Comincia a Pontelagoscuro l’epopea della chimica ferrarese. 1812, l’impero napoleonico alla disfatta, Ferrara saldamente nelle mani del papato, il nordest italiano sotto l’impero austroungarico.
Un triestino asburgico dal nome italiano decide di delocalizzare la sua impresa di saponi sulle rive del Po per sfruttare l’asta idroviaria come canale privilegiato di smercio all’estero. Nasce quella che in breve diventerà l’azienda saponaria Chiozza & Turchi, gloriosa azienda locale che arriverà ad impiegare quasi 150 persone all’inizio del ‘900 e che nella sua storia ultracentenaria passerà indenne per l’unità di Italia e verrà ulteriormente delocalizzata a Milano durante il ventennio fascista. La storia di una “grande mamma” che assume generazioni di operai che si tramandano il posto, di un management efficiente e paternalista che gestisce l’azienda nel principio poi evolutosi in quello dell’amministratore plenipotenziario, cui la proprietà azionaria delega la gestione degli investimenti, interessata soprattutto ai dividenti. La storia di un’industria senza un’ora di sciopero, che anticipa la cassa mutua e fissa i regolamenti interni per i lavoratori. La storia di una chimica pulita e naturale che a metà anni sessanta viene inglobata dalla galassia Montedison e sancisce l’ingresso della cosmetica nel dominio della chimica artificiale gestita dalle multinazionali. A Pontelagoscuro arriva un’altra grande mamma d’origine chimica, la Solvay e comincia un’altra storia…. Grazie all’orgoglio cittadino di alcuni pontesani e alla paziente ricerca di un archivista esce una pubblicazione sulla storia della saunara, il saponificio di Ponte, la cui storia fa da premessa a tante domande, rimaste inevase, sulla storia industriale del nostro territorio e la cui disanima introdurrebbe alla valutazione di alcune scelte di politica economica compiute dal dopoguerra i fino ai giorni nostri.