Combattenti per la verità. Anas al-Sharif e i suoi colleghi, una strage avvolta nella menzogna
La strage di giornalisti a Gaza per assassinare la verità
La strage di giornalisti a Gaza per assassinare la verità
Una lezione di disinformazione: come la propaganda del governo israeliano rovescia la realtà dei fatti per negare il genocidio in atto
Le immagini dei bambini di Gaza ricordano quelle dei bambini del Biafra e di Auschwitz
Francesca Albanese: il genocidio a Gaza non si è fermato perché è redditizio per troppe persone. È un business
"Si impone, subito, il cessate il fuoco. I Palestinesi hanno diritto al loro focolare entro confini certi".
vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi
Questa inchiesta è opera dei giornalisti israeliani Yarden Michaeli e Nir Hasson; è stata pubblicata sul quotidiano israeliano Haaretz il 21 agosto 2025. Contiene immagini dei bambini di Gaza che potrebbero impressionare la vostra sensibilità. Il testo è lungo quanto l’orrore delle testimonianze documentate. La responsabilità della traduzione è mia; ho tradotto “starvation” il più delle volte con “denutrizione”, perché più chiaro e preciso rispetto a “fame”; ho mantenuto i link originali all’interno del testo. Verrà un giorno in cui, a Norimberga o, meglio ancora, a Gerusalemme, tutto questo servità per provare i crimini di genocidio e contro l’umanità, e dare ai loro criminali responsabili la giusta punizione.
Nelle ultime settimane abbiamo parlato in video con i medici della Striscia di Gaza. Attraverso visite virtuali alle strutture mediche, abbiamo cercato di documentare la situazione in cui migliaia di bambini soffrono di malnutrizione acuta grave. Ciò che abbiamo visto è stato di proporzioni catastrofiche.
Bayan Saqer è sdraiata su un letto. Sua madre la sostiene, tenendole la testa. Ha 10 anni, è molto magra, fragile e debole. Il suo corpo è inerte. Pesa 17 chilogrammi.
“Questo è il peso di un bambino di 4 anni”, afferma il dottor Ahmed al-Farra, direttore del reparto pediatrico di Ospedale Nasser a Khan Yunis, nella Striscia di Gaza. “Non soffre di nessuna malattia, solo di malnutrizione”. Due mesi fa pesava 24 chilogrammi, racconta la madre della bambina.
Il dottor al-Farra mostra le costole sporgenti di Bayan e le sue mani scarne. Lei gli stringe la mano e riesce a sedersi durante l’esame, ma i suoi occhi sono spenti. Lui le chiede di dire qualcosa; lei deve sforzarsi per pronunciare il suo nome. Durante la nostra conversazione emerge che il padre di famiglia è statpo ferito all’inizio della guerra e ha perso una gamba. Procurarsi del cibo è diventato un’impresa impossibile.
“Non c’è cibo”, dice la madre, “e anche se ci fosse, non abbiamo soldi per comprarlo”.
Lunedì scorso abbiamo avuto un incontro virtuale con al-Farra e i suoi pazienti tramite una videochiamata. Nelle ultime settimane, abbiamo cercato di documentare l’aspetto della fame a Gaza, per testimoniare la gravità della situazione con i nostri occhi. Israele non consente ai giornalisti nella Striscia, ma tramite video è stato possibile effettuare in tempo reale visite online di ospedali e cliniche.
Per questo articolo abbiamo condotto quattro di queste visite, in luoghi diversi, e abbiamo avuto conversazioni separate con altri 12 medici, 10 dei quali volontari provenienti da Stati Uniti e Gran Bretagna, che si trovano attualmente nella Striscia di Gaza o vi sono stati di recente. Ciò che abbiamo visto lì non ha lasciato spazio a dubbi sulla portata dell’orrore.
La visita all’ospedale Nasser, nella parte meridionale di Gaza, è durata circa un’ora. Al-Farra passava da un letto all’altro, mentre un altro membro del personale ospedaliero teneva la telecamera. Abbiamo visto bambini i cui corpi erano degradati dalla denutrizione, con le ossa sporgenti. I loro capelli erano ingialliti o caduti, i loro volti erano rugosi e gli addomi gonfi. I loro corpi erano inerti; molti avevano segni sulla pelle. Alcuni sembravano completamente apatici.
Grazie a questa e ad altre nostre visite in video, nonché alle conversazioni con medici e membri di organizzazioni umanitarie, siamo riusciti a documentare le condizioni attuali e, quando possibile, la storia clinica di circa 50 bambini (e alcuni adulti) che soffrono di grave malnutrizione acuta.
È stato impossibile ottenere informazioni affidabili su circa la metà dei bambini, a causa del caos che regna nella Striscia. In 27 casi, tuttavia, le nostre conversazioni con medici e familiari e il personale che lavora presso diversi enti ufficiali a Gaza hanno rivelato un quadro più chiaro: diciassette giovani erano peggiorati fino a raggiungere uno stato di grave malnutrizione senza patologie preesistenti; 10 soffrivano di malattie pregresse.
