Sport
14 Giugno 2015
Le turbolente vicende degli ultrà spallini raccontate in un libro

Il Gruppo d’Azione dà un calcio alla violenza

di Elisa Fornasini | 3 min

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spal1Andare alla Spal non per seguire la partita ma come pretesto per attuare azioni di guerriglia urbana. Era il modo di un centinaio di ultrà ferraresi biancazzurri, identificati sotto il “Gruppo d’Azione” della curva Ovest, per mettere in pratica il loro motto valoriale: “Sovvertire l’ordine, creare il caos”. Un’escalation di violenza fuori e dentro lo stadio tra gli anni ’80 e ’90 raccontata in modo nudo e crudo dagli stessi protagonisti di quelle turbolente vicende, Filippo Landini e Alessandro Casolari, nel libro “Gruppo d’Azione” presentato venerdì pomeriggio alla biblioteca Ariostea.

L’incontro, organizzato da Ferraraitalia, è stato introdotto dall’intervento del direttore Sergio Gessi, che ha messo in luce quanto nel romanzo il tema della violenza venga affrontato senza reticenze e con piena assunzione di responsabilità. “Il volume racconta la fase incandescente della storia del tifo sportivo ferrarese – spiega Gessi – con il peggio del campionario che si possa immaginare pensando a un gruppo ultras: danneggiamento e distruzione di auto, vetrine, negozi, cabine telefoniche, beni di pubblica utilità, aggressioni fisiche a tifosi delle opposte fazioni ma anche a semplici e inerti cittadini. Azioni violente e gratuite, rese ancor più odiose e intollerabili proprio dalla futilità o dall’inesistenza di presupposti”.

OLYMPUS DIGITAL CAMERAEppure per i due autori i buoni motivi c’erano, ed erano pure motivi politici. “Allo stadio si faceva politica, combattevamo contro la contraddizione degli anni ’80 – dichiara Alessandro Casolari -, non accettavamo questo doppio petto in giacca e cravatta dove sotto c’era un verminaio e quindi programmavamo la violenza soprattutto contro le forze dell’ordine, viste come garante dell’ordine costituito che andava sovvertito”. “Ferrara in quegli anni era una città pseudo addormentata cullata nella propria ferraresità – fa eco Sergio Fortini – e forse c’era bisogno di questo forno nella pentola a pressione, creare caos collettivo per creare casa collettiva”.

Il viaggio nella memoria, che include fotografie e articoli dell’epoca, vuole quindi fare riflettere sull’assoluzione di responsabilità “che viene sempre rimandata – aggiunge Casolari – e che non fa crescere la società. Io non mi sento più sporco di un politico, mi sono assunto le mie responsabilità, ho scontato la mia pena in prigione e ne sono uscito più rafforzato”. La forte valenza autocritica intercorre in tutto il romanzo, “diviso in capitoli – sottolinea Filippo Landini – come scelta narrativa funzionale per rappresentare tante situazioni anche al di fuori dello stadio”.

Nessuna giustificazione, nessuna indulgenza dei lettori, solo la reale testimonianza dei fatti con tanto di autocondanna nella prefazione. Forse proprio per questo la pubblicazione ha suscitato scandalo e disapprovazione. “Eppure di violenza dobbiamo tornare a parlare – commenta Giuseppe Scandurra – senza retorica e senza reticenze. L’unico gruppo sociale che non ha mai fatto politica di vittimismo è appunto il mondo ultras, un luogo di aggregazione in cui lo sport è solo il contorno”. Il problema è quando l’aggregazione non trova vie di sfogo se non quelle della violenza.

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