“Umano troppo umano” ed io aggiungerei per questa volta meravigliosamente umano. Un tuffo senza salvagente nella realtà, il nuovo film di Garrone, dove lo spettatore ansima insieme all’attore protagonista, Luciano il pescivendolo nel film, Aniello Arena (spettacolare) nella vita.
Ansima e trattiene il respiro, tifando inconsciamente per un riscatto che non arriva mai, un sogno che si addormenta nella follia.
“Siamo tutti spiati”, “Dentro quella casa io ci devo andare, io”, queste parole si ostina a ripetere pietosamente Luciano, accompagnato da un coro che gli ricorda il suo essere “personaggio”, credendo in buona fede di sostenerlo, lo accompagna invece, giorno dopo giorno, dentro il vortice dell’illusione.
Approdo inevitabile la disperazione.
Spettacolare la risata con cui il regista si congeda dal pubblico, ben consapevole di avere creato con grande maestria una solidarietà tra il pubblico sensibile e attento rispetto a quella lunga attesa di Luciano.
Sembra ridere di noi e alla fine con noi…Che cosa potrebbe essere più terapeutico dell’ironia, arte della dissimulazione, per risvegliarsi e pensare che quello che siamo restiamo e che quando ci si ostini a cercare un involucro che non è il nostro, inevitabile sarà lo scacco nella migliore delle ipotesi?
La peggiore?
Disperazione senza via di ritorno.
Da vedere