A questo punto è necessario dire due cose sulle condizioni di salute preesistenti. In primo luogo, abbiamo scoperto che i disturbi medici che abbiamo riscontrato erano il risultato delle catastrofiche condizioni di vita nella Striscia negli ultimi 22 mesi, oppure si erano aggravati seriamente a causa della denutrizione. In secondo luogo, i medici con cui abbiamo parlato hanno ripetutamente chiarito che, anche per le persone già malate, la malnutrizione acuta grave non è inevitabile.
Dalle nostre conversazioni è emerso un fatto semplice: chiunque affermi che le immagini della denutrizione nella Striscia di Gaza siano il risultato di gravi malattie genetiche o di altro tipo, e non dovute a una grave carenza di cibo, mente a se stesso.
La maggior parte delle fotografie che accompagnano questo articolo sono state scattate su nostra richiesta, alcune durante le visite virtuali o più o meno nello stesso periodo. Altre sono state scattate da fonti autorizzate affiliate a organizzazioni umanitarie internazionali. Un ulteriore gruppo è stato scattato dai medici stessi, in modo da preservare dati precisi relativi all’ora e al GPS. Haaretz ha esaminato le informazioni che accompagnano le immagini per comprovarne l’affidabilità.
1. Un bambino fotografato al Patient Friends Association Hospital da un volontario dell’UNICEF. 2. Sham Qadeeh, 2 anni, pesa 4,4 chilogrammi. Soffre di una malattia metabolica che richiede un’alimentazione speciale, non facilmente reperibile nella Striscia. Fotografata una settimana fa al Nasser Hospital di Khan Yunis. 3. Una ragazza fotografata a fine luglio al Patient Friends Association Hospital da un rappresentante dell’UNICEF.
Il nostro rapporto investigativo cerca di dare un volto alle persone dietro i dati, ad oggi: più di 270 morti per denutrizione; circa 2.000 persone uccise a colpi d’arma da fuoco mentre cercavano di procurarsi del cibo; migliaia di bambini di età inferiore ai 5 anni soffrono di grave malnutrizione acuta; decine di migliaia di bambini nella stessa fascia d’età soffrono di malnutrizione acuta; e più di mezzo milione di persone sono costrette a trascorrere intere giornate senza mangiare.
“La carestia è ovunque, riguarda tutti”, afferma il Dott. Travis Melin, anestesista statunitense attualmente volontario presso l’Ospedale Nasser. “Quando addormento qualcuno per un intervento chirurgico, la situazione è molto evidente, perché sono nudi e addormentati. È facile contare le costole dall’altra parte della stanza, si vede chiaramente l’osso pelvico, i vasi sanguigni periferici sono ben visibili, così come la piccola quantità di muscolo rimasta, poiché non c’è più grasso che oscuri queste strutture corporee. Ero a Gaza anche un anno fa, e tutte le persone che ho incontrato ora sono notevolmente più magre, quasi irriconoscibili. Siamo ormai molto in ritardo in questo processo”.
***
Tornando al Nasser, vediamo Asil Hamad che, quando è nata tre mesi fa, pesava 3,5 chili. Da allora è aumentata di peso solo di 400 grammi. Ad Hamad non è stata diagnosticata alcuna malattia. Dal racconto di sua madre, il motivo del suo basso peso è chiaro: “Avevo provato ad allattarla, ma stavo anche morendo di fame”.
La dottoressa al-Farra spiega che la madre voleva comprare il latte artificiale, ma i prezzi erano alle stelle. Un venditore chiedeva non meno di 100 dollari per una lattina.
Al-Farra chiede all’operatore sanitario che lo accompagna di puntare la telecamera sulla piccola Asil. La sua magrezza è innegabile; i suoi occhi sembrano grandi rispetto al viso, la sua pelle è giallastra e la sua testa è ricoperta di capelli arruffati punteggiati da chiazze calve. Il medico ci mostra le costole sporgenti, le gambe sottili e il ventre gonfio sotto i vestiti della bambina. Soffre anche di un’infiammazione cutanea acuta: grandi macchie rosse, quasi color sangue, le ricoprono il corpo. Al-Farra spiega che quest’ultima condizione è dovuta alla diarrea causata dalla malnutrizione e dalla carenza di pannolini, che aggrava la situazione.
4. Maryam, 9 anni, fotografata una settimana fa da un membro dello staff delle Nazioni Unite al Rantisi Hospital. Non si conoscono patologie pregresse. 5. Baraa, 3 mesi, fotografata al Patient Friends Association Hospital da un rappresentante dell’UNICEF. 6. Una bambina fotografata a fine maggio al Nasser Hospital dal Dott. Graeme Groom, un medico volontario del Regno Unito.
Nel letto di fronte giace un neonato dai capelli rossi di nome Amer Issa al-Masri. Solo che Amer non è davvero un rosso. Come in molti casi che abbiamo visto, la denutrizione ha alterato il suo colore originale dei capelli. È nato cinque mesi fa. Pesava 4,6 chili – una taglia superiore alla media – ma ora pesa solo 4 chili. Amer giace inerte sul suo letto d’ospedale, con gli occhi aperti ma totalmente indifferente a ciò che accade intorno a lui. I suoi arti sono minuscoli; sembra che non sia in grado di muoverli.
