Il rogo che ha devastato la Città della scienza di Napoli pone fine a una delle più interessanti e coraggiose esperienze italiane di diffusione della cultura scientifica e di riuso delle aree industriali dismesse.
Voluta da Vittorio Silvestrini, fisico presso l’Università Federico II e presidente della fondazione Idis, viveva da tempo una vita grama: mancanza di fondi blocco degli stipendi, assenza di prospettive. Un crisi non dovuta alla capacità del progetto di auto sostenersi economicamente.
Eppure era conosciuta in tutto il Paese e all’estero come esempio di eccellenza nel campo della cultura scientifica: una media di 350 mila visitatori l’anno, un museo interattivo, un planetario, un centro congressi, un centro di alta formazione, un’area per mostre d’arte, incubatore di imprese e sede della compagnia teatrale “Le Nuvole”, una delle più importanti in questo settore. Vi lavoravano, in condizioni di grande precarietà ma altrettanto entusiasmo, decine di giovani ricercatori, esperti di comunicazione, animatori scientifici.
Gli edifici distrutti si trovano fronte al mare di Bagnoli, nell’area dell’ex Italsider, e proprio per questo è tra i luoghi-simbolo dei progetti di bonifica e rinascita dell’area industriale
Ricostruire la città della scienza, rilanciarla nel circuito della cultura internazionale, assicurarle solidità per lo sviluppo è un appello rivolto a tutti, in particolare a coloro (individui e istituzioni) che in questi anni hanno parlato di società della conoscenza come fondamento di una peculiarità civile dell’Europa e motore di uno sviluppo economico più equo e sostenibile.
Sarà il banco di prova concreto per i politici – vecchi e nuovi – che hanno al centro dei loro discorsi la cultura. Tanto più significativo nei territori – come il nostro- in cui grandi aree industriale sono da anni in declino.