Indiscusso
3 Ottobre 2013

Le larghe intese e la stretta resa

di Marzia Marchi | 2 min

“Un giorno storico per la democrazia!. “Orgoglio italiano”. Due citazioni prese dalla bocca del nostro primo ministro Enrico Letta che ha l’aplomb per girare la frittata in modo tale che nessuno se ne accorga.

La seconda dichiarazione ha un valore meno grave ma più grottesco della prima, in quanto riferita alla capacità italiana di rimettere in piedi la nave inabissata che ha provocato 32 morti e un disastro ambientale dalle proporzioni ancora sconosciute. La seconda affermazione arriva dopo la soap opera della crisi di governo all’italiana. Di fronte ad un Berlusconi dalla faccia di tolla che ritira la sfiducia strombazzata per  tutto il week end, a Letta compare un sorrisetto catatonico e, in seguito, la roboante dichiarazione nel momento più nero della vita democratica italiana, in cui democrazia è rimasta una parola vuota di contenuto, come tante altre purtroppo, vilipese dal gergo volgare di chi le ha adottate: quel partito che s’è messo l’aggettivo democratico nel nome e quell’ altro che ha abusato di ben due parole, popolo e libertà!

Nelle soap opera accade che il genero si sposi la nuora, che un marito si scopra fratello e che un morto ritorni redivivo. Gli ingredienti ci sono tutti anche nella politica di casa nostra i cui, dopo aver svuotato di significato parole che furono il frutto di un doloroso cammino di emancipazione di un popolo uscito dalla dittatura fascista, si coniano neologismi di dubbio gusto semantico: le larghe intese. L’intesa  è un accordo, un patto,  e c’è o non c’è. Se c’è non è né larga né stretta, ciò che invece possiamo constatare di stretto, in questa scelta politica, è la resa , ossia il risultato.

Dopo mesi di tormentone, (in puro stile soap che significa adulare), della questione sull’Iva, questa ci cade in testa dalla sera alla mattina, senza che nessuno se ne assuma la responsabilità. E guarda  caso succede all’Iva, ovvero alla tassa che indiscriminatamente ricade sui consumi già depressi di ogni cittadino e cittadina. Il risultato di questa vittoria della democrazia, cantata da Letta, non è altro che lo stesso Governo, con la stessa gente, che ha semplicemente virato al centro per non perdere il privilegio di una poltrona che avrebbe potuto essere messa a rischio. Un Governo dominato dal refrain “l’Europa ce lo chiede”, come lo chiedono i poteri forti della finanza mondiale oltre che europea, in cui le parole raffinate  del premier non nascondono la continuità con quelle altrettanto raffinate dell’ex premier Monti e non nascondono la verità di un Paese che si inabissa cantando le proprie lodi.

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