Sua madre racconta ad al-Farra che ha provato ad allattarlo al seno ma non aveva abbastanza latte. Quando il latte artificiale è diventato troppo costoso, ha comincioato a dargli da mangiare amido sciolto in acqua.
“Ha calorie”, afferma il Dott. Michal Feldon, pediatra israeliano di alto livello, “ma a parte questo, non ha alcun valore nutrizionale. Non ha nulla: né vitamine, né proteine, niente. È impossibile riprendersi da cinque mesi di carenza di cibo a quell’età. I bambini che subiscono una cosa del genere hanno cervello è distrutto. Anche quelli che sopravvivono soffriranno di grave ritardo mentale”.
Anche Amer soffre di un’infiammazione cutanea acuta, ha lo stomaco gonfio e le costole sporgenti. “Non soffre di alcuna malattia, a parte una grave malnutrizione acuta”, afferma il dottor al-Farra. Pizzica la pelle del bambino durante l’esame, poi si rivolge a noi: “È solo la pelle sopra le ossa. Il corpo digerisce i muscoli e il grasso”.
Un altro paziente nella stessa stanza è Sadin al-Najar, 9 anni, anche lei emaciata. I suoi occhi sono tristi, il suo le gambe sono paralizzate, le viene inserito un tubo tracheale nella trachea, creando un’apertura per l’inserimento di un dispositivo di ventilazione, di cui non ha ancora bisogno.
I medici ritengono che la paralisi di Sadin sia stata causata da un virus simile alla poliomielite, la cui origine è probabilmente dovuta alle acque reflue che scorrono liberamente tra le vaste tende degli sfollati di Gaza. “Prima della guerra c’era un caso come questo all’anno”, afferma la dottoressa al-Farra, “ma ora ce ne sono 100”. Da parte sua, la dottoressa Feldon spiega che non esiste alcun vaccino contro il virus in questione e che, se dovesse scoppiare un’epidemia, questa probabilmente si diffonderebbe anche al di fuori della Striscia.
7. Un ragazzo fotografato a fine maggio al Nasser Hospital dal Dott. Groom. 8. Raad, 55 anni, pesa 50 chilogrammi. Fotografato una settimana fa al Nasser Hospital da un membro dello staff delle Nazioni Unite. Soffriva di polmonite. 9. Bayan Saqer, 10 anni, pesa 17 chilogrammi. Prima della guerra, pesava 25 chilogrammi. È stata fotografata una settimana fa all’ospedale Nasser. Non risulta che abbia patologie pregresse.
Sadin soffre di grave malnutrizione acuta. Pesa 20 chili, circa 10 chili in meno del dovuto. Mentre la visitiamo, vediamo le ossa della sua colonna vertebrale sporgere in modo anomalo; anche la sua pelle è a chiazze.
Al-Farra racconta di aver consultato alcuni medici di Harvard, i quali gli hanno detto che se il virus si sta già diffondendo, ciò non è dovuto solo alle condizioni sanitarie, ma anche alla carenza di vitamine e a un sistema immunitario indebolito causato da uno stato di malnutrizione.
Prima di entrare nella stanza successiva, la dottoressa al-Farra chiede alle madri presenti di mostrarci le foto dei loro figli prima che iniziassero a perdere peso. Bayan sembra una bambina in salute, con indosso una maglietta con l’immagine di un unicorno volante; Asil, con una folta chioma, è vista dormire; e Sadin è una ragazza carina e in salute che tiene in mano una corona di fiori rossi.
La telecamera si sposta nella stanza accanto. Sdraiata su un letto, sotto un grande dipinto dell’Ape Maia, c’è Sham Qadeeh, una bambina minuscola in condizioni orribili. Ha 2 anni e pesa solo 4,4 chili. Sham era nata poco prima dello scoppio della guerra, con un peso normale. Ora ha l’addome gonfio, le gambe a forma di fiammifero sono storte, le ossa sporgono, il cranio è visibile sotto la pelle, gli occhi sono vitrei e i denti sono caduti. Ha il viso di una persona anziana.
Al-Farra racconta che il padre di Sham gli aveva detto che non erano riusciti a trovare un sostituto del latte per lei. “Come puoi vedere, è in una situazione miserabile”, dice il medico. “Piange sempre, soffre sempre”.
10. Una bambina di 14 mesi affetta da paralisi cerebrale che ha anche problemi di deglutizione. Fotografata alla fine di luglio al Nasser Hospital da Saira Hussain da una dottoressa del Regno Unito 11. Ayad, 16 anni, è stato colpito mentre cercava di procurarsi del cibo in un centro GHF e soffre di malnutrizione. È stato fotografato all’ospedale Nasser da un membro dello staff delle Nazioni Unite. Non si conoscono patologie pregresse. 12. Un neonato fotografato alla fine di maggio al Nasser Hospital dal dottor Groom.
Il medico osserva che depressione e malinconia sono chiari sintomi medici di malnutrizione: “Se guardi i bambini, ti accorgi che sono tutti tristi. Guarda, guarda i loro volti. Sono sempre irritabili, ansiosi, piangono sempre. Quando piangono, piangono debolmente”.
