Politica
19 Luglio 2017
Approvata la cessione di palazzo Giulio d'Este allo Stato per 4,7 milioni. "Ultimo bilancio che possiamo chiudere in pareggio con queste azioni eccezionali"

Provincia, una “vecchia zia danarosa” che vende i gioielli di famiglia

di Elisa Fornasini | 3 min

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La vendita di palazzo Giulio d’Este, sede della prefettura, sembra cosa fatta. “Le trattative sono ormai in fase avanzata e non paiono esserci ostacoli per la stretta di mano finale entro l’anno” si legge nella nota stampa che accompagna l’approvazione del bilancio della Provincia di Ferrara, in pareggio solo grazie all’utilizzo dell’avanzo di amministrazione dell’anno scorso (4,5 milioni) e alla vendita allo Stato del palazzo rossettiano in corso Ercole I d’Este (4,7 milioni).

La Provincia estense viene descritta come una “vecchia zia danarosa” costretta a vendere i propri gioielli di famiglia per far quadrare i conti. Appena un anno fa ha venduto palazzo Scola Camerini, sede della questura, per 5 milioni necessari per chiudere il bilancio 2016.

Una transazione che dovrebbe replicarsi nei prossimi mesi: dopo aver provato la via dell’asta pubblica (che con ogni probabilità andrà deserta) subentrerà il fondo immobiliare di Invimit spa (società di gestione del risparmio del ministero dell’Economia e delle Finanze) per acquistare la prefettura, i cui uffici rimarranno dove sono.

Requisito per concludere la procedura di vendita è consegnare allo Stato un “immobile sicuro con migliorie”. Ecco perché a settembre verranno aggiudicati i lavori di ripristino sismico finanziati per 1,2 milioni dal commissario post sisma, per i quali la Provincia auspica di incassare una somma più vantaggiosa dalla cessione della palazzina rispetto ai 4,7 milioni già preventivati.

“È l’ultimo bilancio che possiamo chiudere in equilibrio con queste azioni fiscali eccezionali” mette in guardia il ragioniere provinciale Moreno Tommasini. In effetti gli altri immobili di proprietà dell’ente che ha sede in Castello (ex caserma dei vigili del fuoco, palazzo Madama, palazzo Melli) sono sfitti o di difficile cessione.

I problemi economici si ripercuotono ovviamente sui cantieri. Le risorse a disposizione per la manutenzione straordinaria stradale si limitano a 1,4 milioni, considerati “insufficienti per la cura degli 840 chilometri di viabilità provinciale”. A questi si aggiungono 3,3 milioni per finanziare le funzioni fondamentali dell’ente e altri 400mila euro per la sistemazione del ponte dei Santi lungo la sp 40 a Pilastri, uno dei quattro sotto monitoraggio anche se al momento non presentano motivi di pericolosità per la circolazione veicolare. Gli altri tre da sistemare appena ci saranno le risorse necessarie sono il ponte a Gualdo sopra la superstrada, il ponte di Final di Rero lungo la sp 15 e Marighella a Copparo.

Altri cantieri per il ripristino sismico sono in programma nelle scuole (Carducci, Vergani, Einaudi e Taddia di Cento) e in Castello Estense, per un investimento complessivo di oltre 12 milioni, finanziati sempre con i fondi commissariali. La spesa corrente ammonta a 45 milioni, dei quali 26 sono le entrate fiscali che verranno trasferite allo Stato, 7,5 milioni dedicati alle spese del personale (diminuito nel frattempo a 170 unità dalle 430 del 2015), altri 7 milioni per l’acquisto beni e servizi (voce nella quale sono compresi gli acquisti arredi per le scuole, riscaldamento, utenze e l’ordinaria manutenzione della rete viaria, come sfalci, potature, segnaletica).

Il bilancio di previsione, prima dell’approvazione in consiglio provinciale, ha ottenuto il via libera dell’assemblea dei sindaci con l’unico voto di astensione del sindaco di Terre del Reno Roberto Lodi. Il commento più tristemente ironico esce dalla bocca del sindaco di Ostellato Andrea Marchi: “Mi immagino i dipendenti provinciali come l’orchestra del Titanic che continua a suonare mentre la Provincia non affonda ma naviga in acque tumultuose. La zia danarosa sarà lautamente spolpata – continua la metafora del sindaco ostellatese – mentre noi dovremmo provvedere alle cure e al sostentamento della zia ormai priva di risorse. Noi sindaci abbiamo l’orgoglio di aver contribuito a garantire la tenuta sociale del territorio in tempi di crisi ma ora non siamo più in grado di farlo. Non è lesa maestà ma la realtà a tinte fosche“.

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