Settanta giorni. È il tempo entro il quale i giudici della sezione per le misure di prevenzione del Tribunale di Ferrara decideranno la sorte dei patrimoni di Bilal El-Mangar e della moglie Souad Mochrik, al centro di un’indagine di ormai 10 anni fa su una complessa associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale e che ha già visto concludersi ben due gradi di giudizio, l’ultimo venerdì scorso.
La vicenda riguardava un impero appalti nel settore della logistica e del facchinaggio, attorno ai quali giravano circa trenta cooperative considerate fittizie (molte con sede a Trapani) e strumento per eludere il versamento dell’Iva. Uno schema che sarebbe stato applicato anche per nascondere l’effettivo patrimonio degli imprenditori coinvolti, schermato da proprietari e società fittizi.
La misura di prevenzione richiesta dalla procura pende dal 2017 ma ha danzato in questi anni tra il tribunale di Ferrara, la Corte di Bologna e la Cassazione per questioni di competenza fino a riapprodare davanti ai giudici estensi, quando ormai il patrimonio della coppia – stimato al tempo in 22 milioni di euro – si era già decomposto sensibilmente.
Ieri, lunedì 12 aprile, il pm Stefano Longhi ha ribadito la richiesta, dettata dalla normativa antimafia essendo il patrimonio della coppia giudicato spropositato rispetto alle dichiarazioni dei redditi, ma con un quantitativo di beni mobili e immobili da sequestrare molto inferiore a quello iniziale, stante il fallimento di diverse società, la regolare vendita di beni e la degradazione del valore di alcune proprietà rimaste (come le auto ad esempio).
E mentre da anni pende il procedimento preventivo, venerdì scorso i due – con altri tre imprenditori, Samir El Mangar, Benissa El Moujahdi e Danilo Piccinini- sono stati condannati in appello anche dalla Corte di Bologna per associazione a delinquere finalizzata al compimento di reati fiscali. Questi ultimi, però, si sono prescritti per la gran parte, cosa che, insieme al riconoscimento di un unico reato associativo consumato nel 2011 (anziché essere doppio come stabilito a Ferrara) ha determinato un forte sconto delle pene ricevute in primo grado.
Per la coppia, considerata il fulcro del sistema, la condanna è passata dai 6 anni e 9 mesi comminati nel giugno del 2016 a 3 anni e mezzo; per Samir El Mangar e Benissa El Moujahdi i 3 anni e mezzo del primo grado sono stati ridotti a tre, mentre i due anni e mezzo di Danilo Piccinini sono diventati due.
“Certamente – commenta l’avvocato Pasquale Longobucco che difende Bilal El-Mangar e Souad Mochrik – un abbattimento così sensibile della pena è un dato positivo, ma certamente il nostro obiettivo principale è quello dell’assoluzione perché ci riteniamo estranei a reati di associazione a delinquere e ora aspettiamo le motivazioni per predisporre il ricorso per Cassazione”.
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