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23 Dicembre 2013

Il fazzoletto di carta

di Francesca Boari | 3 min

Il bambino correva senza fermarsi mai tra gli auguri strozzati dal passo indifferente degli altri e pacchi colorati e luci accese. Il bambino continuava a correre e nessuno lo notava perché il suo passo era talmente veloce da potere essere motivato solo da una urgenza inspiegabile.

Il bambino girava le spalle a tutto quell’assurdo rumore perché il suo annuncio doveva essere più importante. In questa corsa sudata tra il freddo degli altri continuava la sua fatica perché forse lui conosceva la meta.

Dove andava tutta quella gente con il sorriso strozzato? dove portavano quei pacchetti dorati di carta? a chi?

Il bambino correva ancora instancabile e felice. Lui sapeva.

I profumi del cibo del Natale attraversavano i vicoli su cui i suoi piedi non smettevano la forza della corsa. Salami, dolci, pesce, cappelletti, brodo tutto si miscelava alla sua corsa. Quel cibo era già da tempo dentro di lui e ne era sazio, non ne voleva più. Doveva muoversi, il tempo stava per scadere e il suo era il regalo più grande.

Il bambino corre fino a mezzanotte quando le chiese si preparano ad accogliere gli sbadigli della forma e le canzoni stonate.

Il bambino siede sui gradini di una piccola chiesa dove sua madre anni prima aveva detto la sua ultima preghiera. Era la notte di Natale.

La porta di quella chiesetta era chiusa e il bambino si mise a sedere per aspettare che qualcuno aprisse la porta. Il suo regalo l’avrebbe potuto accomodare solo davanti all’altare della piccola chiesa chiusa.

Non aveva niente tra le mani perché il suo regalo era custodito gelosamente tra le sue labbra, secche oramai, per la lunga corsa.

Il bambino si addormentò nel silenzio della notte.

La mattina passava per caso un vecchio signore. Il bambino dormiva ancora e la chiesa era ancora chiusa.

Il vecchio signore gli appoggiò una mano tra i capelli gelati e gli chiese cosa o chi stesse aspettando.

Il bambino aveva tanto freddo e riuscì solo a sollevare lo sguardo. Dagli occhi scesero due lacrime di gelo.

Subito si alzò e guardò verso la porta della chiesa.

“Non apre mai questa chiesa?”, domandò tremando e piangendo.

“Questa chiesa è abbandonata da circa un anno”, disse il vecchio.

Il bambino non si rassegnò. Si avvicinò alla porta e si accorse che si poteva entrare. C’era odore di chiuso e di abbandono, polvere, muffa, freddo.

L’altare era esattamente dove ricordava che fosse. il vecchio lo seguì.

Il bambino gli strinse la mano e insieme si avvicinarono al crocifisso.

Il bambino tolse dalle tasche del suo giacchino un fazzoletto di carta e si avvicinò ai piedi di Gesù.

“Sono venuto ad asciugare la tua fatica, perché se ogni anno rinasci e rimuori, sarai anche stanco di vedere che gli uomini non cambiano mai”, così si mise a sussurrare dolcemente.

Il vecchio stava in silenzio.

“Voglio solo fare questo per te. Asciugarti il dolore e lasciarti riposare”.

Il vecchio gli chiese se conosceva quel tratto dei vangeli in cui si narra che Gesù chiese perdono a Dio per gli uomini.

“Padre perdonali perché non sanno quello che fanno”.

Il bambino disse che aveva più volte sentito parlare della vita di Gesù dalla sua mamma. Venivano sempre insieme in questa chiesa e per lui Gesù continuava a vivere su quell’altare.

Il suo regalo di Natale quest’anno sarebbe stato per lui. Asciugare tanto male con il suo fazzoletto di carta.

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