Spettacoli
9 Luglio 2018
Il cantautore siciliano anima il quarto concerto di Ferrara Sotto le Stelle offerto da Legacoop Estense

Colapesce, un “prete infedele” canta per i “maledetti italiani” a Ferrara

di Elisa Fornasini | 3 min

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(foto di Alessandro Castaldi)

Una domenica sera di festa all’aria aperta, tra le quattro mura del cortile del Castello Estense in cui risuona una musica indie e pop, selvaggia e intima allo stesso tempo. Tutto questo è stato offerto da Ferrara Sotto le Stelle e Legacoop Estense per il quarto – e unico – concerto gratuito del festival in occasione della Giornata Internazionale delle Cooperative.

Sul palco, per quasi due ore di spettacolo non stop, c’è Colapesce, al secolo Lorenzo Urciullo, il cantautore siciliano che con il suo ultimo album “Infedele” conserva intatto lo spirito del cantautorato italiano in una veste nuova e piacevolmente sperimentale.

Anche i più prevenuti si sono dovuti ricredere già dall’entrata, quando Colapesce fa il suo ingresso sul palco con una testa di cartapesta a forma di narvalo che incarna perfettamente il suo nome, tratto da un’antica leggenda siciliana che narra di una creatura mezzo uomo e mezzo pesce che salva l’isola dall’affondamento.

Il corno dell”unicorno del mare’ e la tunica da santone ondeggiano sulle note di Pantalica, che apre il concerto e la tracklist dell’ultimo disco ‘manifesto’ prodotto insieme a Iosonouncane e Mario Conte. Il “fuoco in questa grotta bianca”, acceso nella necropoli vicina alla sua Solarino che conferma il legame di Urciullo con la sua terra d’origine, lascia spazio alle melodie più romantiche di Ti Attraverso perché “ti vedo ma non ti capisco” e a quelle sensuali di Vasco da Gama, quando la vera scoperta è sul corpo della propria amata.

È una immersione Totale, come recita il titolo della canzone più coinvolgente dell’ultimo album, ad accompagnare il pubblico di giovani e meno giovani su Satellite e Reale. Con il vestito da prete, indossato da tutta l’Infedele Orchestra che accompagna il tour estivo, Colapesce ringrazia le 22 cooperative che hanno finanziato l’appuntamento per poi giocare con i simbolismi legali alla sacralità di Egomostro e di Maometto a Milano.

Il gioco sui valori religiosi – da parte di chi va fiero di non appartenere a nessuna parrocchia, almeno in ambito musicale – raggiunge l’apice con la distribuzione delle ostie durante il live per poi navigare velocemente tra Segnali di vita, Decadenza e panna, Compleanno, Sospesi, Passami il pane e Restiamo in casa. Un titolo, un programma: arrivano due gocce d’acqua che non intimoriscono gli spettatori e il cantautore ringrazia perché “in Sicilia appena c’è questo tempo si chiudono in casa, grazie per non aver svuotato la piazza”.

Una dedica ai Maledetti italiani, ma “maledetto anche me”, è il penultimo pezzo prima della chiusura con S’illumina ma il cantautore siculo è preso bene e si cimenta in due fuori programma con Bogotà e La distruzione di un amore, mentre il pubblico esce dal Castello fischiettando “come quando sono a un palmo di naso dalla tua pelle e non riesco a sfiorarti”. Ma in questo caso l’intensità è palpabile.

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