Sul podio della classifica delle parole più ricercate su Google nell’anno 2012 (recentemente pubblicata in Google Zeitgeist 2012), al terzo posto c’è “Dalla”. Ma la prima e seconda posizioni sono occupate, rispettivamente, da “Terremoto” e “INGV” (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, massima autorità scientifica nazionale per gli eventi sismici).
Il termometro della ricerca di informazioni in Rete segnala dunque altissima temperatura per il terremoto e per chi fornisce informazione scientifica in proposito. Ma la risposta è fredda, e una volta spenti i riflettori sulle notizie della catastrofe, il silenzio si è fatto assordante.
Esattamente il contrario di quanto dovrebbe accadere in queste situazioni.
Anche nella nostra città. La tendenza è rimuovere, far finta che tutto sia finito, che ce la siamo cavata, e che la ricostruzione è quasi avvenuta. Non è così.
I cittadini vogliono sapere. Da soli, davanti alla tastiera. Quando possono, esprimendo angosce irrisolte, come fanno i ragazzi a scuola nelle pagine consegnate ai docenti disposti ad ascoltare.
Non si dicono a sufficienza cose importanti: che a Ferrara “il terremoto non c’è stato” (i terremoti del 20 e 29 maggio dipendono dall’attivazione di altre faglie, e quella sotto la nostra città non ha “scaricato” l’energia che si va accumulando dagli eventi precedenti, storicamente documentati). Non si dice che cosa si sta facendo per trovarci preparati a scosse simili, e come ci si dovrà comportare (se c’è un piano di emergenza e di evacuazione, e come lo si deve mettere in pratica).
Non si sa con la precisione sufficiente (e oggi tecnicamente possibile) la natura dei terreni su cui sono edificate le nostre abitazioni (la microzonazione deve essere disponibile per i cittadini e per i tecnici che si occupano della risposta degli edifici alle scosse). Strutture strategiche come il Polo chimico e il nuovo ospedale sono, da questo punto di vista, un’angosciosa incognita per i cittadini. Iniziative di partecipazione di stampo mediatico servono a nulla, e tranquillizzare in questa situazione di comunicazione genera solamente sfiducia nelle autorità e sospetto (come insegnano, da anni, tutti i casi di rischio ambientale e della salute).
La prevenzione è l’unica risposta ai terremoti. Non c’è prevenzione efficace senza comunicazione.