Sham soffre di una malattia metabolica che colpisce il suo apparato digerente, ma secondo il dott. Feldon, un caso di peggioramento acuto come questo testimonia una grave carenza di cibo. “Anche in Israele ci sono varie malattie, ma non vediamo mai bambini in queste condizioni. Non c’è nulla che gli assomigli”.
La madre di Sham ci mostra una fotografia del periodo precedente alla carestia nella Striscia, in cui la bambina appare sana e sorridente, con gli occhi scintillanti. Ma ora sta lottando per la vita, sottolinea Al-Farra. Se non riceverà presto cure mediche fuori da Gaza, non sopravviverà.
***
Siamo tornati per un’altra visita virtuale dell’Ospedale Nasser qualche giorno dopo, questa volta in un reparto di medicina interna. Le nostre guide erano un rappresentante delle Nazioni Unite e un medico locale. Durante questa visita, tre pazienti sono stati ripresi in video. Una di queste era Duah, una donna di 25 anni che pesa 31 chili. Soffre del morbo di Crohn, una condizione che si è aggravata notevolmente perché il cibo speciale di cui ha bisogno non è reperibile a Gaza. Duah indossa diversi strati di vestiti ed è avvolta in una coperta. A causa del sovraccarico di pazienti nel reparto, è sdraiata sul pavimento.
Un altro paziente nel reparto è Hamed, un ragazzo di 14 anni che ora pesa 30 chili, dopo averne persi 10. Non ha patologie pregresse. Vediamo anche Ayad, che ha 16 anni. Durante uno dei suoi tentativi di procurarsi del cibo in un centro di distribuzione gestito dalla Gaza Humanitarian Foundation, è stato colpito da un colpo di arma da fuoco – un evento di routine nei siti GHF. Precedentemente considerato sano, soffre di malnutrizione e le sue ossa sono sporgenti.
Più avanti, durante il nostro tour virtuale, veniamo a conoscenza di Othman, anche lui colpito da un colpo d’arma da fuoco in un centro di distribuzione di aiuti, paralizzato al lato destro e con una grave ferita alla testa. Anche il suo corpo è devastato da una grave malnutrizione acuta.
13. Un uomo di 30 anni fotografato circa una settimana fa all’ospedale Nasser da un membro dello staff delle Nazioni Unite. 14. Un bambino di 11 anni fotografato alla fine di luglio all’ospedale Nasser dal dottor Hussain. Non si conoscono patologie preesistenti. 15. Un bambino sottoposto a visita medica presso un centro medico nel Striscia di Gaza meridionale. Fotografato questa settimana.
Quando viene diagnosticata tra adulti e adolescenti, la denutrizione scatena un allarme particolare: i bambini piccoli che sono ancora in fase di crescita e sviluppo sono di gran lunga più sensibili alla denutrizione, ma la comparsa di malnutrizione fra gli adulti probabilmente attesta l’intensità della crisi umanitaria.
Nel complesso, la crisi nella parte settentrionale della Striscia sembra essere più grave rispetto alle aree meridionali, come emerge chiaramente dalle conversazioni con medici volontari in diverse località, nonché dalla documentazione giunta ad Haaretz dall’ospedale Shifa di Gaza City.
Il dottor Waqas Ali è arrivato da Dallas, Texas, per fare volontariato e ora lavora nella parte settentrionale di Gaza.
“È molto evidente quando li guardi, sembrano emaciati e si possono vedere le loro articolazioni come la parte più spessa delle loro gambe”, dice dei giovani pazienti. “Molto magri. C’è solo pelle, non c’è grasso. I pazienti, quando parli con loro, iniziano a chiedere cibo. C’è bisogno di un afflusso di cibo per compensare la carenza”.
“Molte delle persone che ho curato erano molto malnutrite”, afferma la dottoressa Nour Sharaf, medico di medicina d’urgenza, anche lei originaria di Dallas, che ha svolto attività di volontariato presso Shifa, ma che nel frattempo è tornata a casa. “Non avevo bisogno di esami di laboratorio per dimostrarlo, potevo percepirlo semplicemente toccando i pazienti. Molti dei bambini che curavo sembravano così malnutriti da sembrare molti più giovani di quanto non fossero in realtà. Quindi, un bambino di 15 anni per me ne avrebbe avuto 10 o 11. Non è normale”.
Sharaf spiega che prima di recarsi nella Striscia, le è stato consigliato di preparare del cibo per sé: “Mi avevano detto: non limitarti a un paio di barrette proteiche, porta con te abbastanza cibo per le due settimane che trascorri lì, perché non troverai cibo. È stato difficile per me capirlo finché non sono arrivata lì e ho capito che in realtà la situazione era 10 volte peggiore di qualsiasi cosa avessi mai potuto immaginare. Non ho patologie preesistenti. Sono una persona molto sana. Ho perso 4,5 chili in due settimane. Per una persona media Eè molto peso perso in un lasso di tempo così breve. Se fossi rimasta lì per due anni, quanto peso avrei perso? Queste persone convivono con queste patologie da due anni e infatti molte di loro sono molto deboli”.
A quindici minuti di auto da Shifa si trova l’ospedale arabo al-Ahli. Un altro residente di Dallas, il dottor Irfan Ali, anestesista ed esperto nella gestione del dolore, che presta volontariato lì, ha condotto una videochiamata con Haaretz.
