Ha ribadito per filo e per segno quanto già denunciato e quanto già raccontato ai carabinieri al tempo. Chiara Carrescia, cardiologa, oggi in forze all’ospedale del Delta, è stata sentita ieri come testimone nel processo che vede imputati per tentata concussione il professor Roberto Ferrari, cardiologo di fama internazionale e all’epoca dei fatti (gennaio 2016) primario di cardiologia al Sant’Anna e il medico Gabriele Guardigli, il suo successore.
Fu Carrescia a registrare un dialogo avuto con Ferrari e Guardigli, nel contesto di un’assunzione in Cardiologia. La dottoressa era infatti in ballo per una ‘vecchia’ graduatoria, ma le venne fatto intendere e poi le venne detto anche in maniera esplicita che l’intenzione del primario era “passare oltre” e fare un nuovo concorso (cosa che poi avvenne).
Carrescia, che più volte si è fermata per l’emozione, ha raccontato che decise di registrare perché insospettita dalla chiamata di Guardigli sul colloquio che Ferrari voleva fare con lei e di essersi sentita minacciata e spinta a rinunciare all’incarico. Già ai carabinieri, sentita a sommarie informazioni, e poi anche ieri davanti ai giudici, la cardiologa ha raccontato che le venne intimato di farsi da parte “perché altrimenti mi sarei ritrovata a svolgere da sola un servizio per il quale non ero formata” e addirittura con conseguenze catastrofiche nello svolgimento in emergenza/urgenza di attività di elettrofisiologia e di elettrostimolazione. Non solo, Carrescia denuncia che le venne detto che “se non fosse già successo già il peggio, mi avrebbero costretta a lavorare con molte difficoltà per potermi licenziare dopo i sei mesi di prova”. Con tanti saluti al futuro professionale.
La cardiologa ha raccontato anche ciò che sembra un’anomalia. Non avendo rinunciato all’incarico, dal Sant’Anna le arrivò il telegramma per l’assunzione, al quale rispose positivamente. Ma per alcuni mesi non vi fu alcun seguito, nonostante qualche sollecito. Giaveresco, l’ex direttore del servizio personale già assolto, con una raccomandata, le spiegava che era in atto un blocco delle assunzioni deciso dalla Regione.
Nello stesso periodo, però, Carrescia ricevette il telegramma di assunzione al Delta, essendo in graduatoria anche lì, al quale rispose positivamente e dal quale scaturì la sua assunzione stabile. Solo dopo trovò nella buchetta delle lettere un secondo telegramma in cui il Sant’Anna le chiedeva nuovamente la disponibilità per l’assunzione, “scaduto” e diverso dai precedenti: qui le veniva specificato che “sarei stata impiegata da subito in completa autonomia in emodinamica, peraltro in un servizio ben diverso da quello prospettatomi durante il colloquio del gennaio 2016”. Quella, è il rilievo della denunciante, era però la branca in cui lavorava a tempo determinato proprio il vincitore del nuovo concorso, “unico presente nella graduatoria”.
Carrescia, dopo la stabilizzazione sua e di suo marito, anche lui medico ospedaliero, decise a un anno di distanza di non far passare tutto in cavalleria, facendo la denuncia che ha portato all’odierno processo. La sua deposizione è definita “granitica con momenti di grande commozione” dall’avvocato Fabio Anselmo, che la assiste come parte civile.
L’udienza – durante la quale vi è stato un acceso scambio tra il legale e la presidente del collegio – ha visto anche il rigetto da parte del tribunale di quasi tutte le intercettazioni con relative trascrizioni che la procura chiedeva di acquisire. Tra le intercettazioni rigettate vi è anche quella chiesta dalla parte civile, “dove – afferma Anselmo – l’imputato Guardigli ‘confessa’ di aver voluto di proposito azzerare la graduatoria concorsuale penalizzando così la dott.ssa Carrescia”.
È stata disposta invece la perizia sul file audio della registrazione effettuata dalla parte offesa e sul registratore usato.
Si torna in aula il 10 novembre e poi ancora il 19 gennaio per il controinterrogatorio di Carrescia da parte dell’avvocato Marco Linguerri, difensore di Guardigli.
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