Un musicista selvaggio, dal cuore matto, amante delle città pittoresche e autentico appassionato del pane ferrarese. Lui è Omar Pedrini, ex leader dei Timoria con cui ha riscritto la storia del rock italiano, che sabato 9 giugno sarà protagonista della seconda serata del Comacchio Beach Festival. Sul palco della spiaggia libera di Porto Garibaldi, il cantautore bresciano farà scorrere il suo ormai ex ‘sangue impazzito’, in compagnia di Alessio Bernabei, Elodie, Lele e Biondo, in un maxi concerto gratuito.
Per lei sarà un ritorno a Comacchio dopo la partecipazione a “Note di Settembre” nel 2016, che ricordo conserva della città lagunare?
Ho un bellissimo ricordo, ho scoperto la Comacchio intima dei canali e delle osterie, una città favolosa. La conoscevo già da bambino perché in estate passavo i weekend sulla costa, a mangiare l’anguilla e fare il bagno, ma non sapevo che fosse così poetica e pittoresca. Ci sono dei locali bellissimi che non conoscevo e che consiglio agli amici. Nell’infanzia ho vissuto la Comacchio dei figli, ora quella dei genitori, e in entrambi i casi è straordinaria.
Dai ricordi di infanzia a oggi, cosa si aspetta dal concerto comacchiese? Ha superato i 50 anni ed è stato inserito nella serata dedicata ai giovani artisti…
Mi aspetto di sentire dei bravi talenti, a cui farò un po’ da chioccia. A fine concerto regalerò qualche canzone con la mia chitarra. Proporrò un po’ di tutto, dai classici dei Timoria ai pezzi solisti degli ultimi dischi. Penso che sarà comunque un’esibizione breve per lasciare spazio alle nuove leve.
Ha citato i Timoria, ed è inevitabile. Cosa le è rimasto di quella esperienza?
È tutto ciò che sono, è parte di me. Ho curato i testi e la musica, parlare dei Timoria è come parlare di Omar, del mio braccio. E ne sono fiero! Così come sono orgoglioso dell’attenzione suscitata dal 25° anniversario del Viaggio senza vento tour che si terrà a novembre. Ci hanno definito dei pionieri, ma mi piace di più pensarci come un gruppo spartiacque: negli anni ’90, quando era impensabile fare successo con il rock cantato in italiano, abbiamo spianato la strada alle nuove band.
Timoria in greco significa vendetta. Avete avuto la vostra rivincita nel rock italiano? O il sangue non è più ‘impazzito’, per citare una sua canzone?
Bella domanda. La ‘vendetta’ l’abbiamo avuta nel ’91 quando Sanremo ha istituito il premio della critica per i giovani, per premiare la nostra L’uomo che ride. Tutte le volte che lo consegnano per me è un brivido, perché sento che c’è qualcosa di mio. Però il sangue non è più impazzito, perché quella canzone è dedicata alle droghe e alla religione, e io fortunatamente non sono più tossicodipendente. Ora mi occupo del cuore, ho un problema congenito e ho già subito tre operazioni a cuore aperto, un record. Il rock’n’roll e i fan mi aiutano a non pensarci, a vivere come ‘se non ci fosse un domani’ (titolo dell’ultimo album, ndr).
Qual è il bilancio di una vita vissuta sempre a ritmo rock’n’roll? Non a caso l’hanno battezzata lo ‘zio rock’…
Ti racconto com’è nata questa storia. Sono stato fermo per otto anni, un periodo lunghissimo per i musicisti, poi quando sono tornato ho trovato i vecchi fan che mi seguivano con i figli, e le nuove generazioni. Mi sentivo lo zio, il fratello maggiore che passa i dischi giusti e dà le dritte sulla buona musica. “Sei come uno zio che mi dà i consigli sul rock” mi disse una volta un ragazzo, e gli risposi che poteva chiamarmi “zio rock”. Da lì, nel giro di sei mesi, ho preso quel nome e ora i fan sono i miei nipoti. Ciò mi rende fiero della mia musica e di quello che farò, anche se lascia tanti cicatrici.
Veniamo ai progetti futuri. Recentemente la sua biografia “Cane sciolto” ha debuttato a Milano, ci sono altri spettacoli in programma?
La biografia – in cui ho raccontato la mia vita rock, oltre i crismi del sex & drugs & rock & roll (la vita è ancora quella ma ho torto la parte drugs) – ha avuto la sua apoteosi a teatro Menotti, dove ha avuto un’accoglienza bellissima. Mi sono trovato a sperimentare il teatro-canzone che mi ha regalato un’emozione nuova. Qualcuno ha scomodato Gaber: lui è un maestro irraggiungibile, ma parlare di strada ‘gaberiana’ lo accetto ed è un percorso che voglio portare avanti. Continuerò a essere selvaggio, come ai tempi dei Timoria, ma sono anche sedotto dal teatro. A ottobre-novembre partirà il tour in giro per l’Italia, spero e voglio portarlo anche a Ferrara, città che amo.
Un amore corrisposto, se pensiamo alle sue varie apparizioni in zona. Cosa la lega alla città estense?
Ho cominciato a venire a Ferrara ai tempi del ginnasio per visitare le mostre al Diamanti. È una città con una personalità unica e con osterie antiche, dove un malato enologo come me va a nozze. E poi adoro il pane ferrarese! Pensa che le fan non mi regalano i classici peluche ma mi portano i pacchi di pane ferrarese, una goduria.
La ciupeta lascia il segno…
Ecco come si chiamava, non mi ricordavo più il nome ma è buonissimo. Approfitterò del concerto a Comacchio per venire a Ferrara e fare la scorta: il giorno successivo ho anche in mente di fare una scappata al Castello per vedere la mostra della famiglia Sgarbi, me ne ha parlato bene Elisabetta con cui ho instaurato una bella amicizia.
A proposito di amicizie nuove e passate, è vero che potrebbe essere il prossimo giudice a X-Factor?
È la domanda che mi stanno facendo tutti, ma non so rispondere con certezza, così sorrido sornione. So di essere stato individuato come uno dei possibili giudici – sono uno dei cinque candidati dalla produzione – ma le trattative con il manager sono ancora da definire. Ho tanti impegni ma mi piacerebbe partecipare, insegnando all’università sono abituato a parlare alle nuove generazioni. Come farò a Comacchio con i giovani ospiti che si esibiranno prima di me.
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