“Ieri abbiamo operato un bambino di soli 15 o 16 mesi”, ci racconta. “È stato ferito da una scheggia. Non ha perso molto sangue a causa della ferita. La cosa sorprendente è che quel bambino, che dovrebbe essere sano, aveva solo un’emoglobina di 6,1, mentre l’emoglobina normale è almeno intorno a 12. E c’è una sola ragione per cui quel bambino ha un’emoglobina di 6: la malnutrizione estrema.”
Questa è la terza volta che Ali fa volontariato nella Striscia.
“Quello che ho visto in sala operatoria è che questi bambini affamati non hanno alcuna riserva”, afferma. “Questi ragazzi si scompensano così rapidamente che non puoi nemmeno immaginare. Porti qualcuno in sala operatoria e per il resto sembra a posto. E poi, non appena inizi, o perdono l’ossigeno a livelli molto bassi o la loro pressione sanguigna scende di molto. E credo che la causa sia la grave malnutrizione acuta”.
16. Il Dott. Ahmed al-Farra con Saleh Barbakh, 11 mesi, del peso di 3,5 chilogrammi. Fotografato a fine luglio all’Ospedale Nasser. Non si conoscono patologie pregresse. 17. Un bambino fotografato due settimane fa all’Ospedale Shifa dal Dott. Waqas Ali, un medico volontario statunitense. 18. Un ragazzo fotografato due settimane fa all’ospedale Shifa dal dottor Ali.
***
I medici che lottano per la vita dei pazienti affamati di Gaza lavorano in un sistema sanitario completamente decimato. Quasi tutti gli ospedali sono stati danneggiati dagli attacchi durante la guerra. Alcuni hanno smesso di funzionare. Devono affrontare una carenza cronica di farmaci e attrezzature, non hanno abbastanza carburante per far funzionare il loro sistema di energia elettrica e il loro personale è sotto un’enorme pressione, ulteriormente aggravata dagli eventi con vittime di massa, frequenti nella Striscia.
Gli ospedali rappresentano l’ultima linea di difesa per i bambini (e gli adulti) che soffrono di una grave carenza di cibo. Prima di arrivare lì, i più piccoli vengono curati nei centri di stabilizzazione sanitaria, una rete di decine di strutture gestite dalle Nazioni Unite o da altre organizzazioni internazionali che si prende cura di pazienti in vari stadi di malnutrizione.
Domenica scorsa abbiamo visitato un centro sanitario gestito dall’UNWRA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, nel campo profughi di Nuseirat, nella Striscia di Gaza centrale. Durante la nostra visita virtuale, abbiamo contato almeno 13 madri con neonati in sala d’attesa. Le condizioni dei neonati erano migliori rispetto a quelle dei loro coetanei ricoverati in ospedale. Ciononostante, in alcuni di loro erano evidenti segni di malnutrizione: pelle secca e chiazzata, arti sottili e capelli radi con segni di calvizie.
Le attrezzature e le condizioni del centro sono molto basilari; infatti, i bambini non vengono nemmeno pesati. Un’infermiera misura la circonferenza della parte superiore delle loro braccia con un metro a nastro, una tecnica comune nei paesi sottosviluppati. Se il risultato è inferiore a 12 centimetri (4,7 pollici), apparentemente indipendentemente dall’età, il bambino entra in un programma di stabilizzazione che include alimentazione nutrizionale e visite di controllo.
Durante il nostro tour incontriamo Lian, una bambina di 7 mesi; la circonferenza del suo braccio è di 11,1 centimetri. Questa è la sua quarta visita alla struttura dell’UNWRA e le sue condizioni non stanno migliorando. Sua madre racconta che suo marito è stato arrestato dall’esercito israeliano sei mesi fa e si trova detenuto nella prigione di Ofer, vicino a Ramallah, in Cisgiordania.
19. Mohammed, 3 mesi, è stato fotografato a fine luglio al Patient Friends Association Hospital da un rappresentante dell’UNICEF. 20. Huda Abu Najah, 12 anni, fotografata questa settimana al Nasser Hospital da un medico. Non si conoscono patologie pregresse. 21. Maryam, 2 anni, pesa 5 chilogrammi. Fotografata a inizio giugno al Nasser Hospital da un rappresentante dell’UNICEF. Non si conoscono patologie preesistenti.
“Non c’è modo di nutrire tutti i bambini come si dovrebbe. Ieri non ho mangiato”, racconta. “Alcune brave persone mi hanno dato un pasto cucinato, ma ho preferito darlo ai miei figli”.
Abdel Rahman, il neonato successivo ad essere visitato, è in condizioni peggiori rispetto agli altri ricoverati nel centro sanitario. È estremamente magro, ha la pancia gonfia, le costole sporgenti e i capelli a chiazze. Ciò che preoccupa particolarmente gli infermieri è il fatto che questa è la seconda volta che il bambino inizia una cura per prevenire la malnutrizione.
“Era qui qualche mese fa, ha ricevuto le cure ed è guarito”, spiega il medico curante, aggiungendo: “E poi le sue condizioni sono peggiorate di nuovo”.
