
Cesare Butelli
Un debito da circa 1,2 milioni di euro verso il fisco, tra mancati versamenti dell’iva e delle ritenute di acconto. È questa l’accusa che Cesare Butelli, ex presidente della società Spal 1907, dovrà affrontare nel tribunale di Ferrara in seguito alla turbolenta gestione del principale club calcistico ferrarese, fallito nella primavera del 2014 dopo che i creditori rifiutarono la proposta di concordato preventivo avanzata dalla dirigenza. Una vicenda che ha aperto diversi strascichi giudiziari – in particolare un’indagine per bancarotta fraudolenta per distrazione da due milioni di euro, che si appresta a giungere davanti al gip – e che si aggancia anche a questo processo, che a fine giugno con ogni probabilità si chiuderà con il verdetto.
In questo caso la Spal 1907, secondo la procura, non avrebbe pagato né l’iva relativa agli anni 2011 e 2012 (rispettivamente 482mila e 483mila euro) né le ritenute Irpef per calciatori e dipendenti per il 2012 (309mila euro). Un’evasione dagli obblighi fiscali in cui secondo l’avvocato di Butelli, Francesco Marenghi, l’ex presidente e rappresentante legale della società non operò con mala fede, visto che l’omissione contestata non è relativa alla dichiarazione ma al pagamento successivo. In sostanza la Spal 1907 avrebbe dichiarato correttamente i propri redditi all’Agenzia delle Entrate, che però in seguito non incassò neppure un euro. Colpa, secondo Marenghi, della situazione finanziaria che ormai si stava abbattendo sulla Spal 1907, rendendo materialmente impossibile i versamenti dovuti al fisco.
A ripercorrere la vicenda di fronte al giudice Attinà è stata proprio una funzionaria dell’Agenzia delle Entrate, partendo dai primi verbali di accertamento inviati alla società nel corso del 2013. L’importo dovuto al fisco aumentò sensibilmente anche in seguito al suo intervento, quando della vicenda si occuparono alcuni colleghi che ricalcolarono la cifra includendo anche i cud presentati a inizio 2013, fino ad arrivare alla somma finale di circa 1,2 milioni di euro. Una cifra che, secondo la funzionaria, deve essere tuttora incassata dal fisco italiano.
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