Dopo la sentenza del tribunale di Ferrara, l’arcivescovo di Ferrara e Comacchio Luigi Negri ha sospeso ‘a divinis’ il parroco del ferrarese condannato in primo grado per atti di pedofilia verso un minore. In una lunga lettera inviata ai sacerdoti della provincia e pubblicata sul proprio sito personale, Negri spiega i motivi alla base della propria decisione e invita tutti i componenti della curia ferrarese a riflettere sulla delicatezza dell’impegno religioso e sulle responsabilità che derivano dai voti religiosi. Chiudendo la missiva con il proposito di “convocarvi per un’ampia assemblea sulla situazione della nostra amata Arcidiocesi, dopo un primo anno così intenso, così pieno di possibilità positive, che sono andate al di là delle nostre stesse capacità, segnato però anche da tante difficoltà”.
“Come avrete già saputo dalle notizie apparse sugli organi di informazione – scrive Negri -, un nostro sacerdote è stato condannato, con sentenza di primo grado, in un processo relativo a episodi gravi su un minore. È inutile che vi dica la profonda amarezza che provo, come ho già provato ai tempi della vicenda di don Tosi, e che si rinnova in me ogni volta che si profilano situazioni scorrette dal punto di vista morale nell’ambito delle nostre istituzioni. Una prova come questa è un’ulteriore sfida che la Provvidenza ci pone di fronte”. Nella lettera il vescovo non si addentra nei dettagli della vicenda che ha visto la condanna del parroco – accusato da una coppia straniera a cui aveva dato ospitalità di aver compiuto atti di libidine verso il loro figlioletto -, ma sprona ripetutamente i sacerdoti a “consegnare la vita a Cristo e vivere intensamente il servizio alla Santa Chiesa, perché in essa si rinnovi continuamente l’esperienza del popolo cristiano attraverso la nostra azione educativa, è la prima cosa che una sfida come questa ci chiede e, vorrei dire, ci impone”.
E nel cercare una spiegazione per quanto accaduto, nel passaggio successivo il vescovo descrive sia le responsabilità individuali del prete che l’influenza che la società contemporanea – a suo avviso – può avere sulla vita dei religiosi: “Queste cose – afferma Negri – accadono anche perché non si è stati o non si è sufficientemente vigilanti sulla propria vita personale, nei confronti dei limiti che noi condividiamo con gli uomini di questo mondo. Non possiamo negare che l’immoralismo che pervade la nostra società condizioni qualche volta anche il nostro stesso modo di sentirci o di essere”. Ma non manca neanche un richiamo alle situazioni interne alle istituzioni clericali su cui intervenire per prevenire le situazioni come quella che dal 2010 ha visto il parroco appena sospeso al centro di gravi accuse penali: “È necessaria – continua il vescovo – una vigilanza piena di affezione reciproca sulla nostra vita di presbiteri, appartenenti all’unico presbiterio e quindi capace di sostenersi, di edificarsi, di correggersi, di godere del bene che il Signore concede a molti fra noi e di portare con dolore il limite che vediamo nella vita degli altri. Non a caso negli ultimi mesi ho insistito molto sul fatto che nel clero debbono cessare, o quantomeno ridursi, quelle gelosie e opposizioni che rendono così debole la nostra realtà comunionale. Se Dio permette vicende come quelle che squassano la nostra vita diocesana, le permette, certamente e innanzitutto, perché il clero riprenda, secondo la grande tradizione di questa Chiesa, a camminare con forza dietro il Signore e al servizio dei nostri fratelli”.
In un paragrafo che segue Negri entra nel merito ‘tecnico’ della propria decisione e sui motivi che lo hanno portato a emanare la sospensione ‘a divinis’: “Si impongono, a me pastore di questa chiesa, delle scelte su questa vicenda che sono precisamente indicate dalle direttive della Santa Sede e dalla Conferenza Episcopale Italiana. Ho informato puntualmente, fin dall’inizio del processo civile, la Congregazione per la Dottrina della Fede di tutti i passi che si svolgevano, e ho comunicato subito la chiusura del procedimento di primo grado e la condanna. È per questo che, con tanto sacrificio e tanto dolore, devo sospendere a divinis per tutto il tempo che sarà necessario questo nostro confratello”. Un passaggio che lascia intendere che il provvedimento potrebbe essere ritirato in caso di una assoluzione in appello del prete, il cui avvocato, Claudio Maruzzi, ha già preannunciato il ricorso.
La lettera si conclude con un invito alla preghiera per il parroco condannato e per lo stesso arcivescovo: “Vi chiedo di pregare molto per lui – scrive Negri – perché questa prova terribile, che segna la sua vita, diventi un’occasione per il rinnovarsi della sua fede e della sua appartenenza alla Chiesa; un’appartenenza che comincia, come per ogni presbitero, dal rinnovarsi di una comunione piena di dipendenza e di obbedienza nei confronti del Vescovo. Pregate molto anche per me, e non fate di questo mio messaggio spunto per indebiti giri di voci. Rendetelo piuttosto spunto di riflessione e di meditazione per voi; e nei modi e nei tempi che riterrete utili, nella vostra responsabilità di pastori, sappiate comunicarlo anche alle vostre comunità come occasione di crescita della fede, della speranza e della carità”.
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