Gli agenti dei Nas di Firenze e dei Ros di Trento, coordinati dalla procura di Bolzano, si sono presentati venerdì mattina al Centro di studi biomedici applicati allo sport in via Gramicia, a Ferrara, per prelevare il computer dell’ex rettore dell’università di Ferrara Francesco Conconi. Un personaggio di grande rilievo nel mondo accademico ferrarese, ma già macchiato in passato da un’inchiesta per doping che lo portò, nel 2004, a essere giudicato colpevole per casi di doping (in particolare per gli atleti olimpionici degli sport invernali) fino al 9 agosto 1995. Reati già prescritti al momento della sentenza, ma che bastarono a legare l’immagine del medico e ricercatore ferrarese al mondo oscuro del doping e alla figura di Michele Ferrari, suo ex collaboratore noto per aver seguito da vicino campioni dello sport “dopato” come Francesco Moser e Lance Armstrong.
Nei giorni scorsi un nuovo capitolo della vicenda, legato al caso di Alex Schwazer, il marciatore italiano medaglia d’oro olimpica cinque anni fa a Pechino e poi squalificato dalle competizioni dopo essere stato trovato positivo all’eritropoietina ricombinante in un controllo antidoping a sorpresa effettuato dall’Agenzia Mondiale Antidoping, durante le olimpiadi di Londra 2012. Gli inquirenti vorrebbero infatti indagare sulle mail scambiate tra Conconi e l’atleta altoatesino, che nel 2006 si recò anche nello studio privato del medico ferrarese per effettuare alcuni test biomeccanici. Un incontro che secondo Marco Bonarrigo, giornalista d’inchiesta autore del libro “Il dottor Mito”, Conconi avrebbe cercato di far passare attentamente sotto silenzio. La tesi di Bonarrigo getta infatti nuove ombre sulla figura di Schwazer, sostenendo che il suo ingresso nel mondo del doping risale a ben prima del 2012 e del suo presunto viaggio solitario in Turchia, alla ricerca delle “provette magiche”. E per la precisione all’autunno del 2006, a Ferrara, nello studio di Conconi. Che prima di incontrare l’atleta avrebbe mostrato una certa preoccupazione: “Dissi a Schwazer e a Sandro Damilano – sono le sue parole riportate nel libro di Bonarrigo – di non dire che venivano qui da me in laboratorio: sa che casino sarebbe venuto fuori?”.

Alex Schwazer
La tesi del giornalista, se verificata, mostrerebbe un ruolo di primo piano del medico ferrarese in tutto il sistema del doping ai massimi livelli dello sport, anche se – occorre precisare – non si ha ancora la conferma se quello effettuato dai nuclei dei carabinieri sia un sequestro a tutti gli effetti (e in tal caso l’ex rettore figurerebbe già nel registro degli indagati) o una semplice acquisizione di prove, caso in cui non vi sarebbero attualmente ipotesi di reato per il medico. Secondo quanto riportato dal quotidiano Repubblica, gli inquirenti avrebbero comunque inserito proprio venerdì il nome dell’ex rettore nel registro degli indagati.
Nel frattempo Conconi ha affidato le sue dichiarazioni all’agenzia stampa Agi, sostenendo che “va benissimo indagare, ognuno fa il suo lavoro”, e prendendo le distanze dai fatti per cui è ormai tristemente noto Schwazer: “Sono venuti i carabinieri nel mio ufficio e hanno raccolto materiale – spiega Conconi -. Non e’ stato bello perché in quel momento mi trovavo in vacanza. Ripeto, sono molto sereno e tranquillo. Non è affatto una cosa nuova che io mi sia incontrato con Alex Schwazer. Non ricordo esattamente il periodo ma credo fosse l’autunno del 2006. E’ stato un incontro per un test biomeccanico sulla falcata della marcia. Successivamente il suo allenatore Damilano mi inviata i risultati dei test del suo atleta che sosteneva a Scarnafigi e io elaboravo il grafico. Con Schwazer ci siamo scambiati una decina di e-mail in totale i cui contenuti erano di sostegno e compiacimento sulle sue prestazioni sportive. Io ho saputo che Schwazer nell’anno olimpico e’ stato lasciato solo. Prima c’erano i Damilano, poi Didoni e mi sembra che nell’ultimo periodo fosse rimasto solo. Un grave errore e forse per questo si è lasciato andare”.
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