Occhiobello. Per chi soffre di mal di schiena o sciatica, da oggi a Occhiobello c’è lo specialista giusto. Anzi, un team di dieci specialisti tra terapisti del dolore, fisiatri, fisioterapisti, radiologi e chirurgo vertebrale. Insieme formano il nuovo “spine center” della casa di cura “Santa Maria Maddalena” dedicato esclusivamente al trattamento congiunto del mal di schiena. Un’iniziativa di questo tipo, il cui protocollo è attualmente sotto revisione della prestigiosa rivista scientifica internazionale “Pain Practice”, pone la casa di cura di Occhiobello nel ruolo di apripista a livello nazionale. Al momento soltanto in Olanda è stato creato un protocollo simile, eppure si tratta di una patologia molto diffusa.
“Il 50-80% della popolazione adulta soffre almeno una volta di dolore lombare o sciatica e pesa circa per il 20% del totale delle cure mediche. Tra i 40 e 50 anni è tra le maggiori cause di disabilità, rappresenta la terza causa di accesso al medico di famiglia ed è responsabile del 40% di tutte le giornate lavorative perse” rendiconta Giuseppe Maida, neurochirurgo e chirurgo vertebrale, noto in città per essere la ‘gallina dalle uova d’oro’ emigrata dall’ospedale di Cona alla casa di cura privata di Occhiobello. “Siamo contenti della sua scelta che ci ha permesso di consolidare il nostro centro di riferimento per il trattamento delle patologie della colonna vertebrale e di chiudere un cerchio su questo progetto partito dieci anni fa” dichiara l’amministratore delegato Vittorio Morello, soddisfatto di questo spine center “che al momento non trova concorrenti”, con l’ambizione di “offrire questo servizio alla popolazione che viene da tutta Italia per curare il mal di schiena in tutti i suoi aspetti con un approccio clinico, chirurgico e medico”.
C’è però da mettere in chiaro una cosa: lo spine center non è un ambulatorio fisico ma un concetto pratico. “Si tratta di un ‘circuito’ moderno ed efficace per indirizzare il paziente dallo specialista giusto, nello stesso posto, senza costringerlo a girare tra medici e città diverse” spiega Maida, che mette in luce i vantaggi di questo approccio multidisciplinare: “Offrire il miglior trattamento possibile che la scienza mette a disposizione in questo momento e ridurre la spesa e il disagio per la persona che soffre”. In pratica niente più ‘rimpallo’ tra medici ma collaborazione tra specialisti: se l’utente ha bisogno di un intervento chirurgico viene ‘inviato’ al chirurgo, se ha bisogno di un trattamento farmacologico intervengono i terapisti del dolore mentre se basta la riabilitazione viene indirizzato al fisiatra. Un concetto semplice sulla carta, ma complicato da mettere in pratica.
“L’aspetto più difficile è coordinare i diversi specialisti – ammette Maida – per questo abbiamo elaborato un meccanismo di procedura che ha portato alla pubblicazione del protocollo sulla rivista internazionale Pain Practice che concretizza questo modo di procedere e che può essere un modello per tutti”. O almeno per tutte le strutture private a matrice piatta dato che, come rivelano i relatori, mettere in piedi questo approccio reciproco negli ospedali pubblici è praticamente impossibile a causa della struttura verticistica. Il protocollo verrà presentato alla comunità scientifica durante il convegno internazionale di lombalgia e radicolopatia in programma venerdì 23 e sabato 24 ottobre all’hotel Ferrara. “L’aspetto interessante del congresso – spiega il chirurgo – è dare il medesimo spazio a tutti gli specialisti che vengono chiamati in causa per cercare di trovare una procedura comune, come noi abbiamo già fatto alla casa di cura di Occhiobello: il futuro del trattamento di questa patologia è multidisciplinare, non si può più pensare di trattarla solo in maniera chirurgica o riabilitativa”.
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