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1 Marzo 2017

Spal, quando Muzzio ci regalò l’ultima Serie A

di Maurizio Musacchi | 6 min

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La Spal 1964-65

Carissimi lettori di storie, poesie, zirudèle, ecc. Ferraresi,

in questo caso vi propongo un vecchio racconto, di cronaca-storia Ferrarese-Spallina, di quando si poteva andare in trasferta, comprando il biglietto anche all’ultimo momento, mischiandosi con la tifoseria avversaria. Mi capitò a Bologna, Vicenza e in questo caso a Padova. Qualcosa si rischiava, e questo racconto ve lo dimostra. Non come oggi … però! Il racconto-cronaca fu pubblicato, anni fa, sul periodico, “Spal 2000”,  distribuito gratuitamente allo stadio e nei bar, diretto dall’amico Sergio Gessi.

Buona lettura, Maurizio.

 “BARBOLINI, SEI UN MAIALE”

 

Anni sessanta, era una domenica di maggio, ma non una qualunque. La nostra Spal avrebbe disputato un incontro decisivo, o quasi, per la promozione nell’importante campionato di calcio in serie A, dalla B ove era collocata allora.

La contesa si sarebbe svolta nel vecchio stadio Appiani nella vicina Padova, conto la formazione locale, storica “nemica” di tante battaglie sportive; molto “sentita” dalle tifoserie opposte.

Partimmo in un gruppo d’amici, composto da: Clargable, così chiamato per i suoi baffetti e la vaga rassomiglianza col personaggio principale di Via col Vento, Eolo o Venticello, per via di una sua prerogativa che ci costringeva a tenere costantemente i finestrini della macchina semiaperti per salvaguardare l’incolumità dei nostri polmoni. Zorz al “dutòr”, in quanto frequentante l’Ateneo per un periodo molto lungo in qualità di…manovale nella costruenda struttura universitaria, infatti, il buon Giorgio, non aveva conseguito neppure la licenza di scuola dell’obbligo! Stalin, così appellato poiché sfegatato fascista. Egli era tollerato da noi tutti, collocati politicamente in ben altra posizione; a patto che sopportasse le “tondate”, le discussioni feroci e quel soprannome che, naturalmente odiava. Infine io Ciciomusać, nomignolo e cognome storpiati uniti, ma più spesso chiamato Cìcio, per via d’un fisico grassoccio nel periodo della mia infanzia, poi divenuto normale. Tuttavia il “titolo” mi restò appiccicato!

Arrivammo tardi per via della mia vecchia “Lancia Ardea”, tanto … flemmatica da rallentare i funerali a piedi!

Trovammo solo biglietti per la gradinata centrale, proprio tra il pubblico di fede patavina. Per fortuna erano tempi in cui si poteva rischiare a meno che…

Già, a meno che! L’ala sinistra della nostra squadra era un certo Crippa. Estroso, classico, dribblomane; ma di certo non possente atleta. Magrolino con due gambette arcuate, che evidenziava  penosamente, con la calata a “cacarella”dei calzettoni arrotolati sulle caviglie. Moda lanciata dal fuoriclasse argentino Sivori, imitata da tanti “Sivorini”, poi in seguito, giustamente vietata; anche perché i calzettoni servono di supporto ai parastinchi, e quel malvezzo provocò traumi disastrosi agli scimmiottatori del “Grande Argentino”.

La moda ha causato sempre disastri, basta pensare a quelle lanciate da certi “pseudocantanti”!

Tornando alla partita, per l’appunto, il buon Crippa , ad un certo punto della partita, pensò bene di dribblare Barbolini, il “libero” avversario. Costui, possente, gigantesco atleta, tutto muscoli. In pratica il doppio del Nostro. Dopo un paio di zig zag,

bevve” la finta e scivolò a terra; mentre il mio idolo sportivo stava per involarsi verso la porta, da terra, l’avversario, lo “potò” con una zampata terribile facendogli effettuare un “doppio salto carpiato” degno del miglior Di Biasi, campione olimpionico di tuffi dal trampolino. Sentii un crak ed un contemporaneo gemito urlato, causati entrambi dalla perfida assassina entrata “barbinolesca”!

