Prima che la crisi economico-finanziara catalizzasse su di sé quasi tutta la retorica politica, in Italia si parlava molto di valori. In effetti nel nostro Paese per un certo periodo risultò inevitabile concludere che, essendosi dimostrata impraticabile la via di moralizzare la politica, a molti sembrò opportuno tentare di politicizzare l’etica (la triste stagione della Chiesa italiana dominata dalla figura di Camillo Ruini è riconducibile, in buona misura, a questi parametri).
Il vocabolario definisce «valore» ciò che deve essere oggetto di preferenza o di scelta. In effetti anche quando si parla di valori condivisi non ci si sottrae alla componente soggettiva; l’affermazione significa infatti che ognuno ha compiuto una scelta conforme a quella di tutti gli altri. Si condivide una decisione, non un obbligo. Per indicare una dimensione non dipendente dalle scelte valoriali di ciascuno si usano altre parole, per esempio «comandamento o precetto» se si è in un ambito religioso, «dovere» nel contesto di una visione etica di tipo assoluto, «diritto» se si è in una sfera giuridico-politica.
Ci si può chiedere perché, nel lessico ecclesiastico corrente, invece di parlare di diritti inalienabili si sia optato per un inedito discorso relativo ai valori non negoziabili. Quando si definiscono inalienabili alcuni diritti, si è consapevoli che altri sono considerati alienabili. Per coerenza ciò dovrebbe applicarsi anche al discorso sui valori: se alcuni sono giudicati non negoziabili, altri vanno ritenuti soggetti a contrattazione, il che suona peraltro un po’ strano.
Nel suo ultimo discorso alla Curia romana (21 dicembre 2012) Benedetto XVI ha affermato: «Nel dialogo con lo Stato e con la società, la Chiesa certamente non ha soluzioni pronte per le singole questioni. Insieme con le altre forze sociali, essa lotterà per le risposte che maggiormente corrispondano alla giusta misura dell’essere umano. Ciò che essa ha individuato come valori fondamentali, costitutivi e non negoziabili dell’esistenza umana, lo deve difendere con la massima chiarezza. Deve fare tutto il possibile per creare una convinzione che poi possa tradursi in azione politica».
Non avere soluzioni pronte mette al riparo Ratzinger da un rigido integrismo; considerazioni analoghe valgono per la lotta condotta assieme ad altre forze sociali. Tuttavia rimane lo scoglio di un’individuazione unilaterale di «valori fondamentali» giudicati non negoziabili. Perché non parlare di impegno votato alla ricerca di valori condivisi? Perché non accettare di parlare di diritti umani? Con tutti i loro limiti, riferirsi a «diritti» e a «doveri» appare civilmente e politicamente più consono che appellarsi ai valori. Almeno per l’Italia ciò corrisponderebbe maggiormente anche al dettato costituzionale.
Di tutto ciò parleranno il teologo morale p. Luigi Lorenzetti e la dott.sa Lina Pavanelli, introdotti dal sottoscritto, venerdì prossimo 25 gennaio alle ore 17 nella saletta dell’Istituto di Storia Contemporanea in vicolo S. Spirito.