Poggio Renatico
28 Maggio 2012
Venne fatto ricostruire nel 1946 da Evaristo Manservisi in memoria del figlio. Voci di paese raccontano il perché

Terremoto e leggende: il campanile di Poggio

di Mauro Alvoni | 4 min

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Poggio Renatico. Se lo si osserva bene appare sproporzionato rispetto alla chiesa a cui è collegato. Non solo per  essere stato eretto, anzi rifatto, in epoca più recente. E in effetti un campanile di ‘solo’ sedici metri, quello della chiesa di Poggio Renatico dedicata a San Michele Arcangelo, pone qualche interrogativo. L’ipotesi più razionale è che si sia voluta fermare la sua costruzione a quell’altezza per evitare che l’eccessivo peso facesse sprofondare la struttura, dato che il terreno su cui sorge risulterebbe poco stabile. Ma c’è un’altra ipotesi, più suggestiva e poetica, legata a quella che potrebbe essere anche una leggenda e che renderebbe il probabile abbattimento del campanile, quasi irrimediabilmente danneggiato dal sisma del 20 maggio, una sorta di tragedia nella tragedia.

Sopra il portone del campanile, infatti, è ben visibile la lapide con la dedica che nel 1946 fecero i genitori al figlio morto, Luciano Manservisi, al quale dedicarono la costruzione della parte superiore del campanile. Sopra la lapide è riportata anche la foto del giovane. Ebbene, quando morì Luciano aveva 16 anni, corrispondenti all’altezza del campanile. E c’è chi dice in paese che non si tratterebbe di una coincidenza. I genitori Anna ed Evaristo, ma in particolare il padre Evaristo, fecero ricostruire il campanile danneggiato dagli eventi bellici proprio in memoria del figlio.

Il campanile della chiesa lesionato dopo il terremoto

Pare che proprio Evaristo Manservisi, il padre, possedesse una fortuna e che l’avesse devoluta in gran parte in beneficenza e per erigere edifici a Poggio Renatico. A lui si dovrebbe la costruzione dell’asilo del paese, in via XX Settembre, ora divenuto casa protetta per anziani, nonché la realizzazione di due case adiacenti dalle caratteristiche architettoniche singolari, che ancora si possono ammmirare in via Segadizzo nei pressi della ferrovia. Una delle due case riporta una lapide con la scritta “Casa del fringuello accecato”. Anche questa dedica avrebbe un significato preciso.

Ed ecco la leggenda. Una storia tramandata di bocca in bocca, forse ingigantita all’inverosimile o forse, chissà, con un consistente fondo di verità. Una storia che qualcuno a Poggio Renatico ancora racconta e che riaffiora in questi giorni in cui la terra continua a tremare. Seconda tale leggenda alla fine della guerra i tedeschi in fuga passarono anche da Poggio. Fu una fuga precipitosa, durante la quale furono costretti ad abbandonare lungo il tragitto molte cose superflue e ingombranti per la ritirata. Fra le cose che i tedeschi abbandonarono a Poggio, lanciandole nel Reno, pare vi fosse anche una cassa contenente oro, o forse denaro o preziosi. Il gesto dei tedeschi in fuga non passò inosservato a Evaristo Manservisi, che nottetempo si recò sulle sponde del Reno assieme a figlio. Con una corda assicurò il sedicenne e lo calò nelle acque del fiume, in quel momento tranquille e in secca, alla ricerca della preziosa cassa. Cassa che il figlio Luciano trovò e recuperò assieme al suo misterioso contenuto. Purtroppo però il bagno nel Reno procurò al giovane una broncopolmonite che lo portò in breve tempo alla morte.

La leggenda vuole che il rimorso del padre fu tale da indurlo appunto a impiegare quella fortuna recuperata dal figlio al prezzo della vita in opere a favore del paese di Poggio Renatico, tra cui appunto la ricostruzione del campanile, dell’asilo-casa protetta e della doppia casa. Il riferimento al “fringuello accecato” nella lapide di una delle due abitazioni, non sarebbe altro che una frase che il padre avrebbe rivolto a sé stesso, accecato dalla brama di denaro e ricchezza.

La lapide del campanile

Che si tratti di una storia vera o di una vicenda che la gente del paese ha nel tempo trasformato, di certo è che ancora oggi è ben leggibile la dedica al figlio sulla lapide del campanile: “Luciano il tuo babbo la tua mamma s’abbassarono in terra per innalzarti in cielo a tua memoria ai secoli innalzarono. I genitori Anna Evaristo Manservisi. Poggio Renatico 7 ottobre 1946”. Lapide e foto del povero Luciano non dovrebbero comunque essere toccate. L’orientamento, dopo i danni provocati dal sisma, sarebbe infatti quello di ricostruire ciò che è possibile ricostruire. Così vale per la torre dell’orologio del Castello Lambertini, che secondo tale logica conservativa potrebbe tornare a svettare riutilizzando lo stesso materiale crollato. E così dovrebbe essere anche per il campanile della chiesa, del quale si manterrebbe la base, di epoca meno recente e non lesionata, per abbattere e ricostruire invece tutta la parte superiore. La memoria di Luciano e la volontà dei suoi genitori in questo modo non verrebbe violata nonostante le ferite provocate dal terremoto.

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