Ecco che l’istinto, l’incoscienza, la… pazzia, scaturirono:

-Bardolini! sei un maiale!-

Mi resi conto di essere quantomeno azzardato nel giudizio, allorché un mormorio di ingiurie  e parolacce, mi piovve addosso dai tifosi avversari che mi circondavano. Non ebbi neppure il tempo di pensare allo scampato pericolo: che come ad eco della mia esclamazione, rimbalzò verso me una … montagna umana; (tenete conto che ero nel secondo gradino della struttura e costui da terra mi fissava diritto negli occhi).

Capelli crespi, neri, quasi a raggiungere le sopracciglia cespugliose. In sostanza era senza fronte. Viso rubizzo da “trincatore di sgnàpa” (grappa),e bocca devastata da probabili carie altro che la rendevano compatibile con l’essere che n’era depositario. Del suo aspetto fisico, rimarranno indelebilmente nella mia mente i pugni! Due macigni i quali, sventolati sempre più vicini al mio viso, mi fecero quasi volare dal cranio il mio “barciuclino” per lo spostamento d’aria:

-Cossa ti gh’à dito? Dilo ancora se t gh’à al coràzo, ca te màsso!-

Facendo mulinare i pugni sempre più vicino, sempre più avanti.

Non riuscii a profferire parola naturalmente, e se lo avessi potuto, avrei urlato:

-Aiuto!-

A dire il vero, cercai la collaborazione roteando disperatamente gli occhi verso gli “amici” dai quali ero circondato. Costoro cominciarono a parlottare in un improbabile veneto fingendo di non conoscermi, con gran gesto di solidarietà e commovente fraternità umana:

-Vien Toni làsa lì de sugare col sior, non ti vedi che ti ghe dà noja? Ti gh’à sempre voja de schersàr coj più grandi, daj che andemo a farse un’ombréta!-

La vocetta stridula che usciva dal corpo d’una vecchietta, rinsecchita e malmessa, fu per me come la visione dell’Arcangelo Gabriele, d’aspetto paradisiaco e voce flautata musicalmente!

La sostanza dell’episodio, fu che “King Kong” si ammansì, diede la mano alla vecchia e si allontanarono sveltamente. Girandosi, l’Angelo Liberatore, mi ammiccò sorridendo sarcastica, facendo un segno con la mano aperta in moto orizzontale di su e giù come dirmi: ”L’hai scampata bella eh?” Verissimo, l’avevo scampata! Non andai mai più in mezzo alla tifoseria avversaria, negli anni a venire!

All’uscita dello stadio, raccolsi un giornale pubblicitario locale, ove nel bel mezzo spiccava la foto del mio “Amico”. La didascalia recitava all’incirca: Toni “Maciste”, gigante buono, mascotte della Padova Calcio. Grande, grosso ed inoffensivo portafortuna! (Già inoffensivo a meno ché qualche … fesso!)

La giornata, a parte la parentesi di terrore, ebbe un epilogo gioioso. Vincemmo con gol del compianto indimenticabile Muzzio. Fu il trampolino per la serie A. Sogno svanito nel “68, e rimasto purtroppo, chimera!

Al ritorno, dopo un lungo silenzio di gelo, sbottai con i miei “solidali” compagni:

-Grazie per il coraggioso solidale aiuto, non dovevate impegnarvi tanto!-

-Vedi, l’avremmo fatto, ma te la cavavi tanto bene da solo!- E giù a sganasciarsi dal ridere. Poi, i cori di gioia per la vittoria, le rispostacce ai ragazzotti patavini che ci offendevano davanti ai bar lungo la strada del ritorno, mi fecero scordare il … Gigante e la Vecchina!

Pagai cara la mia incoscienza. Per anni al vecchio glorioso bar Olimpico di Porta Po, covo di “spallini sfegatati”da dove partì quella spedizione, gli amici salutandomi all’entrata, esclamavano con modi ossequiosi e ironici, “bastardissimi”:

-Signor “Barbolini sei un maiale”, buon giorno, a proposito la saluta …Toni Maciste!- E giù sfottò!

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Ora non c’è più quell’Olimpico, è diverso più moderno meno spallino, non c’è più mio padre che mi insegnò di Spal e (se permettete,) anche altre cose più importanti per il cammino della vita; anche qualche personaggio di quella storia non è più fra noi.

Non c’è più l’Appiani. C’è ancora la Spal, della mia vecchia stupenda Ferrara …

 

di Maurizio Musacchi. Pubblicato sul periodico “Spal 2000”, diretto da Sergio Gessi

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