Un’infermiera mostra alla telecamera la bottiglia che la madre di Abdel ha portato con sé. “È una tisana”, dice. “Zero calorie, zero nutrienti”. Lo fa sdraiare e gli offre qualcosa che viene definito cibo terapeutico: una bustina bianca e rossa che contiene una specie di pasta nutriente, anch’essa ricca di calorie, chiamata Plumpy’Nut.
Il piccolo Abdel dimostra una determinazione che non abbiamo visto tra i giovani pazienti degli ospedali. Afferra saldamente il piccolo sacco e succhia intensamente. “Sembra che stia lottando per la vita”, osserviamo. “Esattamente”, risponde il medico.
Incontriamo anche Lin e Lian, due gemelle di sei mesi, una con un vestitino rosa, l’altra bianco. La madre ha legato loro dei sacchetti intorno alla vita, al posto dei pannolini – probabilmente la causa delle infiammazioni cutanee di cui soffrono. Le misure del loro braccio indicano che soffrono di malnutrizione, e l’infermiera prepara loro del cibo terapeutico.
“Ringrazio Dio per avermi dato due bambine”, dice la madre, “ma non riesco a trovare da mangiare per loro”.
22. Un neonato fotografato a fine maggio al Nasser Hospital dal Dott. Groom. 23. Abdel Rahman, 1 anno, fotografato una settimana fa al centro di stabilizzazione di Nuseirat da un rappresentante dell’UNRWA. Non presenta patologie preesistenti. 24. Mohammed. Fotografato una settimana fa al Rantisi Hospital da un membro dello staff delle Nazioni Unite. È affetto dalla sindrome di Down.
Ci sono circa 150 centri sanitari simili che curano i giovani malnutriti in tutta la Striscia. Negli ultimi mesi, le Nazioni Unite hanno ripetutamente avvertito che le famiglie non sono in grado di cercare regolarmente assistenza per i propri figli presso queste strutture a causa degli ordini di evacuazione emessi dalle Forze di Difesa Israeliane [IDF: l’esercito israeliano] ogni pochi giorni. Pertanto, in alcuni casi, il centro di stabilizzazione stesso si trova in un’area che agli abitanti è stato ordinato di evacuare, e a volte sono le famiglie ad essere costrette ad andarsene e a ritrovarsi lontane dal centro. Un ordine di evacuazione, emesso il 20 luglio, ha portato alla chiusura di sei centri per la cura della malnutrizione nella sola Deir al-Balah.
Lunedì abbiamo effettuato la nostra ultima visita virtuale in un centro sanitario gestito da un’organizzazione internazionale nella Striscia meridionale. Genitori e bambini aspettavano il loro turno e, dopo la misurazione delle braccia, ricevevano una razione settimanale di Plumpy’Net.
“Sono arrivato poco più di un mese fa”, ci racconta un rappresentante. “Sono rimasto sorpreso dall’entità della malnutrizione. La gente era magrissima. Tutti quelli che vedevo erano molto, molto magri. La scarsità di cibo stava colpendo tutti. Da quando hanno portato più cibo, la situazione è leggermente migliorata. Ma la gente è ancora disperata”.
Le morti per denutrizione hanno iniziato a essere documentate quotidianamente a fine luglio, ma i segnali rivelatori della crisi imminente erano già evidenti. All’inizio di marzo, il governo israeliano ha annunciato che non avrebbe più consentito l’ingresso di cibo nella Striscia di Gaza. Per oltre due mesi e mezzo “nemmeno un chicco” è entrato, secondo le parole del ministro delle Finanze e membro del gabinetto di sicurezza Bezalel Smotrich.
La dottoressa Victoria Rose, chirurga plastica britannica che ha svolto volontariato a Gaza la scorsa estate ed è tornata per un altro periodo a maggio, ha sperimentato il peggio della politica israeliana di denutrizione deliberata.
“A maggio, la carestia ha avuto un effetto enorme sulla guarigione delle ferite”, ci racconta Rose. “Abbiamo visto un numero enorme di semplici infezioni delle ferite che si aggravavano a un ritmo che non potevamo controllare. I bambini non riuscivano a guarire perché non assumevano i nutrienti e le vitamine essenziali di cui avevano bisogno. Tutti i nostri colleghi avevano perso dai 5 ai 10 chili. Non ho incontrato nessuno che non avesse perso una quantità significativa di peso rispetto all’ultima volta che l’ho visto. I bambini stessi sembrano molto più giovani delle loro controparti occidentali. Penseresti che un bambino abbia 5 o 6 anni, e scopri che ne ha 8 o 9”.
25. Amer Issa al-Masri, 3 mesi, pesa 4 chilogrammi (è nato con un peso di 4,6 chilogrammi). Fotografato all’inizio del mese all’ospedale Nasser. 26. Mustafa, colpito mentre cercava di procurarsi del cibo, fotografato all’inizio del mese all’ospedale Nasser da un membro dello staff delle Nazioni Unite. 27. Hamed, 14 anni, pesa 31 chilogrammi. Fotografato una settimana fa all’ospedale Nasser da un membro dello staff delle Nazioni Unite.
