Quando ho cominciato ad occuparmi d’ambiente eravamo a metà degli anni ’80. A Ferrara si era in piena questione atrazina, un pesticida che inquinava il Po e di conseguenza il nostro approvigionamento idrico. La faccenda fu risolta alzando i limiti di legge della quantità di pesticida che poteva essere contenuta nell’acqua e noi riavemmo la nostra acqua potabile.
Chi, come me, parlava di agricoltura biologica e ne comprava i primi prodotti, di solito scarsi e bruttini alla vista era considerato un sognatore. Effettivamente molte cose non erano ancora divulgate alle masse anche se le multinazionali chimiche lavorano allo scopo di promuovere i loro veleni come migliorativi della produzione e della qualità agricola. Oggi siamo tutti a conoscenza dei danni inferti ai terreni e alla salute di chi quei prodotti li ha coltivati e consumati. L’agricoltura biologica è diventata un punto d’arrivo e sicuramente un fregio di qualità per produttori e consumatori. Oggi sappiamo con certezza che Monsanto ha lucrato sulla nostra salute e sulla salubrità dei terreni agricoli di mezzo mondo, senza lasciare in cambio nessun aumento di produzione né di riduzione dei costi, anzi ci ha lasciato i costi del recupero della biodiversità sterminata dal suo micidiale Roundup il quale, tra l’altro provoca mutazioni genetiche.
Eppure.. non molto è cambiato nelle politiche agricole, nazionali e regionali. La conversione dell’agricoltura è lungi dal venire, salvo alcune enclave, che ritornano a praticare l’agricoltura tradizionale e di sussistenza, in Italia e nel mondo. Le grandi battaglie di Vandana Shiva per la biodiversità dei semi del riso in India non hanno fatto né chiudere la Monsanto, né modificato il grosso dell’attività agricola industriale mondiale, basata sulle grandi proprietà di fatto gestite con i prodotti – dal fertilizzante al seme, al pesticida – delle grandi multinazionali di settore.
Ora non possiamo più dire non sapevamo. Ora siamo conniventi alla distruzione degli ecosistemi!
Dall’agricoltura chimica all’agricoltura biologica sarà tuttavia un passaggio fondamentale se vogliamo continuare a garantirci la sopravvivenza, perché – fino a prova contraria – la chimica agricola non ci nutre ma ci uccide ed è su questo paradigma che si basa un interessante film che gira nelle sale di proiezione francesi: Les moisson du futur, abbinato al libro, come si conviene ai veri docufilm, La decouverte. I raccolti del futuro, questo il significato in italiano, mette a fuoco le esperienze di agricoltura su scala umana, rispettosa dell’ambiente e delle risorse naturali, in connessione con i fallimenti delle promesse dell’agricoltura industriale supportate dal Fondo Monetario Internazionale con i propri piani di aggiustamento strutturale. Marie Monique Robin né è l’autrice. Giornalista d’inchiesta e regista, ha al suo attivo due libri sugli effetti dell’agricoltura chimica: Il mondo secondo Monsanto (Arianna editrice), un testo tradotto in sedici lingue e Notre poison quotiden – Il veleno nel piatto, (Feltrinelli, 2010), testimoniamo il suo impegno a sostegno della valorizzazione del mestiere del contadino, come custode e garante dell’ambiente naturale e della salute contro l’agricoltura industriale gestita su larga scala da aziende controllate in gran parte dalle multinazionali della chimica.