Paolo Govoni dalla Camera di Commercio a Sipro
L’attuale vicepresidente della Camera di Commercio di Ferrara e Ravenna è benvoluto sia dalla parte politica (Comune di Ferrara in primis, che detiene il 48% della società) che da quella imprenditoriale
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La proposta di abolire il numero chiuso alla facoltà di medicina avanza fino a Roma. Il rettore dell’Università di Ferrara Giorgio Zauli è stato ricevuto in audizione alla Camera dei Deputati – precisamente nella settima commissione Cultura, scienza e istruzione – per discutere di un progetto sperimentale destinato, se verrà approvato, a rivoluzionare il sistema di accesso in una delle facoltà più ambite e difficili dell’ateneo.
La delegazione Unife – composta oltre dal rettore Zauli, dal preside della facoltà di medicina Melchiore Gigante, dalla direttrice del dipartimento di morfologia, chirurgia e medicina sperimentale Paola Secchiero e dal collaboratore Andrea Maggi – torna a Ferrara incassando il sì dei membri della commissione.
I deputati, infatti, hanno espresso parole di incoraggiamento verso la proposta che, fra l’altro, ha ricevuto nella stessa giornata l’appoggio “formale e incondizionato” del sottosegretario alla salute Armando Bartolazzi. Nel contempo, il progetto è stato presentato al capo di gabinetto del ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca Marco Bussetti per valutare l’avvio della sperimentazione.
“Si tratta di una proposta per sperimentare un accesso programmato a medicina, alternativo all’attuale sistema con quesiti ministeriali, per dare un contributo che possa anche aiutare la discussione parlamentare sui nove disegni di legge” annuncia in apertura il rettore, ricordando che “tutti gli studenti presenti in senato, nel consiglio di amministrazione di Azione Universitaria, di Link e StudentOffice hanno approvato all’unanimità questa proposta“.
“Perché crediamo di essere credibili come ateneo? – si domanda Zauli -. Innanzitutto siamo un’università accreditata, con giudizio pienamente soddisfacente, abbiamo una politica accogliente e una tassazione agevolata. Inoltre abbiamo sperimentato la capacità dell’ateneo di gestire dei corsi ad alta numerosità (come biotecnologie), oltre al prestigioso riconoscimento ricevuto dal collega Giorgio Donna che ci colloca come primo ateneo pubblico italiano per livello di performance, pur essendo uno degli atenei sottofinanziati”.
La necessità di un cambiamento radicale nell’accesso a medicina è presto spiegato: “L’attuale modello a scorrimento nazionale fa perdere da sei mesi a un anno a numerosi studenti che cercano di avvicinarsi il più possibile alla sede di residenza e sfavorisce gli studenti bisognosi: il paradosso è che selezioniamo male gli studenti dopodiché il sistema è tale per cui siamo quasi costretti a portarli avanti, pena disincentivi economici da parrte dell’Anvur”.
In che cosa consiste la proposta targata Unife? “Pre-iscrivere entro il 31 luglio 2019, termine ultimo per cui gli studenti si iscrivono all’esame nazionale di medicina, fino a 600 studenti – entra nel dettaglio il rettore -, numero che deriva dalla massima capienza nell’ipotesi che tutti riuscissero ad andare avanti. L’idea è di riservarla ad immatricolati puri e che sia incompatibile con l’iscrizione ai test di ammissione nazionale. Questo perché nel primo semestre vorremmo iniziare le lezioni molto anticipatamente, già a partire da lunedì 2 settembre, fino al 22 novembre”.
“Il piano curriculare degli studi prevede tre esami: fisica medica, biologia-istologia e anatomia umana 1, con la somministrazione di almeno due appelli per ogni esame entro il 31 gennaio 2020. Gli esami sarebbero fatti rigorosamente in modalità scritta su piattaforma informatica al fine di evitare disparità di trattamenti – prosegue Zauli -. Sarebbero ammessi alla prosecuzione tutti coloro che superano i tre esami con una media aritmetica e non ponderata uguale o superiore a 27 trentesimi”.
Un “elemento particolarmente qualificante“, secondo il rettore Unife, è “prevedere una soglia e non un numero come succede in Francia per far sì che la gara di ogni studente sia con se stesso, stimolando la cooperazione e non la competizione”. E poi “la proposta riguarda solo il primo semestre e non il primo anno, così gli studenti non perderebbero un anno di studi, visto che naturalmente i crediti verrebbero riconosciuti in altri corsi di laurea”. Il tutto “monitorato dall’agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario che controlla crediti, progress test e una serie di indicatori ministeriali”.
Ma quali sono i limiti portati avanti dagli ‘obiettori’? “Partiamo dalle risorse umane: dall’introduzione del numero chiuso si è perso più del 20% dei propri effettivi nell’area medica – rendiconta Zauli -. Per la logistica, abbiamo risolto il problema con biotecnologie utilizzando i padiglioni della Fiera di Ferrara. Anche i laboratori didattici ci consentirebbero l’uso di strumenti innovativi per lo studio dell’anatomia umana”.
“Non siamo preoccupati dal possibile scadimento della qualità della didattica – prosegue Zauli – perché in biotecnologie siamo passati da 70 a 1000 studenti e la soddisfazione non è calata. Per i 15 Cfu di tirocinio da conseguire prima della laurea, ci siamo già mossi coinvolgendo la Regione Emilia Romagna, le strutture private accreditate, le aziende di riferimento e l’Ordine dei medici”.
Ultimo punto, quello più caldo, è il timore dell””effetto imbuto” post laurea. “È vero che mancano le borse di studio però ci sono dei tecnicismi che già oggi potrebbero essere adottati per migliorare la situazione” spiega Zauli che il 7 marzo incontrerà la direttrice generale del Miur Letizia Melina per proporre alcune di queste soluzioni.
Ovvero: incrementare il numero delle borse di specializzazione, creare percorsi misti tra scuole di specializzazione e dottorati di ricerca, lavorare sulla disincentivazione dell’abbandono delle scuole di specializzazione; “una vera e propria piaga: perdiamo circa 500 borse ogni anno” aggiunge Zauli. Un ultimissimo grande tema da prendere in esame è la modifica del Dpr 483 del ’97 che attualmente impedisce l’assunzione presso il sistema sanitario nazionale dei medici non specialisti; “assolutamente da cambiare perché c’è un bisogno disperato di medici“.
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