Il dottor Tomo Potokar, un altro chirurgo plastico britannico, è stato volontario a Gaza per un mese, fino all’inizio di giugno. In quel periodo ha perso 11 chili.
“Lo vedi a ogni livello. Lo vedi fisicamente”, dice. “Lo vedi psicologicamente. Lo vedi nelle ferite che non guariscono. Lo vedi nella stanchezza delle persone. Si arrendono perché sono semplicemente esauste”.
La carestia avviata a marzo è stata la continuazione di una grave crisi che si è manifestata fin dallo scoppio della guerra nel 2023 e per tutto l’anno successivo, quando i politici israeliani si sono dichiarati favorevoli ad “impedire gli aiuti umanitari”. Alcuni hanno esplicitamente menzionato la negazione del cibo agli abitanti di Gaza e la loro denutrizione. Infatti, due mesi dopo il massacro di Hamas del 7 ottobre, le organizzazioni umanitarie hanno lanciato l’allarme per la scarsità di cibo. I prezzi nei mercati hanno iniziato a salire alle stelle, la gente ha iniziato a mangiare cibo per animali e i terreni agricoli nella Striscia sono stati distrutti.
Nel gennaio 2024, la rivista Haaretz Magazine ha dedicato un articolo di copertina all’argomento, intitolato “Non far morire di fame gli altri”. Un mese dopo, l’UNICEF, il fondo di emergenza delle Nazioni Unite per l’infanzia, dichiarò che il 90% dei bambini di Gaza di età inferiore ai 5 anni soffriva di insicurezza alimentare. Passò un altro mese e la Corte Internazionale di Giustizia ordinò a Israele di consentire l’afflusso di cibo nella Striscia. La Corte spiegò che, in base agli impegni assunti da Israele in qualità di firmatario della Convenzione internazionale per la prevenzione del genocidio, e sullo sfondo della diffusione di carestie e carestie, Israele doveva consentire la distribuzione di cibo in piena cooperazione con le Nazioni Unite.
Due mesi dopo, è stata presentata una richiesta alla Corte penale internazionale per l’emissione di mandati di arresto per il Primo Ministro Benjamin Netanyahu e l’allora Ministro della Difesa Yoav Gallant. La prima accusa citata era quella di aver usato la denutrizione come metodo di guerra.
Nel corso dell’ultimo anno, numerose organizzazioni ed esperti globali hanno lanciato ripetuti allarmi. Nel frattempo, le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie hanno cercato di scongiurare la carestia di massa attraverso una rete decentralizzata di circa 400 centri di distribuzione, panetterie e mense comunitarie. Al suo apice, la rete distribuiva più di un milione di pasti caldi al giorno, oltre a fornire cibo secco alle famiglie. Alla fine del 2024, Israele ha iniziato a far morire di fame gli abitanti della Striscia di Gaza settentrionale per costringerli a spostarsi verso sud. Già allora, la carestia era percepibile anche in altre aree.
28. Una bambina fotografata due settimane fa allo Shifa Hospital dal dott. Ali. 29. Habiba al-Khalani, 6 mesi, pesa 3,4 chilogrammi. È stata fotografata all’inizio del mese all’ospedale Nasser. Sottoposta a visita per un possibile disturbo metabolico. 30. Shireen, 13 anni, fotografata una settimana fa allo Shifa Hospital dal dott. Ali.
La dottoressa Mimi Syed, medico d’urgenza dello stato di Washington, ha prestato servizio volontario in un ospedale nel centro di Gaza lo scorso dicembre. Quando ha lasciato l’ospedale Al-Aqsa, a Deir al-Balah, ha documentato la condizione dei bambini che ha incontrato all’esterno. Syed ha inviato ad Haaretz una raccolta di fotografie in cui bambini di età inferiore ai 7 anni presentano chiari segni di malnutrizione: calvizie, alterazioni del colore dei capelli e macchie sulla loro pelle.
All’inizio del 2025, col cessate il fuoco in vigore, i soccorsi arrivarono agli abitanti di Gaza: centinaia di camion di cibo arrivavano ogni giorno e i magazzini si riempivano. Ma due mesi dopo, la politica della denutrizione prolungata entrò in vigore.
“La decisione presa stasera sulla cessazione totale dell’ingresso di aiuti umanitari a Gaza è un passo importante”, dichiarò Smotrich all’epoca. “Ora dobbiamo aprire al nemico le porte dell’inferno”.
Le porte dell’inferno si sono effettivamente aperte, e il prezzo è stato pagato, e continua a essere pagato, dai bambini di Gaza. Già ad aprile, il programma alimentare delle Nazioni Unite aveva annunciato che l’ultimo panificio di Gaza aveva chiuso i battenti perché non aveva più farina né gas per cucinare. L’Israele ufficiale non si è scomposto.
Sono trascorse due settimane e il tasso di bambini sotto i 5 anni affetti da malnutrizione acuta è raddoppiato, passando dal 2 al 4%. Alla fine di aprile è stata interrotta anche la distribuzione di cibo secco, mentre le scorte nei magazzini delle Nazioni Unite si esaurivano. Anche allora, Israele continuò ad attenersi alla sua rigida posizione.
