Rifiutiamoci!
Rifiutiamoci di dimenticare che il rifiuto che produciamo non ci torni prima o poi nel piatto, nel bicchiere e nei polmoni.
Rifiutiamoci di dimenticare che il rifiuto che produciamo non ci torni prima o poi nel piatto, nel bicchiere e nei polmoni.
Bibbia e moschetto una volta, Bibbia e drone oggi, il resto non cambia!
La striscia di Gaza ricostruita come un meraviglioso resort sul mare per americani ricchi e i palestinesi dispersi tra vari paesi arabi. Una Nakba o una Shoah, ovvero una catastrofe, una tempesta devastante se andiamo direttamente alla traduzione dei due termini...
Perché dopo un pur brutale attentato compiuto da un gruppo terrorista ai danni di alcuni insediamenti israeliani si persegue la vendetta su un intero popolo? Perché i Palestinesi sono odiati dagli Israeliani come un tempo lo erano gli ebrei?
Come insegnante e come rappresentate politica istituzionale mi pongo le domande sugli errori che io, la scuola e le forze politiche abbiamo commesso per non riuscire a far comprendere l’importanza dell’esercizio di scelta
Il futuro è nelle vostre mani, soleva ripetermi mia nonna come un invito, a scegliere ad impegnarmi, a faticare per un obbiettivo. Non avrebbe mai immaginato – lei che ha conosciuto il Progresso, nel dopoguerra, che nell’arco di due generazioni quel Progresso ci si sarebbe ribaltato contro.
Lei era del ‘19, 1919! Un secolo fa esatto e nella sua vita è passata dal mungersi il latte direttamente dalla mucca al latte confezionato in tetrapak e a lunga conservazione, passando per il magico periodo in cui il latte si prendeva in latteria con la bottiglia da riempire. Ecco abbiamo fatto un salto eccessivo, sarebbe bastato fermarsi alla bottiglia di vetro che io stessa andavo a riempire da bambina, un giorno sì e uno no.
Ora da insegnante ho paradossalmente il compito di tornare a far capire l’importanza di quel vuoto a rendere, perché i miei invece, di nipoti, rischiano di essere soffocati – letteralmente – dai vuoti a perdere.
Venerdì’ 27 rinuncerò ad una giornata di stipendio per lo sciopero indetto da FFF, Friday’s for future che come docente farò in sostegno a tutti i miei potenziali nipoti, i miei studenti, per partecipare a quello straordinario movimento che una sedicenne disperata e coraggiosa è riuscita ad avviare in tutto il mondo. Dal 20 di settembre, per la terza volta in questo 2019 i ragazzi di tutto il mondo hanno deciso di restare fuori dalle aule per testimoniare ai grandi (e ai Grandi) che sono seriamente preoccupati per il loro futuro. Un futuro che non potrà essere nelle loro mani se continuiamo a spendere e spandere risorse fondamentali alla vita al ritmo in cui lo stiamo facendo.
I Cobas hanno proclamato lo sciopero per tutte le categorie ed è un segnale veramente importante per far comprendere l’entità del problema, Usb, Sisa e FLC/CGIL solo per la categoria della scuola. E proprio quest’ultimo sindacato, fortemente rappresentato nelle scuole, ha dato il segnale della volontà dei docenti ad essere al fianco dei propri studenti nel compiere questa importante presa di coscienza, per dare voce di massa alla scienza, a ciò che gli scienziati stanno dicendo in maniera inequivocabile: le temperature stanno aumentando e gli esseri umani sono i principali responsabili del riscaldamento globale che a questo ritmo ci pone una deadline al 2030.
Mia nonna chiederebbe, cos’è ‘sta deadline?? E’ il punto di non ritorno, quello in cui il clima cambierà così profondamente l’ambiente da rendere impossibile ripristinarlo. Quello in cui la sopravvivenza sarà garantita solo ai ricchi o a quelli che vivono in zone privilegiate. Quello in cui tutte le coste saranno minacciate di sopravvivenza per l’innalzamento degli oceani e che vedrà sparire le risorse per i miliardi di persone più povere, già ora costrette alle migrazioni e alla costipazione nelle megalopoli sempre più inquinate.
L’apocalisse? No, peggio! Peggio perché la straordinaria capacità dell’essere vivente di adattarsi all’ambiente ci metterà in condizione di cercare misure per vivere comunque ma quello che sta già accadendo, accadrà con forza ancora maggiore, la lotta per la sopravvivenza . Quello che le tribù amazzoniche stanno già sperimentando mentre la loro terra va a fuoco e il presidente Bolsonaro pensa a nuovi popoli da importare sul suolo disboscato della giungla amazzonica, quella degli europeio e o degli statunitensi che vivono nel terrore delle “invasioni” dei migranti, quella delle popolazioni esquimesi che si trovano gli orsi polari sotto casa. Squilibrare gli ecosistemi sta portando a conseguenze che già oggi non possiamo fingere di vedere, anche solo con ogni temporale. Possiamo prevedere ormai molte cose al dettaglio ma quali reazioni questi cambiamenti possono mettere in atto nel mondo vegetale, animale e umano è assai difficile calcolarlo.
Beh di fronte a tutto questo uno sciopero che senso ha? Ha il senso di fermare per un giorno la nostra quotidianità per trovarci a riflettere tutti insieme che tipo di futuro stiamo preparando ai nostri ragazzi e agli anni che ci restano da vivere. Ha il senso di una enorme massa critica che cresce, come è successo da marzo e chiede reazioni ad ogni livello, dalla comunità locale e quella mondiale. Se le piazze saranno piene e le scuole vuote non potremo più ignorare il grido di allarme che i giovani ci mandano e cominciare ad orientare, dal giorno dopo, ogni nostra azione quotidiana e politica verso una inversione di rotta e pretendere di andare all’incasso sulle misure decise nei vertici sull’ambiente dei Grandi (vedi COP25 a Parigi). E’ cominciato tutto con lo sciopero di una ragazzina un venerdì di febbraio, ora c’è un movimento mondiale che si chiama Friday’s for future, i venerdì del futuro. Anche uno sciopero può!
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