Politica
10 Novembre 2016
Il sindaco su Titolo V e bicameralismo: "La riforma ufficializzerà quello che già avviene tra sindaci e governo"

Referendum, Tagliani difende il ‘senato dei territori’

di Ruggero Veronese | 4 min

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IMG_7134oloIl ‘senato dei territori’ e il nuovo Titolo V della Costituzione, in caso di approvazione della riforma, rappresenteranno uno strumento più efficace per i territori nel rapportarsi con il potere centrale. È questa – in sintesi – l’argomentazione con cui il sindaco Tiziano Tagliani ribadisce il proprio sì alla riforma costituzionale, durante il dibattito “Opinioni a confronto” organizzato al Ridotto del Teatro Comunale dalla Associazione Culturale Democratica e dall’Associazione Nazionale Donne Elettrici. Un incontro che vede anche la nota costituzionalista Lorenza Carlassarre (UniPd) e l’assessore regionale Massimo Mezzetti (Sel) attaccare duramente la riforma renziana, difesa invece dal giurista Marco Lombardo (UniBo) e da Marco Zanella del Pd ferrarese.

Forse anche per la presenza di due amministratori locali tra i relatori, il dibattito al Ridotto si sofferma per lunghi tratti sulla ‘seconda metà’ della riforma alla Costituzione, solitamente più in ombra rispetto al tema del bicameralismo perfetto: le modifiche al Titolo V che comporterebbero il trasferimento di numerose competenze (in particolare per le politiche energetiche, ambientali e occupazionali) dalle regioni allo Stato. A sintetizzare le ragioni del sì è Tagliani, secondo cui la riforma ufficializzerà sul piano formale una situazione che di fatto, nel corso degli anni, è già diventata realtà. “Questo perché la Corte Costituzionale – afferma il sindaco -, dopo essere stata chiamata in causa migliaia di volte, ha agito da arbitro sulle competenze in concorrenza, riportando gran parte delle decisioni alla sfera nazionale”.

IMG_7117hjohPer i sostenitori del sì la ricentralizzazione delle competenze avrebbe quindi il doppio vantaggio di ridurre le ‘invasioni di campo’ della Corte Costituzionale in politica, spesso chiamata a sopperire a decisioni e indecisioni dei parlamentari eletti, e di prevenire alla radice migliaia di procedimenti: ad oggi infatti circa il 40% dei ricorsi in materia di amministrazione che vi approdano sono relativi a conflitti di attribuzione tra Stato e regioni.

La ricentralizzazione delle competenze verrà sopperita, secondo Tagliani, da un Senato “in grado di dare peso politico ai territori”. Anche in questo caso, secondo il sindaco, si tratta di ufficializzare a una prassi che, di fatto, già avviene presso l’Anci (associazione dei comuni) o nella Conferenza Stato-Regioni: “Oggi – afferma Tagliani – il sistema delle pubbliche amministrazioni si rapporta in quelle sedi col governo: anche se gli accordi che vengono presi non hanno alcun valore giuridico, di fatto è lì che quotidianamente si decidono le cose. La riforma darà un vero potere di discussione agli amministratori, anche sul piano formale, e rappresenta un milione di passi avanti per quanto riguarda la rappresentanza degli enti territoriali”.

Un po’ paradossale – come ammettono Lombardo e Zanella – che a portare a compimento la riforma federalista del Titolo V nel 2001, fu proprio la coalizione di centrosinistra. “Ma allora pensiamoci un po’ meglio prima di fare le riforme”, suggerisce scherzosamente (ma non troppo) la Carlassarri, assai scettica sulla modalità di superamento del bicameralismo perfetto. In particolare per quanto riguarda i temi in cui le competenze di deputati e senatori torneranno a incrociarsi: “Molte leggi rimangono in comune, come quelle comunitarie, e visto che oggi gran parte del nostro diritto entra in Italia in quel modo, ne consegue che il senato continuerà ad avere poteri e competenze enormi”. Una situazione da cui secondo la costituzionalista potrebbero derivare nuovi stalli politici, anche in conseguenza delle “enormi spaccature politiche” all’interno dei consigli regionali.

Sempre critiche ma per motivi opposti le ragioni di Mezzetti, secondo cui il Senato si ritroverà invece fin troppo ininfluente e depotenziato: “Stiamo assistendo a un neo centralismo che non risolverà i problemi dell’Italia. Credo che i contenziosi alla Corte Costituzionale non diminuiranno, anzi ne sorgeranno di nuovi tra Camera e Senato. I senatori dovranno essere presenti e lavorare su due fronti in una camera a poteri ridotti, che quando la Camera produce una legge ha dieci giorni di tempo per chiedere di esaminarla e discuterla. In questo modo il senato viene istituito ma non dotato di veri poteri, e infatti non viene neanche chiamato a esprimersi sulla legge di stabilità, ovvero quella che più incide sugli enti locali”.

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