Solo il 19 maggio il governo cedette alle pressioni internazionali e accettò di attenuare la sua campagna di denutrizione. “Israele invierà una quantità minima di cibo”, dichiarò il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, e Smotrich sottolineò che “ciò che arriverà sarà il minimo”.
Alla fine di maggio, Israele e Stati Uniti hanno lanciato un programma alimentare tramite una nuova organizzazione chiamata Gaza Humanitarian Foundation, un’idea sbagliata che si è rivelata subito disastrosa. Il GHF ha distribuito cibo solo in quattro centri, tre dei quali nella Striscia meridionale, lontano dai principali centri abitati. Decine di migliaia di persone si sono riversate in massa nei siti.
31. Un adolescente fotografato circa due settimane fa all’ospedale Shifa dal dottor Ali. 32. Sadin al-Najar, 9 anni, pesa 20 chilogrammi. Ha contratto una malattia infettiva e soffre di paralisi parziale. Fotografata all’inizio di questo mese all’ospedale Nasser.
Le IDF iniziarono ad aprire il fuoco regolarmente sulla folla affamata. Secondo il Ministero della Salute di Gaza, circa 2.000 persone sono state uccise a colpi d’arma da fuoco in prossimità dei centri o mentre cercavano di procurarsi cibo dai camion che si sono fermati e sono stati saccheggiati da frotte di persone.
Il cibo in sé raggiungeva generalmente i membri più forti della popolazione. Malati, persone sole, donne e bambini si ritrovarono a dipendere dagli uomini che riuscivano a portare loro un po’ di cibo. Tra coloro che non erano così fortunati, la denutrizione ha dilagato.
La situazione dei bambini non ha fatto che peggiorare. A giugno, il tasso di malnutrizione acuta tra i bambini era del 6%. Il governo Netanyahu non ha battuto ciglio né allora né quando il tasso di malnutrizione acuta tra i bambini è salito a quasi il 9%, secondo un’indagine approfondita pubblicata il 15 luglio.
Cinque giorni dopo, a Gaza è iniziata la mortalità giornaliera per denutrizione, e solo pochi giorni dopo, solo sotto una forte pressione internazionale, Israele ha mostrato i primi segni di ripresa, in modo notevole, aumentando l’ingresso dei camion degli aiuti umanitari nella Striscia e consentendo lanci aerei in varie località.
Nel frattempo, la situazione umanitaria è leggermente migliorata e i prezzi dei prodotti alimentari nei mercati sono crollati, ma le azioni di Israele sono ben lungi dall’essere sufficienti per contrastare la difficile situazione di Gaza.
Di fatto, è stato Israele a causare il crollo del programma ordinato di distribuzione degli aiuti supervisionato dall’ONU e dalle organizzazioni umanitarie, senza presentare un’alternativa decentralizzata ed efficace che potesse raggiungere le fasce più deboli della popolazione.
Il Ministro degli Esteri Gideon Sa’ar e il Ministro per gli Affari della Diaspora Amichai Chikli continuano a ostacolare l’ONU e a cercare di ostacolarne il lavoro. L’ufficio del Coordinatore delle Operazioni Governative nei Territori sta ostacolando il movimento dei camion degli aiuti. Le IDF stanno accumulando vari ostacoli, sia fisici che burocratici, con il risultato che l’ONU non è in grado di rifornire i propri magazzini e rinnovare la rete di approvvigionamento.
Se Israele vuole arginare la crisi della denutrizione nella Striscia di Gaza, ha una serie di misure da attuare: può adottare le misure necessarie per rinnovare la rete di approvvigionamento delle Nazioni Unite; consentire un rifornimento costante di medicinali e attrezzature mediche nella Striscia, rimuovendo al contempo tutte le barriere all’evacuazione di individui gravemente malati da Gaza; rimuovere tutte le restrizioni all’ingresso di cibo tramite organizzazioni umanitarie, donazioni da parte di israeliani e tramite commercianti locali (un processo che è iniziato in modo limitato); consentire la pesca in una vasta area al largo della costa di Gaza; consentire l’accesso ai terreni agricoli rimanenti (il 98% dei campi nella Striscia è stato danneggiato o è interdetto agli abitanti); avviare un piano per l’immediata riabilitazione dell’industria avicola (il 99% di tutti i i pollai è stato distrutto); e così via.
Nel frattempo, le morti per denutrizione continuano ad aumentare, ogni giorno.
Da 20 anni Estense.com offre una informazione indipendente ai suoi lettori e non ha mai accettato fondi pubblici per non pesare nemmeno un centesimo sulle spalle della collettività. Il lavoro che svolgiamo ha un costo economico non indifferente e la pubblicità dei privati non sempre è sufficiente.
Per questo chiediamo a chi quotidianamente ci legge e, speriamo, ci apprezza di darci un piccolo contributo in base alle proprie possibilità. Anche un piccolo sostegno, moltiplicato per le decine di migliaia di ferraresi che ci leggono ogni giorno, può diventare fondamentale.
OPPURE se preferisci non usare PayPal ma un normale bonifico bancario (anche periodico) puoi intestarlo a:
Scoop Media Edit
IBAN: IT06D0538713004000000035119 (Banca BPER)
Causale: Donazione per Estense.com