Economia e Lavoro
7 Maggio 2022
Le segreterie regionali di Filctem-Cgil e Uiltec-Uil lanciano l'allarme e la chiamata alla mobilitazione contro la decisione di Eni: “Questa lotta non può essere solo dei chimici”

Chiusura del cracking: “Governo prenda posizione, a rischio il manifatturiero del Paese”

cracking petrolchimico marghera
di Daniele Oppo | 3 min

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cracking petrolchimico marghera

© Jorge Royan / CC BY SA 3.0

Locale e nazionale. La spegnimento dell’impianto di cracking di Porto Marghera senza un’adeguata soluzione alternativa, rischia di produrre effetti catastrofici non solo per i petrolchimici da esso riforniti, ma per interi settori produttivi a livello nazionale.

È l’allarme che lanciano le segreterie regionali di Filctem-Cgil e Uiltec-Uil a pochissimi giorni dalla data scelta da Eni-Versalis per avviare le operazioni di chiusura del cracking, il 9 maggio, quando in tutti i petrolchimici coinvolti – Ferrara, Mantova, Ravenna e Marghera – si sciopererà.

“Alla decisione unilaterale di Eni di chiudere la produzione del cracking, con le sue lavorazioni alla base della produzione di tutti i principali prodotti chimici, crediamo debba corrispondere una presa di posizione da parte del Governo, per le ricadute nefaste che coinvolgeranno l’intero tessuto manifatturiero del nostro Paese”, affermano i sindacati.

Il rischio è innanzitutto dettato dalla mancanza di una soluzione alternativa realmente efficace. “Il cracking oggi infatti invia le materie prime che produce a Ferrara e Mantova attraverso una pipe line che è una infrastruttura di trasporto estremamente sostenibile – osservano i sindacati -. Secondo Eni, le future forniture avverranno attraverso navi gasiere e treni merci. Un modo sicuramente meno efficiente, vincolato dalle norme giustamente decise dopo la tragedia di Viareggio e dalle difficoltà di approdo in laguna. Un enorme passo indietro rispetto a qualunque politica di sicurezza, ambientale ed economica. Un passo indietro anche rispetto alle quantità e alla qualità delle materie prime così inviate con evidenti problemi e conseguenze per la continuità impiantistica degli impianti padani”.

Secondo Filctem e Uiltec regionali “si metteranno in difficoltà tutte le lavorazioni dei trasformatori a valle. Intere filiere come quelle del distretto biomedicale, dell’automotive, della farmaceutica, del tessile, del packaging saranno in discussione. A catena, senza le produzioni primarie, si ridimensioneranno anche la ricerca verso materiali meno impattanti, perché è la storia di questa industria che i prodotti di nuova generazione vanno studiati e testati all’interno di un petrolchimico. Stiamo generando così le condizioni per consegnare di fatto ad altri un patrimonio, che si chiama chimica di base italiana”.

I sindacati lamentano che “sono anni che Eni minaccia la chiusura del cracking” facendo tante promesse che non si stanno realizzando: “Vogliamo una discussione per una volta costruttiva, con garanzie occupazionali ed industriali, che avvenga prima di qualunque atto unilaterale, perché dopo si tratterebbe solo di raccogliere i cocci e mettere delle toppe”.

E ancora il livello nazionale della vicenda: “Il Pnrr non include mai la parola chimica. È un peccato perché le competenze, le professionalità e la qualità della ricerca che si trovano nei nostri siti sono indispensabili se vogliamo ragionare realmente di innovazione e futuro industriale. Come abbiamo sottoscritto nel Patto per il lavoro e per il Clima, siamo per una giusta transizione, ma senza risorse, progetti ed investimenti non si va da nessuna parte”.

“Questa lotta non può essere solo una lotta dei chimici – rilevano i sindacati, in quella che suona, ed è, una chiamata alla mobilitazione -, ma deve includere tutti i settori industriali, perché quello che stiamo difendendo nei nostri stabilimenti, è tutto il futuro produttivo del paese. Sono migliaia di posti di lavoro. È la vocazione industriale della nostra Regione. È il futuro della ricerca e dello sviluppo”.

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