In merito alle considerazioni fatte dall’UDI a proposito dell’adesione dei commercianti di Ferrara all’iniziativa “Vetrine in movimento” voglio condividere con voi alcune osservazioni e riflessioni.
Premetto che non so di chi sia l’iniziativa e questa mia non vuole alimentare polemeche in merito a scelte, per quanto estremamente opinabili, politiche e strategie economiche della nostra amministrazione. Mi limito, se possibile, a una analisi lucida di quanto ci sta accadendo dal punto di vista strettamente esistenziale.
Partiamo da questa splendida citazione da M. Heidegger “Il nichilismo non serve a niente metterlo alla porta perché ovunque già da tempo e in modo invisibile esso si aggira per le case. Ciò che occorre è accorgersi di quest’ospite e guardarlo bene in faccia”.
Direi che di questi tempi per ognuno di noi è giunto quel momento così saggiamente prefigurato dal filosofo perché in ogni angolo “l’ospite inquietante” si mostra nella sua brutalità e violenza. Dal Novecento alla parola Dio si è sostituita la parola tecnica. Possiamo dire che Dio non fa più mondo, bensì denaro e tecnica fanno mondo. Ossia il mondo di oggi si spiega soltanto attraverso i codici che lo abitano togliendo all’ultimo senso possibile anche la speranza.
F. Nietzsche scrive “Dio è morto” spalancando uno scenario di abbruttimento e angoscia quasi impensabile, al momento del suo annuncio. Nietzsche più volte ripeterà, infatti, che gli uomini non sono ancora pronti alla portata di questa verità. Cosa significa “Dio è morto?”. Se io affermo che “Dio è morto”, vuol dire che so che c’era un tempo in cui viveva. Quel tempo è finito. Il mondo di oggi accade secondo denaro e tecnica; denaro che appare come un mezzo in vista di scopo, ossia la soddisfazione dei bisogni e la produzione di beni. La tecnica è da intendersi come un mezzo nelle mani dell’uomo. E fino a qui sembrerebbe esserci, certo, un nuovo scenario ma non necessariamente negativo. Quando insorge davvero il nichilismo preannunciato da Nietzsche? Quando ciò che dovrebbe essere semplicemente mezzo diviene fine. Se il mezzo diventa scopo smarrisce ogni orizzonte di finalità.
La tecnica si afferma esclusivamente per il suo autopotenziamento e non può avere scopi antropologici. Quelli che i media e il senso comune ci fanno apparire come risultati dello sviluppo tecnologico in realtà sono frutto di procedimenti afinalizzati. Del resto l’etica della scienza prevede di sapere tutto ciò che si può sapere su un determinato settore, al di là del fine specifico, che non conosco dal momento che la ricerca non presuppone la certezza di un fine. Se al termine di una serie di esperimenti risulterà qualcosa di significativo per l’umanità “pagante”allora la ricerca produrrà un effetto visibile e tangibile, solamente, si badi bene, se funzionale all’altra componente che dirige il mondo che si chiama “denaro”. Il discorso si potrebbe protrarre ancora a lungo, ma non voglio annoiare. Arrivo al punto. L’uomo di oggi è funzionario di apparati tecnici ed economici, ciò significa che non è più interessante come soggetto nella sua complessità, ma solo in quanto “efficiente e produttivo”, completamente deresponsabilizzato rispetto alle conseguenze delle sue azioni e del suo esistere. L'”uomo mansionario” ha sostituito l'”uomo responsabile”. Ed ecco che passeggiando per le strade di una città, io non farei in questo caso un discorso di genere (mi risulta che ci fossero anche uomini in vetrina), ci troviamo a vedere in un negozio, insieme a quella che da sempre siamo abituati a chiamare merce, un’ altra merce che si chiama uomo. Non importa che cosa penseranno di sé, la sera, quando le luci della città saranno spente, quelle persone perché il nostro tempo non ci vuole pensanti ma efficienti e funzionali. E così sia…