L'inverno del nostro scontento
17 Maggio 2014

Vota Mauro Rostagno

di Girolamo De Michele | 4 min

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La sentenza sull’assassinio di Mauro Rostagno è una sentenza importante, per molti aspetti. Perché afferma, finalmente, che Mauro Rostagno è stato ucciso dalla mafia, e in esecuzione di un ordine venuto dai vertici di Cosa Nostra, non per vicende meramente trapanesi. Il che vuol dire – come il dispositivo della sentenza e l’invio degli atti alla Procura lasciano intendere – che le inchieste del giornalista Rostagno avevano toccato nervi scoperti, raggiunto rapporti tra mafia e altri poteri, fors’anche (è l’ipotesi più probabile) il traffico d’armi e rifiuti tossici tra Italia e Somalia. Che è quasi sicuramente il movente dell’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, sei anni dopo. E, a margine ma non tanto, vuol dire che la cosiddetta “pista interna”, che pretendeva Rostagno essere stato ucciso dai suoi amici – il “teorema” Li Gotti-Ricci-Travaglio – era un’infamia senza fondamento. Per la quale, però, Chicca Roveri, la compagna di Mauro, è anche finita in galera.

Non è nella mia natura rallegrarmi per qualcuno che finisce all’ergastolo, foss’anche uno che ne meriterebbe due o tre; e di certo questa sentenza non riempie il vuoto lasciato da Mauro Rostagno: ma almeno dimostra che ci sono battaglie che vale la pena di combattere anche quando tutto e tutti ti dicono che le perderai, com’è capitato a Chicca e Maddalena (la figlia di Mauro), e che a volte invece le vinci.

Ma soprattutto, questa sentenza dimostra che non è vero che “tanto sono tutti uguali”.
Perché le differenze esistono.
Quando, due anni fa, Maddalena Rostagno è venuta a Ferrara, ci sono stati insegnanti e studenti che hanno lavorato con passione sul suo libro (→ Il suono di una sola mano), e idioti che hanno strepitato perché in un liceo si parlava di Mauro Rostagno: le differenze, lo ripeto, esistono.

C’è chi di mafia muore; e c’è chi la mafia la vota, la coccola, la lecca, la plaude e l’applaude.
C’è chi pensa che combattere la mafia sia un fatto politico; e c’è chi ha pensato che per fare politica fosse necessario entrare in rapporti organici con i capi della mafia.
Ci sono magistrati che usano i processi come vetrine mediatiche; e ci sono magistrati che fanno non solo il proprio dovere, ma molto più del dovuto.
Ci sono funzionari dello Stato, come i due poliziotti grazie ai quali si sono riaperte le indagini, che hanno, come si dice, senso dello Stato, o forse una semplice coscienza morale; e ci sono funzionari dello Stato, come il generale dei carabinieri in pensione Garofalo, ex comandante dei RIS, che non hanno scrupoli a farsi ingaggiare come periti da un capomafia già condannato all’ergastolo per altri omicidi.
C’è chi sulla mafia ha scritto cose che in Sicilia possono valere un proiettile in faccia; e c’è chi per una manciata di voti può scendere in Sicilia e dire della mafia che in fondo non ha mai strangolato i propri clienti, che i partiti sono peggio (o governare per anni senza mai scendere in Sicilia).
C’è chi ha saputo attraversare molte vite senza mai rinnegarne nessuna; e c’è chi la propria vita l’ha venduta all’incanto barattando la rivoluzione con la comodità, o il tappetino davanti alla cuccia del padrone.
C’è chi non ha mai arretrato di un passo, neanche per prendere la rincorsa; e c’è chi non si capisce se avanza o arretra perché non si distingue la faccia dalle terga.

Su questo blog uso spesso la parola “critica”: una parola che ha, nella sua etimologia greca, il senso di tracciare una chiara demarcazione tra sé e il campo nemico, come quando con la punta della spada si traccia sul suolo il confine oltre il quale c’è il nemico. Mauro Rostagno era un albero di legno forte, era un carrubo che stava da questa parte: la sua stessa esistenza definisce il campo dei nemici.
E siccome più di qualcuno continua a chiedermi cosa fare, o cosa farò io, il giorno delle elezioni, ecco la mia risposta:

VOTA MAURO ROSTAGNO.

Ricordati chi era Mauro Rostagno, come è vissuto e perché è morto, prima di uscire di casa per andare a votare, o prima di decidere se andare a votare.
E ricordatelo anche dopo avere, o non avere, votato. Ogni giorno.

(qui sotto: Chicca Roveri  e Maddalena Rostagno, la compagna e la figlia di Mauro, durante e dopo la lettura della sentenza, e Maddalena Rostagno tra gli studenti del Liceo Ariosto)

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