INTRODUZIONE
Un regalo ai miei lettori, una piccola perla di una mia allieva che oggi mi ha resa felice.
E_ducare è proprio questo! Brava Dalila! Stai diventando semplicemente quello che sei.
Francesca
Piangevano di fronte la morte, loro no.
Avevano pietà, loro no.
Avevano un briciolo di umanità, loro no.
Ne avevano abbastanza di tutto questo, per i capi era solo l’inizio. Ma si sa, la guerra non ne ha mai abbastanza del sangue umano.
Sangue, sangue ovunque.
Sangue, fango, topi, freddo, l’inferno si era riversato tra i campi di battaglia e sembrava che il male si fosse insidiato come pidocchi fastidiosi tra la gente e non vi era modo di curarlo, di cacciarlo via.
I soldati combattevano, soffrivano, si attenevano agli ordini, vivevano di stenti e di dolore. Erano come belve al macello e quasi bramavano di farla finita e di trovare nella morte il solo modo per salvarsi.
Ma chi era il vero nemico? La nazione avversaria o il loro generale?
I soldati non trovavano tregua: dovevano combattere per la patria o dovevano disertare da essa?
Chi doveva motivarli, incitarli, prendersi cura di loro era solo l’ennesimo aguzzino che impartiva rigore, obblighi e poco importava se ne morivano dieci o cento: chi non resisteva, evidentemente non aveva svolto il suo mandato a dovere.
Poco importava se erano devastati dalle malattia, dalle ferite di guerra, erano solo soldati.
Suicidio, fuga, ammutinamento: istinto di sopravvivenza o vigliaccheria?
Combattenti che attendevano il loro destino, ufficiali come macchine da guerra, spietati senza più valore, senza più nulla che rassomigliasse ad un uomo se non il corpo ormai devastato e bramoso di corpi altrui.
Sulla coscienza, migliaia di uomini come loro che combattevano per i propri ideali, ma quali ideali? Avevano ancora posto nel loro intimo per qualcosa di buono o vi era rimasta solo distruzione?
Sangue, fango, topi, freddo e un unico scenario: l’inferno nei suoi occhi, negli occhi di un uomo che era solo un soldato.
Dalila Tartaglione