Il nome non lo scrivo, spero che si riconosca da sé, del resto non sono in molti!
In Parlamento per dare un senso alla propria presenza, bisognerebbe presentare leggi ma questa è un‘attività ormai obsoleta essendo stata sostituita dalla decretazione governativa, allora si possono fare inchieste attraverso le commissioni ma poi devono essere rese pubbliche e nel paese della secretazione è un’attività eroica. Ma gli eroi scarseggiano! Infine si possono costituire gruppi di pressione. Fattibile e con qualche efficacia, soprattutto se è alta la trasversalità.
Ebbene in Parlamento si è costruito un gruppo che preme per lo stop al TTIP, il negoziato biltaterale, transatlantico, tra Usa e Ue che prevede lo scompaginamento dell’economia europea in praticamente tutti i settori, sulla base degli standard normativi americani. Un accordo che Shultz – in eurovisione durante la campagna elettorale – ha citato di straforo facendolo passare come uno strepitoso strumento per la creazione di posti di lavoro. In realtà gli studi di previsione di diversa provenienza, oltre a non fornire dati certi, in quanto gli effetti sono da intendersi per il decennio 2017-2027, snocciolano un misero aumento dello 0,5% annuo di crescita del Pil, traducibile in un aumento del reddito delle famiglie tra i 500 e i 900 euro l’anno e in Europa si calcola un aumento complessivo di posti di lavoro tra i 150 e i 180.000. Una miseria rispetto ai milioni di disoccupati!
Mentre a destra, tra i neo-eurodeputati italiani non c’è dubbio alcuno sulla necessità di respingere il TTIP, dalle altre parti, In Italia, qualche primo passo è stato fatto da Filippo Gallinella, deputato del M5S, il quale ha interrogato in aula la ministro allo Sviluppo economico Guidi, da Arturo Scotto, Giulio Marcon e Nicola Fratoianni, di SEL, promotori in aula di una Mozione che chiede un attento esame da parte del Parlamento dei rischi connessi al trattato; da Nuccio Iovene e Filippo Fossati, del PD che hanno paragonato questa campagna a quella, in parte riuscita, contro la direttiva Bolkestein che spingeva per una privatizzazione a tappeto dei servizi pubblici; e poi Ivan Catalano e Adriano Zaccagnini del Gruppo Misto, promotore quest’ultimo di un’interrogazione in Commissione Agricoltura.
L’invito cui hanno aderito i parlamentari citati è quello della Campagna Stop TTIP lanciata dai movimenti e dalle associazioni che già si batterono contro il WTO (Organizzazione mondiale del commercio) per rilanciare con forza il dibattito pubblico ed istituzionale al fine di spingere tutti, fuori e dentro le istituzioni, a bloccare il TTIP perché dannoso per la protezione dei diritti, della qualità dell’ambiente e del cibo, dell’occupazione e della democrazia stessa dell’Unione.
I parlamentari citati hanno espresso il loro impegno a far calendarizzare entro giugno alla Camera la discussione della Mozione presentata da Sel sul tema, e di tutti i provvedimenti assunti intorno al negoziato,che preoccupa per il suo carattere di segretezza, e per gli impatti incerti che avrebbe sull’economia del nostro Paese. I candidati si sono impegnati a far circolare l’appello Stop TTIP e ad accendere i riflettori su un fenomeno, quello del proliferare delle privatizzazioni e della mercificazione dei beni comuni, che colpisce con particolare crudeltà l’Europa del Sud e il Mediterraneo.
L’economista italo-tedesco Fabio De Masi, neoletto per la Linke al Parlamento europeo ha usato una espressione di grande efficacia “ Dobbiamo fermare il TTIP per impedire che le imprese diventino più forti degli Stati”, riferendosi anche all’ISDS, l’arbitrato internazionale sulle controversie che di fatto si sostuirebbe agli ordinamenti giuridici statali.
I parlamentari citati – ai quali ci auguriamo si aggiunga il destinatario di questa lettera – si sono impegnarti ai rilanciare il tema nel corso del Semestre di presidenza italiana dell’Unione, con un incontro a Bruxelles e uno nel Parlamento italiano, in cui mettere a confronto le posizioni e le iniziative parlamentari e quelle della società civile, grazie alla creazione di due integruppi parlamentari sui negoziati commerciali: uno da costituire a Bruxelles e uno a Roma, in stretta connessione tra loro, per spingere successive iniziative di confronto con Governo e Commissione. Non c’è tempo da perdere: il TTIP si può e si deve fermare, e chi si è sempre professato dalla parte dell’ambiente e ha fatto dichiarazione di voto nei confronti dei beni comuni ora si schieri esplicitamente per questa campagna e contribuisca a dare voce al Comitato Stop TTIP che a Ferrara si è appena costituito.