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La ricetta per l’economia di Berlusconi ha costretto un po’ tutti a ripiegare sulla fine dell’anno passata in casa, tra amici o parenti, pur di non andare in vacanza e sentirsi poi rimproverare che l’Italia va male perché si va in montagna. Ma, con il senno di poi, chi si sarebbe azzardato a varcare le mura estensi di fronte a un Capodanno con i fiocchi come quello di Ferrara, condito da fuoco e fiamme del suo Castello Estense?
Io c’ero, giuro che c’ero. Lo giuro a me stesso. Forse perché ancora non ci credo. Ma bando alle ciance e veniamo al sodo. O frittata che dir si voglia. Nessun riferimento al concerto dei Jumpin’ shoes, con i quali l’onomastica è di rigore. Saltellavano sulle loro scarpe per non congelarsi, mentre tra un revival e l’altro la cantante malediva quel giorno in cui ascoltò per la prima volta Ella Fitzgerald. A fianco del palco, sorridente come sempre, mister Tharaka, Mauro Barioni, in piedi vicino al poster che lo ritraeva con un bambino keniano. Come se promettesse un bicchiere di vin brulè a chi lo riconosceva. Lui, non il bambino.
Dopo avercele suonate, i Jumpin’ shoes han lasciato spazio – siderale – all’epopea. Parte infatti il conto alla rovescia. Ed ecco avvicinarsi un gruppetto di giovani che avevano l’aria di portare con sé qualcosa di speciale. Incedere da Bruce Willis e compari in Armageddon, voci da Stentore, ondeggiare di spalle da minatore delle Asturie prima di fare la rivoluzione.
Li scortava un amico, sguardo perso da Jack Nicolson nelle battute finali di “Qualcuno volò sul nido del cuculo”. “Occhio severo come il digiuno”, avrebbe osato un Majakovskij prima di spararsi.
Alto, robusto ma non troppo, barbuto ma non troppo, sveglio ma non troppo. Comunque uno squisito primate da passeggio. “Mitch” gli avevano scritto sul berretto per ricordargli il proprio nome. Mitch! Mitch! Niente, non funziona lo stesso… A tenerlo ben desto il lavoro di fine bricolage letterario dei suoi amici. “Oh! Ma sai che io Britney Spears (visto che l’ho scritto giusto? – ndr) c’è l’ho in quattro giga, con tutti i video e … [comunicazione interrotta per profilassi sociale]”. L’altro, considerando tra sé e sé che in fondo era andata meglio a Gaber a De André finiti in un cofanetto, ha risposto come Gargantua soleva fare dopo aver ben apprezzato la facondia dell’interlocutore, con un sonoro rutto. E poi le sinapsi son corse sui fili argentati di uno spericolato silicio, schivando abilmente le stilettate fulminanti dei neuroni resettati, per ritrovarsi di fianco a me a godersi lo spettacolo dell’incendio del Castello. Anch’io come loro. Un amico di Mitch.
Dicevamo il conto alla rovescia. Mani sui colli delle bottiglie e pollici sui tappi. Parte una prima schiera di proiettili di sughero, destinati a perder l’appuntamento con la storia: i soliti sabotatori con l’orologio avanti. A loro un anno ricco di sfiga. Ma ecco il vero countdown: tre due uno… champagne! champagne! (puramente casuale la citazione da “La domanda di matrimonio” di Checov…). Poi il popolo di San Silvestro rimane lunghi attimi in trepida attesa dell’incendio del Castello. Un grido per tutti, “Impiza al castel!” sfuggito a un giovane che tradiva la propria origine d’oltralpe, seguito da accaniti “dag fog […]”, dove le parentesi quadre sospendono il giudizio sulle invocazioni divine di chiara matrice apotropaica. Proprio davanti alle finestre del custode dell’anima dei ferraresi, monsignor Paolo Rabitti. Ma forse dal palazzo Arcivescovile il successore di Caffarra – a qualcuno doveva pur toccare – avrà perdonato con un pastorale “sancta simplicitas!”, ricordando il povero Ian Hus che di fuochi se ne intendeva. Dall’altro lato della strada un altro esperto pirotecnico, il Savonarola, guardava con il cipiglio di chi “tanto so già come va a finire”. Ma ecco i primi boati, i secondi boati, i terzi… le ultime boiate. Dopo un accenno di luci e bagliori, la polvere pirica ha giocato un brutto scherzo alla sorpresa di Dall’Acqua e si è infittita formando uno strato di nebbia che lasciava solo immaginare (ma solo quello) lo spettacolo che i cieli si stavano godendo dall’altra parte della cortina.
Si è notato anche Valentino Tavolazzi, l’ex city manager del Comune ora in cima alle barricate di FerrAriaPulita, che avvisava al cellulare i suoi accoliti di monitorare il livello di emissioni inquinanti nell’atmosfera.
Buio fitto e solo ultime schegge lontane di petardi, che potevano benissimo essere aerei Usa in partenza da Aviano per qualche nuova guerra preventiva. In fondo i buoni propositi per il nuovo anno vanno messi in pratica il prima possibile. I più maliziosi hanno ipotizzato un complotto ai danni della Provincia ordito da Catullo Nalin, bandiera degli scontenti del Pdci che reclamano ancora un assessore in giunta. Ma il 2006 difficilmente li esaudirà. Che lo mettano in …consuntivo (visto che sul bilancio preventivo si sono già astenuti).
Appena spenti i fari della grandeur ecco spuntare tra la folla gli infaticabili PiErre, immarcescibili alfieri del divertimento notturno, con i biglietti per le discoteche del veglione. Come dire, se ancora non vi è bastato…
Al termine dell’orgia di divertimento, di baci, di abbracci e di auguri (i più fatti tramite cellulare, anche se causa la calca qualcuno si è confuso e ha chiamato parenti e fidanzati altrui) è iniziata la transumananza verso le vie del ritorno, con il gregge ferrarese fedelmente scortato e incanalato per la retta via da petardi e raudi, i cani pastore che hanno insegnato a Mitch a leggere e scrivere, un po’ come il centauro Chirone con Achille. In fondo, siamo tutti amici di Mitch.
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