
Mario Nardini
La sua non è stata solo “una vita da mediano”, per citare Ligabue, ma usando metafore calcistiche si può dire che abbia giocato in difesa, in attacco e in tutte le zone del campo. Ora però per Mario Nardini, che ha da poco passato il testimone della Fiom Cgil provinciale, è giunto il momento di appendere le scarpe al chiodo.
Il riposo del guerriero, lo si potrebbe definire, sia per il numero e la complessità delle vertenze che ha dovuto affrontare, sia per il lungo impegno nel sindacato, 24 anni, che assieme a quelli maturati come meccanico manutentore allo zuccherificio di Bondeno gli hanno permesso di ottenere la pensione, che arriverà ufficialmente il 30 giugno. Nardini ha comunque già passato il testimone della Fiom a Samuele Lodi, eletto segretario generale lo scorso 30 maggio, che eredita situazioni complicate non ancora del tutto risolte, Berco e Vm (ora Fiat) in primis. Ma non è detto che recida del tutto il cordone ombelicale con la Cgil, anche se, come lui stesso sostiene, potrebbe solo “dare una mano”. “C’è un momento nella vita – commenta Nardini – che bisogna fare un passo indietro per dare spazio al ricambio generazionale, altrimenti il rinnovamento non avviene mai. Questo è un Paese che deve ringiovanirsi a partire dal gruppo dirigente, ma il rinnovamento oltre a teorizzarlo bisogna farlo. Per quanto mi riguarda, adesso proverò a recuperare molte cose sul piano personale che in questi anni ho trascurato, perché il lavoro mi ha assorbito completamente. Poi si vedrà”.
Proprio per il suo lungo impegno nella Cgil, Mario Nardini è un po’ la memoria storica nella nostra provincia, vissuta peraltro sul campo, di come e quanto la crisi abbia colpito le imprese (in particolare quelle del settore metalmeccanico) e avuto riflessi pesanti sull’occupazione. Il suo ingresso nel sindacato, come ci racconta, è avvenuto in modo quasi casuale: “All’inizio degli anni ’80, al saccarifero di Bondeno, ero delegato sindacale. Poi c’è stata un’evoluzione, nata un po’ per caso: dovevo seguire il contratto nazionale dell’alimentazione e poi tornare alla mia occupazione, ma così non è stato perché subito dopo mi hanno fatto altre proposte. Tant’è che nel 1991 vado in aspettativa sindacale e ci rimango fino alla pensione. Inizialmente in Cgil sono entrato nella Flai, mentre alla Fiom sono passato nel 2001, prima come componente della segreteria, poi dall’autunno 2008 come segretario generale”. “In questo periodo – aggiunge Nardini – credo di essere riuscito a curare il ricambio della categoria con persone giovani e capaci che in prospettiva sono in grado di ricoprire cariche di prima responsabilità. Il fatto che ci siano state proposte per sostituirci è positivo e dà soddisfzione, è il riconoscimento del lavoro di costruzione svolto”.
Un lavoro tutto interno al sindacato e per questo meno visibile rispetto alle battaglie esterne e in prima linea nel mondo del lavoro. Battaglie dure, spesso durissime, fonti di delusioni ma non di rado anche di soddisfazioni. Fra queste, ve ne sono alcune che lo stesso Nardini ricorda, nel bene e nel male. “Una cosa che non ho mai digerito – racconta – è la scomparsa del settore saccarifero in Italia a partire da Ferrara. Il Paese poteva giocare questa partita in modo diverso in Europa e sono convinto che strategicamente si poteva mantenere la produzione, così invece si sono perse opportunità di lavoro”.
