Naomo Lodi indagato per peculato. Già chiuse le indagini
Nicola Lodi, detto Naomo, dopo la condanna in primo grado a 2 anni e 10 mesi per induzione indebita, rischia di affrontare un ennesimo processo penale. Questa volta l'accusa è di peculato
Nicola Lodi, detto Naomo, dopo la condanna in primo grado a 2 anni e 10 mesi per induzione indebita, rischia di affrontare un ennesimo processo penale. Questa volta l'accusa è di peculato
Si è schiantato sui prati di Palmirano, a poche centinaia di metri dall'ospedale di Cona, un ultraleggero guidato da un uomo di 66 anni. La chiamata ai vigili del fuoco e alla Polizia di Stato è arrivata intorno alle 11.45. A dare l'allarme sono stati alcuni automobilisti di passaggio
Fondamentale per la sentenza è stato il riconoscimento dell'assenza di "problematiche relative alla meritevolezza". La libera professionista non aveva infatti contratto debiti in modo irresponsabile, ma era stata travolta da eventi esterni ritenuti a lei non imputabili
Era stato querelato per diffamazione dall'azienda per la quale lavorava a Bondeno ma il Tribunale di Mantova lo ha assolto perché il fatto non costituisce reato ritenendo la volontà di diffamare "palesemente assente"
Continua il problema dello spaccio in Gad e la conseguente opera di deterrenza delle forze dell'ordine. I carabinieri, transitando nei pressi del parchetto di via Porta Catena, nota un giovane che si avvicina a un uomo seduto su un muretto del parco.
Finisce davanti alla Corte Costituzionale il caso della liberazione anticipata di Mauro Fabbri, l’uomo di 58 anni già condannato per il tentato omicidio di Lucia Panigalli e che dal carcere tramò per far uccidere la ex compagna, venendo però assolto per questo perché non è punibile il mero accordo.
Il Tribunale di sorveglianza di Bologna ha infatti mandato gli atti alla Consulta chiedendo di valutare la legittimità costituzionale della norma sulla liberazione anticipata “nella parte in cui non prevede che possa disporsi la revoca del beneficio anche nel caso di assoluzione ai sensi dell’articolo 115 del codice penale, qualora nei suoi confronti sia stata disposta l’applicazione di una misura di sicurezza”. L’articolo in questione è quello in base al quale Fabbri è stato assolto sia in primo grado dal gup che in appello, perché non è considerato punibile il solo accordo per commettere un reato e questo non sia commesso.
Fabbri ha beneficiato di 570 giorni di libertà in relazione a due distinti periodi detentivi, dal marzo 2010 al luglio 2012 e poi dal febbraio 2015 all’ottobre 2018. Proprio in questo secondo periodo l’uomo aveva tramato insieme a un compagno di carcere – che per il patto ottenne soldi, un trattore e una macchina – l’omicidio della signora Panigalli, in modo da non dover pagare il risarcimento dei danni che la donna si accingeva a chiedere. E su questo si è basata la richiesta di revoca avanzata dalla Procura generale.
“Noi – spiega l’avvocato Gian Luigi Pieraccini, difensore di Fabbri – abbiamo sempre sostenuto che non era praticabile l’istituto della revoca in questo assetto normativo perché la legge prevede che vi sia una sentenza di condanna, mentre Fabbri è stato assolto. Alla peggio, come poi avvenuto, abbiamo detto che si sarebbe dovuto chiedere alla Corte Costituzionale di pronunciarsi. I giudici – osserva infine l’avvocato – sono stati molto equilibrati, nonostante la pressione hanno preso una decisione giusta”.
I giudici che hanno sollevato la questione di costituzionalità per incompatibilità con gli articoli 3 e 27 della Costituzione. In sostanza chiedono se la revoca non debba applicarsi anche davanti a un’assoluzione che però prevede l’applicazione di misure di prevenzione, sintomo da un lato di pericolosità sociale e dall’altro di una mancata adesione al progetto di risocializzazione proprio della finalità rieducativa del carcere.
Nel frattempo il procedimento è naturalmente sospeso e Fabbri rimarrà dunque in regime di libertà vigilata, soggetto a vari divieti e prescrizioni per impedirgli anche solo di avvicinarsi alla sua vittima.
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