Attualità
22 Febbraio 2013

Il suicidio dei Verdi e la prevedibile sorpresa di Grillo

di Michele Fabbri | 3 min

Non ci sarà nessuna sorpresa questa sera In Piazza S. Giovanni a Roma. Sarà la cronaca di un successo annunciato. Così come era prevedibile a chi avesse osservato, senza pregiudizio, l’evoluzione del Movimento 5 Stelle in questi ultimi anni.

Sorprende, semmai, che solo ora (e dopo le elezioni siciliane) i partiti – quelli alla “sinistra” di Monti, soprattutto – si pongano il problema in termini di apertura di un possibile dialogo, dopo la fase dell’incomprensione e dell’ostracismo.

Non ci voleva tanto per capire cosa stava avvenendo: la vera forza di Grillo non è scaturita improvvisa dalle recenti nuotate nello stretto di Messina e dai comizi “populisti”, né da una spregiudicata strategia mediatica: è cresciuta in anni di tenaci e ben organizzate battaglie sul territorio (Internet è solo il “veicolo” di questa organizzazione, non la ragione del successo).

Chi avesse ascoltato con attenzione si sarebbe accorto che il radicamento in questi anni è avvenuto soprattutto sui temi ambientali. Affrontati con continuità, competenza, chiarezza e senza compromessi. La lotta feroce e irridente alla casta è il detonare del successo. La vittoria a Parma affonda nella lunga battaglia contro l’inceneritore, condotta dalle migliori energie intellettuali e scientifiche intrecciate con meccanismi di effettiva ampia partecipazione dei cittadini. Non sarebbe bastato il dissesto economico dei conti comunali.

A ben vedere, non ci voleva tanto per capire che lo spazio politico lasciato dal suicidio dei Verdi italiani, sarebbe stato occupato da chi porta avanti quei temi da anni sul territorio.

Nei Paesi avanzati d’Europa l’espressione politica dei Verdi ha superato da tempo le due cifre percentuali. Giusto lo spazio occupato dal Movimento 5 Stelle.

Non ci si è resi conto del fatto che i temi ambientali (totalmente assenti dalla campagna elettorale, nonostante la cronaca dei continui “disastri annunciati”) fanno ormai parte della cultura profonda di un numero ampio e crescente di cittadini e, di conseguenza, si è perduto ogni contatto con questo mondo.

Il suicidio dei Verdi si sta consumando nell’eutanasia dell’abbraccio con partiti improvvisamente uniti da un cartello elettorale, somma di molte vecchie debolezze più che moltiplicazione di nuove idee e di forze. D’altro canto, il Pd, nelle sue componenti “verdi”, elabora deboli “narrazioni pubbliche” di green economy nella prospettiva dello “sviluppo sostenibile”. Incapace e in affannato ritardo con i processi di riconversione economica reale, che non riesce a governare (Polo chimico e turbogas, inceneritore e fonti energetiche alternative sono i macroscopici esempi locali), non si è nemmeno accorto che “sviluppo sostenibile” è –forse – diventato un ossimoro, una contraddizione in termini.

Non sarà – forse- la labile prospettiva della “decrescita felice” a salvarci. Ma, dopo anni, cominciamo a vedere che la green economy non è la felice soluzione della crisi economica e ambientale cara a ai “settori avanzati” degli imprenditori. E ci vuole coraggio, sperimentazione, apertura alle giovani intelligenze, distacco dalla ricerca troppo legata al profitto immediato, gusto della critica, lontananza dal potere quotidiano per immaginare e sperimentare sostenibilità e felicità senza il vincolo monogamico e indissolubile dello sviluppo. Tutta roba che, una volta, era della “sinistra critica”.

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