Indiscusso
20 Maggio 2021

La Ferrari dell’inceneritore scalpita ai box

di Marzia Marchi | 4 min

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Purtroppo non si tratta di Ferrari ma dell’inceneritore di rifiuti che al suo esordio veniva fatto passare per termovalorizzatore, con questo parola – valorizzatore – che avrebbe dovuto ammansire la verità: combustione e produzione di diossine!

Nel 2005 facevo parte dell’Osservatorio provinciale Rifiuti in qualità di rappresentante ambientalista e in quella sede l’ing. Andrea Cirelli, ex presidente dell’azienda municipalizzata di Ferrara che gestiva appunto il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti (Agea) poi promosso al ruolo di presidente dell’Autorità per la vigilanza dei servizi idrici e di gestione dei rifiuti urbani Regione Emilia Romagna ebbe a fare le seguenti amare affermazioni (che riportai in un articolo del febbraio 2005):

se si sceglie come prioritaria la strada dell’incenerimento significa abbattere a priori la via della raccolta differenziata. Un forno deve avere carburante da bruciare in maniera continua, altrimenti è un investimento inefficiente che un’azienda (Hera la nuova proprietaria) non s’avvierebbbe certo a sostenere.

In secondo luogo l’incenerimento produce scorie e polveri: su una tonnellata di rifiuti bruciata più di un terzo ritorna in discarica sotto forma di scoria (ndr. dati Osservatorio).

E’ evidente che un sistema di smaltimento non si regge senza un altro, in presenza di rifiuti che non siano riciclati non possiamo fare a meno né di discariche né di forni. Per quanto elevato sia il livello tecnologico, chiunque di noi sa che questi ultimi comportano inquinamento.

L’inceneritore di via Diana, previsto nel piano rifiuti della provincia, era stato previsto in triplicazione della portata del primo, di Via Conchetta.

Ci battemmo con tutte le nostre forze, io anche dentro l’Osservatorio rifiuti come portavoce delle istanze della popolazione ambientalista, e non riuscimmo ad ottenere che il palliativo dell’autorizzazione a bruciare solo 130.000 ton. annue.

Ora la Ferrari, che scalpita nei box, vuole agire al pieno della propria potenza e così sarà, in barba a tutte le evidenze scientifiche che parlano di inquinamento e in barba alla logica, che da un lato ci racconta che aumentiamo la raccolta differenziata e dall’altra non ci svela perché le nostre fatiche quotidiane di selezione (temo più presunte che reali, osservando i cassonetti) non riescano a preservarci dal pericoloso inghiottitore.

Quando siamo passati dalla tassa alla tariffa nel pagamento per lo smaltimento dei rifiuti abbiamo compiuto un passo essenziale per la svolta di cui parlava Cirelli: considerare il rifiuto un bene di interesse pubblico che si monetizza, ovvero un bene con una valutazione di mercato che può far produrre molti utili. Quegli utili che la multinazionale Hera da tempo persegue, senza se e senza ma.

E’ una vera tristezza dover dire l’avevamo previsto! Noi, ambientalisti, no global pacifisti… quel mondo articolato di associazioni che si era battuto contro la fusione per incorporazione di Agea in Hera, decretando il passaggio della gestione rifiuti da servizio a business.

Al comando di quella operazione c’erano le stesse parti politiche, se non addirittura le stesse persone, che ora tuonano contro l’autorizzazione all’aumento delle tonnellate bruciabili.

Un pietoso balletto che danza sempre la stessa musica, gli interessi politici che dominano la gestione della nostra quotidianità.

Non c’era motivo alcuno per creare la multiultily onnicomprensiva che ha divorato il patrimonio pubblico di gestione dell’acqua, dello smaltimento dei rifiuti e di tutti i servizi che sono fondamentali per i cittadini, se non quello di creare enormi serbatoi di potere.

Basta vedere chi si è seduto e si siede nel consiglio di amministrazione di Hera.

La manfrina delle mani legate, da parte dell’attuale amministrazione e le proteste dell’ “opposizione” (le virgolette sono più che dovute) sono solo un gioco delle parti che non ha nessuna intenzione di scardinare un sistema che giova al mondo politico intero, qualunque colore vesta.

Esattamente 10 anni fa è stato vinto un referendum che chiedeva la gestione pubblica dell’acqua: 27 milioni di italiani lo hanno chiesto e nulla è stato cambiato, la nostra acqua è gestita, nel totale monopolio, da Hera e in Italia da altre poche grandi società.

Non scenderò più in piazza accanto a nessuna forza politica, perché in dieci anni nessuna di esse ha mosso un dito per ripristinare il fondamentale diritto di avere una gestione pubblica dell’acqua.

E così è sui rifiuti, sui quali il business è colossale (Report insegna).

Respireremo più diossine e moriremo semplicemente prima!

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