Indiscusso
15 Ottobre 2012

Le “Grandi mamme” multiutility

di Marzia Marchi | 3 min

Stanno cercando di farla veramente grande la nuova “grande mamma”, multitasking come sono le vere mamme, che sanno fanno fare di tutto. Così le ex municipalizzate specializzate nei singoli servizi pubblici sono già diventate multiutility, che poi significa semplicemente multiservizi (dal gas all’acqua, dai rifiuti alla elettricità, dalla gestione del verde a quella dei funerali…)  ma ora il progetto è quello del GUI, Grande Utility Italiana, una sorta di mostro multiservizi del nord con ramificazioni sul centro!

Tutto rigorosamente “pubblico”, ovvero 51% di proprietà azionaria in mano ai comuni gestito dal FSI, il Fondo sociale italiano, costituito con i fondi della Cassa depositi e prestiti, che in passato era sì pubblica ma oggi lo è solo nominalmente, essendo divenuta a sua volta Spa e come tale soggetta alle norme di  diritto privato.

Il processo è iniziato come la fusione delle ex municipalizzate emiliano-romagnole in Hera, che oggi sta fondendosi con Acegas Aps sua omologa di Padova e Trieste. A ovest le ex municipalizzate davano vita ad Enia e Iride,  poi fuse in Iren Spa che ha in corso un progetto “di matrimonio” con A2A di Milano e parte della Lombardia. Se il progetto GUI diventasse reale ci ritroveremmo in una situazione di monopolio di tutti quei servizi che una volta si chiamavamo pubblici e che ci siamo conquistati come tali con grande fatica appena nell’immediato secondo dopoguerra.

Quanto di pubblico ci può essere in un’azienda Holding quotata in Borsa che agisce in regime di monopolio su mezza Italia? Quanta possibilità ha il nostro Comune di intervenire  sulla gestione del Consiglio di amministrazione con una quota azionaria che già al 31 dicembre del 2011 era soltanto dell’O,6% (la quota minore in assoluto tra i capoluoghi di provincia)? Il vero intereresse diventa allora quello di affidare alla “grande mamma” quante più persone può far comodo secondo un sistema di clientelismo e familismo che si biasimava nelle ex municipalizzate e che ora appare centuplicato in virtù dei nuovi grandi numeri multiutility!

La mancata attuazione del secondo quesito del referendum sull’acqua, che chiedeva l’eliminazione della remunerazione del capitale investito (leggi profitto) nella formulazione della tariffa, dimostra che, nonostante la indiscutibile vittoria politica e le reiterate sentenze della Corte Costituzionale, il potere contrattuale di cittadini è nullo di fronte a questi colossi, teoricamente pubblici.  In Romagna, i consigli comunali (delegati ad approvare la fusione) di Rimini e Forlì’ qualche dubbio l’hanno avuto e non hanno approvato così come tanti piccoli comuni del modenese e del bolognese che evidentemente si stanno rendendo conto di alienarsi un servizio pubblico ma a Ferrara … l’IDV che sta nella maggioranza vota contro e l’assessore IDV resta al suo posto! Intanto la gestione dell’acqua, bene fondamentale alla vita, è sempre più privata!

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