri è quindi quello di non ripetere quello che fu – a suo avviso – l’errore dei paesi occidentali negli anni ’30: “Forse c’è una prevalenza della volontà di dialogo a ogni costo che deprime la verità. E un dialogo senza la verità o che non parta dalla verità non è un dialogo: è un compromesso, è una connivenza, è un’ignavia. Certamente noi occidentali, in particolare noi cristiani di questo Occidente che giustamente negli ultimi tempi è stato indicato come caratterizzato da una profonda stanchezza, rischiamo di non affrontare la realtà secondo tutti i suoi fattori. Soprattutto cerchiamo di nascondere o quantomeno di ridurre l’impatto con questo mondo islamico che, ci piaccia o no, ha la responsabilità storica di questi eventi oggi come lungo i secoli che hanno preceduto questo ultimo. Allora di fronte al sacrificio di centinaia, di migliaia di nostri fratelli uccisi o espulsi in odio alla fede abbiamo il dovere di una profonda solidarietà: nella preghiera e nella carità con loro certo, ma abbiamo non meno grave la responsabilità di dire che ci sono delle responsabilità storiche che fanno capo a certe formulazioni ideologico-religiose che rendono permanente il pericolo che i cristiani, e non solo loro, possano essere oggetto di violenze anche sul territorio nell’ambito dell’Europa o dell’intero mondo civile”.

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