Ma quella del saccarifero è questione affrontata da Nardini nella prima parte della sua esperienza sindacale, quella con la Flai, poi è arrivato il capitolo Fiom. “In Fiom – spiega – è stata un’esperienza di completamento, un laboratorio che mi ha permesso di allargare orizzonti e visione del mondo del lavoro a tutto tondo. Mi ha dato la possibilità di provare a capire che un lavoratore ha problematiche sul lavoro, certo, poi quando esce dalla fabbrica è un cittadino. Se la consapevolezza di questo compenetrasse più in profondità, se avvenisse questa osmosi, forse avremo un Paese migliore. Come cittadini abbiamo doveri e uno di questi è quello di partecipare, ma si partecipa se si ha cultura e consapevolezza dei problemi”.
Le vertenze fondamentali nella carriera di Nardini in Fiom sono quelle affrontate dopo il 2007, cioé all’arrivo della crisi in Italia. “Gli esempi più eclatanti – racconta Nardini – sono stati quelli di Alcoa e Romagna Ruote, con il tentativo di salvre due produzioni. Con quella vertenza abbiamo fatto anche un presidio durissimo, iniziato il 10 dicembre del 2009, che si è protratto fino a quando non è stata ufficializzata la cordata, al freddo e sotto la neve, Capodanno compreso. Poco dopo è arrivata la crisi della Bbs di Ruina, con un altro presidio a febbraio 2010. Dal 2006-2007 a oggi in provincia si è assistito alla chiusura di circa 23-24 aziende metalmeccaniche con perdita del posto di lavoro per oltre 2.000 lavoratori. E in tutto questo sto escludendo la vertenza Berco, dal 2009 a oggi, dove sono spariti 950 posti di lavoro”.
Berco e Vm sono due fronti tuttora aperti e caldi. “Berco è un fronte ancora più caldo rispetto alla Vm – dichiara Nardini – perché, dopo la vertenza del 2013, con la più grande manifestazione degli ultimi 20 anni proprio a Copparo, ora si tratta, come ho sempre sostenuto, di giocare il secondo tempo. Bisogna, e questo Samuele Lodi lo sa molto bene, presidiare la prospettiva, chiedendo, anzi pretendendo, l’effettuazione del piano industriale di Berco, che deve andare dalla modifica degli impianti alla riqualificazione professionale, dalla modifica dell’organizzazione del lavoro al recupero di produttività. Recentemente Kroos è stato chiaro: l’azienda deve riprendere a fare utili. Deve quindi produrre bene e con qualità, provando a essere un punto di riferimento, cercando di essere competitivi in modo da riconquistare quote di mercato. Passata la paura del 2013, ora la scommessa è questa”.
La questione Vm per Nardini è invece fonte di amarezza: “E’ caso emblematico di come la crisi si sia riusciti a superarla, ma anche di come certe persone non vogliano solo vincere, bensì stravincere. Con Vm i rapporti sindacali sono sempre stati ottimi e con loro si sono fatti accordi importanti… improvvisamente arriva uno (Fiat) e 40 anni di ciontrattazione vanno a farsi benedire. Con l’armonizzazione in termini di salario credo che i lavoratori ci perderanno, una volta fatti i conti alla fine dell’anno. E Fiat andrà avanti, come in parte ha già fatto, con la messa in discussione di orari e ritmi di lavoro, con condizioni di lavoro destinate a peggiorare. Altra cosa rilevantissima: l’accordo prevedeva 300 nuove assunzioni, ma dove sono? E ai precari assunti quando scadrà il contratto verrà rinnovato? Insomma, una pagina deludente”.
Come deludenti, almeno in parte, sono i rapporti e le divisioni con le altre sigle sindacali di categoria. “In provincia – riferisce – si è sempre provato a interagire. Nel tempo però le cose si sono ulteriormente complicate, in particolare sulla Vm, dove credo che le altre sigle siano state fortemente condizionate dai vertici nazionali, ma c’è modo e modo e stile e stile. L’interazione può certamente migliorare, ma è più un ottimismo di volontà che di ragione. Le divisioni non hanno rafforzato né i sindacati né i lavoratori, anzi ha comportato un peggioramento complessivo delle condizioni… e la crisi non è una gisutificazione. Ci può essere un’inversione, ma al momento la vedo complicata”.
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